Speranza: «Il governo deve ripartire dal Sud più spesa e investimenti pubblici»
Intervista a Roberto Speranza di Nando Santonastaso – Il Mattino
Forse davvero la politica si sta accorgendo del baratro in cui è finito il Mezzogiorno. Perché dopo le devastanti anticipazioni del rapporto Svimez 2014 e la costituzione dell`intergruppo Mezzogiorno, trasversale alle forze parlamentari, è il capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza – che del nuovo organismo fa parte – a provare a svegliare il Palazzo. «Sono rimasto sconcertato dal silenzio, dall`assenza di dibattito e di confronto che ha accompagnato i dati Svimez, contrariamente a quanto di solito accade in politica su temi magari anche meno importanti», dice Speranza, meridionale di Potenza.
Silenzio da rassegnazione?
«Non lo so. Mi preoccuperei se si fosse trattato di indifferenza. Ero anch`io alla Camera alla presentazione dei primi dati del nuovo rapporto Svimez, in qualità di capogruppo del Pd. E di fronte alla gravità della situazione mi sarei aspettato ben altre reazioni. Sono anni ormai che ci continuano a piovere addosso statistiche e rapporti che documentano quanto sta accadendo nel Sud: ma non vedo un dibattito consapevole di tutto ciò».
Ma non tocca alla politica assumere questa responsabilità? E non è proprio il partito di maggioranza relativa a doversene fare carico più degli altri?
«Intanto prima ancora della politica, che ha certamente le sue responsabilità, mi pare che siamo di fronte a una sorta di impotenza dell`opinione pubblica, di indifferenza come dicevo prima. Che è purtroppo un elemento di novità rispetto al passato. Perché di fronte a certi dati è incredibile che non si apra un dibattito nazionale sul Mezzogiorno. Oltre tutto i dati del Pil del secondo trimestre, con un calo superiore al previsto, impongono questa scelta: ma se un Paese non riparte da un`area che ha perso il 3,5% di Pil in un solo anno, di cosa discutiamo?».
Già, ma ne è consapevole anche il governo?
«L`ultima cosa che possiamo fare su questo tema è dividerci tra di noi. Io so, ne abbiamo parlato spesso con Renzi, che il governo è consapevole di questa situazione. Io ho un`idea e penso che su di essa si possa ragionare in termini concreti. Penso cioè che se non c`è un`inversione di tendenza rispetto alla politica del rigore dell`Unione europea, l`Italia rischia di non uscirne viva e il Mezzogiorno di non accorciare più il divario con il centronord».
Per cui, cosa bisognerebbe fare a suo giudizio?
«La battaglia del governo in Europa perché siano superati in vincoli del 3% del Patto di stabilità abbia come obiettivo il Mezzogiorno. Perché è in quest`area che i danni prodotti da una regola assurda si fanno sentire in maniera drammaticamente elevata. Ed è qui, di conseguenza, che il cambio di passo avrebbe risultati decisivi per la crescita del Paese».
Si spieghi meglio: perché abbattere il muro del 3% favorirebbe un ritorno economicamente significativo al Mezzogiorno?
«Perché svincolare gli investimenti pubblici e privati da quella soglia significherebbe rimettere in moto il Sud nei cui confronti la spesa in conto capitale, che è decisiva per le sorti di un territorio, ha subìto un calo incredibile. Lo ha rilevato proprio la Svimez. I tagli agli investimenti in infrastrutture, ad esempio: se nel centronord si sono mantenuti i livelli di spesa per opere pubbliche di 40 anni fa, al Sud oggi si spende un quinto di quanto si faceva negli anni `70».
Sta dicendo insomma che se il Paese non ripartirà veramente dal Sud non riuscirà ad agganciare la ripresa, se ci sarà, del prossimo anno?
«Certo, ma questo – sia chiaro – non vuol dire rimettere in discussione la spending review o gli impegni internazionali del Paese. La battaglia che credo andrà fatta dal governo è per liberare gli investimenti, non per altri obiettivi. Abbattere il tetto del 3% e rilanciare il Sud al pari degli interventi per le scuole e contro la povertà mi sembrano le priorità assolute in questa fase. Un Paese che ha appena dimostrato di potere e sapere fare riforme complesse, come quella del Senato, può e deve ottenere altrettanta disponibilità dall`Europa».
Pensa che anche il suo partito oltre che il governo condividerà questa scelta?
«Io non ho dubbi anche perché è arrivato il momento di mettere fine alla vulgata secondo cui il Sud avrebbe beneficiato di maggiori investimenti pubblici. I dati dimostrano esattamente il contrario: sul fronte degli investimenti delle imprese pubbliche nazionali, cito ancora la Svimez, al Sud nel 2012 sono crollati de112,8% rispetto all`anno precedente mentre al centronord nello stesso periodo sono saliti del 2,9%».
Eppure la sensazione è che si rinunci a investire nel Sud perché in fondo non ne varrebbe più la pena…
«Io penso che al netto di chi racconta di un Sud sommerso di risorse pubbliche, esista al contrario una realtà nella quale i limiti della spesa emergono in maniera chiara. Ecco perché un piano di investimenti per il Mezzogiorno che possa liberarsi dal vincolo del 3% può e dev`essere la strada da percorrere».
Dopo due trimestri negativi, il Pil meridionale sarà anche nel 2014 con il segno meno. E la Svimez è pessimista pure nel 2015: non sarebbe il caso di interventi-choc per rilanciare questa parte del Paese?
«Intanto mettiamo al centro della crescita il Sud perchè la via dello sviluppo non può che ripartire da qui dove sono concentrate la maggiore disoccupazione giovanile del Paese e la quota più bassa di occupazione femminile. Anche per questo la questione meridionale o come la si vuole definire è una questione nazionale. Le scelte per il Sud non potranno che influenzare positivamente tutto il Paese. Non so se occorrerà un intervento choc: di sicuro il governo ha già imboccato la strada di assicurare al Mezzogiorno un sostegno prioritario nelle sue ultime misure».
A cosa si riferisce?
«Al pacchetto approvato il 22 luglio dal consiglio dei ministri che destina alle regioni meridionali l`80% di oltre un miliardo e 400 milioni stanziati per la crescita attraverso i contratti di sviluppo. Non è un segnale come altri considerate le potenzialità espansive del territorio meridionale e ovviamente anche i suoi enormi ritardi. Naturalmente questo non può far dimenticare che occorrono investimenti forti in infrastrutture, turismo, reti immateriali, logistica: e che servono anche investimenti privati».
Non abbiamo parlato finora di fondi europei, spesso ritenuti l`unica medicina per guarire l`ammalato Sud: è un caso?
«I fondi europei sono importanti a condizione che siano spesi bene. I ritardi del Sud in questo specifico settore sono evidenti: per questo credo che sia giusta la decisione del governo di monitorare attraverso l`Agenzia per la Coesione il loro utilizzo».
Intanto però il governo ha rinunciato al ministro per la Coesione: lei ha condiviso questa decisione?
«Ne ho preso atto e ho fiducia che il lavoro del sottosegretario Graziano Delrio sia proficuo e all`altezza della sfida. Di sicuro sul terreno dei fondi europei l`Italia si gioca una partita decisiva. Noi dobbiamo avere una visione strategica convinta: perché sfidare l`Ue sulla soglia del 3% per investire al Sud vuol dire naturalmente assumersi come Paese la responsabilità di spendere bene le risorse comunitarie».
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