Una frase da cui partire e discutere: “They need executors, they don’t need thinkers”
Una frase semplice ma completa ce la dice un giovane italiano nell’articolo del TIME di oggi (che vi allego, http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,2024136,00.html), che parla dell’esodo ormai irreversbile di talenti e meno talenti verso l’estero.
La frase è questa: “They need executors, they don’t need thinkers”
Nella loro semplicità, queste poche parole dicono tutto. Parlano di un sistema, da sempre familistico e di prossimità, che si proietta nel mondo del lavoro e delle relazioni. Raccontano di una cittadinanza piena di paure verso tutto ciò che è diverso dalla propria idea di normalità (in questo caso il talento del giovane, ma si potrebbe parlare dell’estro e della ritrovata sicurezza della donna, della voglia di fare dello straniero). Tutte quelle cose che ci bloccano da anni e ci stanno portando ad una irreversibile decadenza.
Ed è secondo me proprio su questa “paura”, che forse è stata amplificata dal sistema di potere mediatico degli ultimi anni, ma che è di certo qualcosa che ci portiamo dietro per cultura da generazioni, che bisogna discutere per provare poi a dare suggerimenti ad una classe dirigente, che sembra sempre piu’ smarrita ed impotente rispetto a questo lento ma continuo “morire” del Bel Paese.
Ed allora mi viene da farvi una domanda: come si sblocca la “paura del diverso” in questo Paese? Come ci si può abituare ad “aprire le porte e le opportunità” a chi oggi ci fa paura (giovani, donne, stranieri..)?
Sperando di non aver detto cose troppo ovvie, ne vogliamo discutere almeno tra noi?
Ciao,
Massimo Preziuso
Lascia un commento