Speranza: “Riforme sono urgenti, le istituzioni sono in pericolo”
Intervista a Roberto Speranza di Ninni Andriolo – L’Unità
«Quella attuale deve diventare la legislatura in cui finalmente si fanno riforme attese da anni. Dobbiamo corrispondere a questa necessità profonda del Paese se abbiamo a cuore la tenuta delle istituzioni». Per Roberto Speranza la posta in gioco va al di là della tattica politica e delle risposte a effetto alle polemiche di Brunetta. «Nello scontro vero di questo tempo, che non è solo italiano e contrappone politica e campo democratico da una parte antipolitica e forze populiste dall`altra, o siamo nelle condizioni di mostrare che la politica sa fare le riforme e sa produrre un moto di autoriforma o rischiamo di dare un vantaggio alle forze che pensano che le istituzioni democratiche debbono essere abbattute». Questa e non altra la posta in gioco secondo il presidente dei deputati Pd. «È questa la premessa per evitare che tutto si riduca a una dimensione tattica e politicista», sottolinea Speranza.
Il rischio è che le riforme non si varino nemmeno questa volta…
«Il ragionamento che mi porta a sostenere con grande fermezza che questa volta le riforme dobbiamo farle parte da un`allarme. Si diffonde l`idea che le istituzioni democratiche non sono in grado di fornire soluzioni ai problemi dei cittadini, ma sta diventando un luogo comune anche il fatto che le istituzioni democratiche sono diventate parte consistente dei problemi quotidiani dei cittadini. Il passaggio successivo? Che delle istituzioni democratiche si possa fare a meno».
Siamo a un passaggio di sistema quindi?
«Sì e dobbiamo essere all`altezza della responsabilità riformatrice alla quale ci ha richiamati il Capo dello Stato quando gli chiedemmo di rimanere al Quirinale. O le forze democratiche faranno propria la sfida delle riforme, superando il lungo periodo degli annunci, oppure rischia di franare il sistema che abbiamo conosciuto fino adesso. L`iniziativa del Pd deve essere letta dentro questo sforzo complessivo. E voglio ricordare che in questo momento i grillini insultano quotidianamente il Capo dello Stato senza che ciò faccia grande scalpore; il discredito del Parlamento è altissimo: la crisi economica investe cittadini e imprese. Un mix micidiale se la politica non è in grado di dare un messaggio di credibilità e di cambiamento che vada al di là del Pd».
Il fronte che vuol far naufragare le riforme comprende anche Forza Italia?
«Lo dico con rispetto per le persone e per le loro affermazioni. Se misurate alla dimensione dell`allarme, le polemiche di Brunetta sembrano legate più alla necessità della battuta senza respiro e a un ricatto fuori tempo massimo. Se non facciamo le riforme apriamo un`autostrada davanti a chi vuole abbattere le istituzioni democratiche».
Se Forza Italia si tira indietro saremmo al solito spartito: i problemi di Berlusconi che spingono a rivoltare il tavolo…
«Noi abbiamo lanciato una sfida riformista a 360 gradi. I grillini hanno detto no. Forza Italia, al contrario, ha detto sì e ha fatto un pezzo di cammino con noi. Bisogna proseguire quel percorso: le riforme non si fanno a colpi di maggioranza. Noi abbiamo già approvato l`Italicum alla Camera, anche se il testo dovrà essere migliorato a Palazzo Madama. Adesso siamo a un punto decisivo perché riforma del Senato e Titolo V sono due momenti di rango costituzionale. È chiaro che oggi non si può più bluffare, bisogna scoprire le carte. Noi le riforme le vogliamo fare. Ci aspettiamo che chi ha sottoscritto il patto con noi, i partiti della maggioranza assieme a Forza Italia che sta all`opposizione, siano all`altezza della sfida. Non si commetta l`errore di mettere le vicende personali di Berlusconi davanti a questo obiettivo. Sarebbe un`occasione storica perduta per tutti, prima di tutto per il Paese».
Solo un` extrema ratio per il Pd varare le riforme a maggioranza, quindi?
«Assolutamente sì. Io sono convinto che sulle riforme costituzionali dobbiamo inseguire la maggioranza più larga possibile. Il dialogo con Forza Italia andava esattamente in questa direzione. Sulla legge elettorale noi non abbiamo approvato alla Camera il testo perfetto per il Pd, ma un necessario compromesso. Mi auguro che nel passaggio al Senato l`Italicum migliori, ma già a Montecitorio ci siamo vincolati a un accordo che andava oltre la maggioranza. A maggior ragione la costruzione di un fronte il più possibile largo deve avvenire con riforme di rango costituzionale. Per questo non si comprende il senso politico dell`ultimatum, o del diktat, di Brunetta».
Non è che allargare a Fi serve perché la maggioranza non ha i numeri al Senato?
«Vorrei rassicurare Brunetta, la maggioranza ha i numeri sia alla Camera che al Senato e lo ha sempre dimostrato. Qui, però, non stiamo parlando di una semplice iniziativa di governo, ma di una grande riforma, di un obiettivo ambizioso che renderà questa legislatura significativa agli occhi del Paese. Giusto quindi che questo disegno abbia un confine che vada al di là della semplice maggioranza di governo».
Anche dentro la maggioranza tuttavia si registrano spinte a modificare il testo del governo. Sulla eleggibilità dei senatori ad esempio…
«Sull`eleggibilità ritengo giusta la posizione del governo, quello è un punto che dobbiamo provare a mantenere. Dopodiché, più in generale, penso che i passaggi parlamentari servano ad approfondire. Le critiche devono essere ascoltate con attenzione perché spesso chi le fa prova a migliorare le riforme e non ad affossarle. Anche in questo passaggio, quindi, c`è bisogno di valorizzare il lavoro parlamentare. E più lo si fa e meglio è. Il metodo da seguire? Ascolto e condivisione».
L`Italicum è stato posto in coda all`ordine del giorno delle riforme, possibile tornare indietro come chiede Forza Italia?
«Abbiamo prodotto una legge valida solo per la Camera e non per Palazzo Madama. Lo stralcio dell`articolo 2 dell`Italicum ha rappresentato l`impegno solenne a riformare il Senato. Non farlo sarebbe un fallimento senza precedenti. Facciamo partire il percorso della riforma costituzionale, così come sta avvenendo a Palazzo Madama. Una volta completata la prima lettura, e passato il testo alla Camera, il Senato tornerà a occuparsi di Italicum. Vorrei ricordare che non ci serve una legge per andare a votare tra due mesi, ma una riforma elettorale come primo passaggio vero per un disegno che serva a dare risposte di sistema. Se si andasse ale urne con un Senato che dà ancora la fiducia al governo, e ancora composto da 315 persone, saremmo al fallimento della politica e dei partiti. Renzi dice che se non si fa questa riforma lascerebbe: la considero un`affermazione generosa. Vorrei ricordare però che la posta in gioco non riguarda il destino di uno, ma la tenuta delle istituzioni. E noi democratici siamo pienamente impegnati in una partita che tocca storie e sensibilità alle quali non è estraneo l`obiettivo di rendere più forte la democrazia».
Fonte: L’Unità
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