Silvio Berlusconi cadrà con il cerino nelle mani (di Salvatore Viglia)
E’ andato dove voleva Fini
La storia del cerino è solo una questione di retorica. Chi si assumerà la responsabilità della crisi e chi no al cospetto del paese in ginocchio economicamente come mai. Lo ha sempre detto il Presidente del Consiglio di essere in prestito, solo in prestito alla politica e di non avere l’esperienza di un politico di razza. Ecco, chi non ha voluto credergli, oggi deve arrendersi alla luce delle evidenze. Secondo qualcuno Fini avrebbe atteso anche troppo tempo a decidersi. Ma forse il Presidente della Camera ha avuto ragione. Berlusconi avrebbe dovuto percorrere un tragitto “imposto” politicamente di sua spontanea volontà e così è stato. Insomma, Fini ha condotto prendendolo letteralmente per la mano, il Presidente Berlusconi sulle soglie del baratro pronto a precipitare e per giunta con il cerino in mano. L’errore del Presidente Berlusconi è stato quello di aver accettato il campo di scontro congeniale a quanti invece sono professionisti della politica. Di essersi contornato di Quagliarielli e di Verdini troppo chiacchieroni e incongruenti, ministre inutili, sospetti fanfaroni, retorica da comizi e di aver usato una spavalderia goliardica che la casa delle Istituzioni non comprende e non accetta. Di aver lasciato soprattutto che Gianfranco Fini diventasse il Presidente della Camera dei Deputati. Il politico di professione sa che il sistema, una volta attaccato, è congegnato in modo da rigenerarsi come si rimarginano le ferite di superman. Una volta modificata una virgola, si è obbligati a cambiare tutto il testo. D’altronde, le garanzie che offre la Costituzione, sono sì parole assemblate in maniera impeccabile, ma sono anche unite in articoli a loro volta decisamente concatenati da una logica civile e giuridica blindata gli uni agli altri.
Concordo con l’analisi della situazione che fa Viglia.
Le istituzioni appaiono blindate al fine di impedire un ritorno del fascismo.
Inoltre fin’ora hanno retto bene all’urto del populismo ed agli assalti della mafia.
Quest’ultima non è interessata, in verità, a prendere il potere nazionale, ma solo a manovrarlo ai suoi fini economici, che sono sempre situati localmente (la famiglia o il clan).
Quello che appare in crisi, fin dall’ormai remoto ’89, è la classica distinzione tra destra e sinistra, la separazione tra capitale e lavoro, tra clericali e non.
Silvio Berlusconi ha rappresentato, in questo ventennio, una risposta politica al crollo dei valori basati sulla contrapposizione tra due poli, un tempo destra e sinistra, oggi PDL e PD.
Con la Lega Nord terzo incomodo al governo e l’associazionismo di sinistra estromesso dal parlamento (per le sue divisioni interne e anche per l’ostracismo del PD) il quadro è completo.
Ah, dimenticavo il partito giustizialista …
Ma la vera novità, ripeto, è la fine del sistema bipolare dx-sx.
Non è un caso che Berlusconi abbia provato a fondare un partito prenditutto, multiculturale, multietnico, trasversale, laico e confessionale insieme.
Glielo ha impedito l’alleanza con la Lega che lo ha strangolato nelle fondamentali regioni del NORD.
Non a caso, osservo, lo strappo di Fini arriva all’indomani del successo della Lega Nord alle ultime elezioni regionali.
Caduto Berlusconi, la battaglia finale si svolgerà tra i due nuovi poli, tra le due Leghe: la Lega NORD da una parte, partito identitario separatista, un po’ retrogrado, e la Lega Costituzionale, che proverà a difendere ancora una volta i principi costituzionali chiamando a raccolta tutte le forze politiche e sociali della Repubblica.
La Lega Costituzionale vincerà se saprà buttare alle ortiche le vecchie divisioni tra destra e sinistra e le vecchie consorterie partitiche e sindacali, per chiamare a raccolta quelle forze della società civile, dell’associazionismo, del volontariato, della cittadinanza attiva, che sono rimaste a guardare la politica, un poco attonite.
Ma non sono rimaste con le mani in mano … il milione e 400.000 firme raccolte in tre soli mesi a favore del referendum sull’acqua pubblica testimoniano la capacità di impegno dei suoi volontari e la sua capacità di mobilitazione delle masse.
Staremo a vedere se i partiti sapranno interpretare queste forze in maniera autentica e trasparente.
Nella mobilitazione permanente dei cittadini c’è la possibilità di un riscatto dell’Italia e di una rinnovata democratizzazione dell’agone politico.
Se così non sarà … saranno ancora tempi duri per tutti.
Un cordiale saluto a chi legge!
Apprezzo molto l’avv. Salvatore Viglia, estensore del pezzo pubblicato da Innovatori Europei. Tuttavia, vorrei precisare quanto segue : Berlusconi non era in prestito alla politica (anche se l’ha lui stesso affermato), ma è sceso in campo unicamente per evitare guai giudiziari e non già per risolvere le sorti del Paese. Ricordiamo che un giorno Berlusconi disse ad Indro Montanelli: “Se non mi metto in politica, mi faranno a pezzi e distruggeranno la Fininvest…”
Accettare il campo di scontro in quanto congeniale è un filone di natura mercantilistica (concorrenza-competitività) e non della politica che, come dice l’avv. Viglia, viene regolarmente evitato dai professionisti impersonati dai Quagliarelli, Verdini ed altri ancor migliori di questi, capaci di rimarginare le ferite.
La verità è che, oltre al discorso di evitare guai giudiziari, un commerciante non potrà mai governare un paese adottando la filosofia del solo conto economico “profitti e perdite”, tipico di ogni azienda in quanto il sociale costituisce una posta di bilancio da non sottovalutare ai fini di una certa concordia sociale.
L’ho scritto in alcuni miei libri in tempi non sospetti, parlando del berlusconismo.
Arnaldo De Porti