Parliamo di sanità – I
Si assiste, ormai da troppo tempo, ad un moto immobile che colpisce il bel Paese. Le stagioni passano e le riforme sono ferme. Non c’è accenno di progetto e di programma per risollevare le sorti di tanti italiani messi alla gogna da anni di mala politica. In questa immobilità come pensare di rilanciare innovazione e ricerca tanto più se volessimo impostare un piano sanitario strategico su concrete basi scientifiche ad iniziare dalle nostre periferie? La riorganizzazione dei servizi sociali e sanitari diviene parola d’ordine a partire dagli Stati Generali che imposteremo nel nostro entroterra argomenti su linee guida programmatiche e senza veleni che vedano al centro diritti e persone, sostenibilità del sistema, trasparenza dei dati, emancipazione collettiva. La salute non è un costo ma un investimento economico e sociale, un valore per l’intero paese e per la qualità dei suoi abitanti. Una cosa sarebbe risparmiare sulla sanità pensando di riorganizzarla e ammodernarla a partire dalla condivisione di un Patto per la salute altro sarebbe ridurre il fondo sanitario.
Il Patto alla salute tra Stato e Regioni (risalente a giugno di questo anno) prevede un risparmio concordato con le stesse regioni, senza traumi, affinché ci si avvicini ai costi standard per arginare corruzione e sprechi. Il finanziamento per il servizio sanitario nazionale di quest’ anno siglato con un accordo tra Stato e Regioni- salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni macroeconomiche- ammonta a 109,9 miliardi di euro e l’accordo con il governo prevede un aumento di circa 2 miliardi e mezzo per il 2015 e 2016 ( per il 2015 saranno erogati 111,6 miliardi e per il 2016 115,4 miliardi). La macroeconomia deve calarsi ora e necessariamente nei territori con studi di settore che partano da politiche di discontinuità e non di continuismo amministrativo.
Tuttavia, dal testo della proposta di riforma costituzionale emerge chiaramente la consapevolezza della necessità di assicurare, in alcuni specifici settori, uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale. A corollario delle potestà esclusive, sono infatti previste, in capo al legislatore statale, numerose norme generali – tra cui “norme generali per la tutela della salute mediante le quali si intende garantire la soddisfazione di quelle istanze unitarie, connaturate ad alcuni qualificati e specifici obiettivi di carattere generale, come appunto la tutela della salute”. Agli amministratori della salute pubblica va chiesto subito, fuori da macchinosi e strumentali atti dimostrativi o da organigrammi ministeriali prevedibili per malaffare e collusioni dunque non accettabili, la garanzia reale di una programmabilità degli investimenti pubblici per la salute da effettuarsi nel nostro locale ambito territoriale, attraverso la predisposizione di piani annuali di investimento accompagnati da un’adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva.
Nella nostra provincia a che punto sono gli studi di fattibilità e conseguente programmazione sanitaria? Quali le proposte elaborate dalla Asl locale per spending review interna? Quali gli interventi previsti localmente come da richiesta del Patto (da adottare entro il 31 dicembre 2014) in attuazione dei principi di equità, innovazione e appropiatezza nel rispetto degli equilibri programmati della finanza pubblica? Quali gli interventi urgenti previsti in provincia dedicati e finalizzati al miglioramento e all’erogazione dei LEA? A che punto è, dalle nostre parti, l’analisi sulle percentuali di patologie aids, fibrosi cistica, rivalutazione sussidi, medicina penitenziaria, emersione lavoro fondamentali ed obbligatori perché le regioni adottino provvedimenti economici d’impatto rispetto ai locali servizi sanitari? E quali gli obiettivi programmatici previsti per il prossimo semestre dalla azienda sanitaria locale? Saranno in grado gli alti organismi burocratici interni alla realtà sanitaria provinciale di permettere -come da richiesta nazionale- la semplificazione degli iter sanitari attraverso il potenziamento degli strumenti di programmazione, controllo e valutazione privilegiando il corretto utilizzo delle risorse e del personale con la dovuta affermazione della cultura del merito, della trasparenza anche attraverso progetti di riqualificazione condivisi con l’area vasta e metropolitana? E come sarà reso attuativo in provincia il programma operativo regionale 2014-2015 che prevede un decremento dell’ospedalizzazione nei termini sia di dimissioni che di ospedalizzazione? Come avverrà la riduzione dei ricoveri ad alto rischio di inappropiatezza in considerazione della diminuzione dei posti letti prevista dal piano sanitario nazionale (pl x 1.000 ab. da 4,5 a 3,9) considerando, tra l’altro, che la quota di popolazione straniera è pari a circa il 9,5% della popolazione totale e che la popolazione di 65+ anni costituisce circa il 20% della popolazione totale, concentrata specialmente nelle Province di Rieti e di Viterbo mentre la popolazione anziana fragile (definita sulla base dell’età, delle condizioni sociali e dei ricoveri per malattie croniche), rappresenta circa il 3.5% della popolazione di 65+ anni del Lazio (circa 44.000 persone nel 2013 )? Abbiamo risposte pronte per interventi sanitari locali di management qualificati che nascono da ricerche e studi appropiati, di campionamento, osservazionali e validati sulla base di lavori epidemiologici-statistici, stratificati per rischio e per territorio, per patologie, per gruppi omogenei?
E allora, fintanto che avremo imparato ad usare scienza e coscienza, metodo e rigore al di fuori da ogni schieramento, in attesa che il piano strategico locale sia trasmesso alla Regione per la relativa approvazione entro il termine fissato di legge del 15 ottobre 2014 ed in attesa che venga modulato il Tavolo di coordinamento (attraverso il quale la Regione fornirà alle Aziende sanitarie locali indirizzi inerenti ricollocazione di attività e funzioni inter e sovra aziendali prevedendo che potranno essere anche approvate modifiche ai posti letto) abbassiamo i toni e non giochiamo con la salute. Abbiamo urgenza di salvaguardare la qualità di vita dei nostri compaesani con azioni preventive, diagnosi precoci , reti di medicina associativa ( che in provincia non sono ancora attuative), con servizi territoriali di accoglienza al nuovo disagio e riabilitativi, di assistenza ai dimessi e ai cronici che non vengono reintegrati e accuditi dalle famiglie. Il privato non può rimanere unica garanzia alla complessità socio sanitaria che emerge. Va rilanciato un progetto dal basso, autogestito, per il recupero dell’umanesimo mettendo al sevizio del buon governo conoscenza e tecnica.
Abbiamo bisogno di welfare agibile che accompagni la solitudine delle utenze dimenticate e abbandonate. Iniziamo dalla costituzione volontaria di un” Social-Selfie” di specialisti e di figure sanitarie che, avendo seriamente a cuore la propria gente, dia il via alla nascita di ambulatori popolari gratuiti compensativi delle enormi carenze di una sanità pubblica lacerata.
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