Parlando di donne e di legge elettorale
di Giuseppina Bonaviri
La legge elettorale che viene presentata alle Camere esprime una parità di genere solo enunciata che penalizza la società italiana. E’ il risultato d’inerzie culturali che si ripercuotono sugli squilibri della rappresentanza. Un vulnus che si ripete, già visto in occasione dell’approvazione del “Porcellum” nel 2005. In quell’occasione , infatti, l’emendamento che proponeva «quote di genere» presentato dalla stessa maggioranza fu respinto alla Camera in sede di votazione con scrutinio segreto: ottenne 452 voti a sfavore, contro solo 140 favorevoli.
Il testo base della legge elettorale, l’Italicum, pur rappresentando un passo avanti rispetto al passato, continua a non assicurare un’equa rappresentanza per noi donne italiane. Sebbene la nuova legge in studio preveda l’obbligo di garantire uguale presenza di uomini e donne nelle liste non assicura altrettanto nella rappresentanza in parlamento. Occorrerebbe che tutte-i i parlamentari lavorassero per modificare il testo, introducendo la semplice alternanza “una donna un uomo” e la parità 50-50 rispetto ai capilista. Molte deputate e senatrici si sono già mobilitate trasversalmente ai partiti politici dandoci la sensazione che, finalmente, le donne e la gente è diventata consapevole che le questioni di genere sono temi di cittadinanza e non sessisti.
Attualmente non viene salvaguardato il principio antidiscriminatorio previsto dagli art.3 e 51 della Costituzione, articoli che sanciscono la pari dignità sociale delle-i cittadine-i e le condizioni di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. “ Nonostante l’elemento positivo introdotto all’art.1, comma 9, l’ alternanza dei generi due a due maschera in realtà un ritorno al passato cancellando di fatto l’ unico elemento capace, come è noto, di garantire una reale rappresentanza.” La politica non vuole ancora capire che le donne non sono riserve protette. Stando così le cose, torniamo a sottolineare, che per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza politica è necessario introdurre quel vincolo dell’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza per i capilista. Quella presentata nei giorni scorsi dalla legge in discussione ci pare una formula inadatta che non ci consentirà nuovamente il cambiamento tanto profondamente auspicato. Crediamo che non si tratti di semplice questione di quote ma di un vero salto di qualità, di un avanzamento della nostra democrazia oggi, purtroppo, ancora assai zoppicante.
Proporre allora profili eccellenti, come già molti movimenti di base in Italia stanno facendo, perché le prossime donne che entreranno in Parlamento possano essere espressione della migliore società italiana (ciò sta già avvenendo, grazie alla legge sulle quote di genere, nei CdA delle società quotate e controllate) può restituire alle cittadine e cittadini un vero potere di scelta che peserà sul reale interesse per il bene comune del Paese e sulla determinazione di scrivere regole trasparenti che restituiscano capacità di decisione reale alla base.
Manca l’attenzione al tema della democrazia paritaria da parte della maggioranza delle forze politiche. Bisogna iniziare dal modificare i linguaggi comuni per permettere che anche il nostro territorio si trovi al passo coi tempi. Il linguaggio non è solo strumento di comunicazione; rimane la piattaforma prioritaria della formazione dei nostri pensieri tanto che, come ci insegnano gli scienziati, non esiste pensiero senza linguaggio. Per una cittadinanza di genere diffusa dobbiamo partire proprio da qui: trovare le parole giuste che siano l’inizio di un cambiamento di rotta. La lingua rispecchia la nostra cultura, dunque, la riflessione sul modo di rappresentare le donne attraverso il linguaggio è la ragione per la quale è importante il ruolo che esso svolge nel processo di costruzione dell’immagine femminile collettiva. Sollecitare, allora, l’adozione spontanea di codici di autoregolamentazione nella comunicazione dei problemi e nelle aspettative progressiste di genere è condizione primaria per una politica più umana ed equa.
Le innovatrici fanno un appello perché sia modificata della legge elettorale ricordando anche l’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria che va sostenuto con azioni comuni di massa. Proponiamo da tempo di lavorare insieme per riscrivere una agenda di democrazia paritaria mobilitandosi verso un’altra Europa come opportunità reale di voltare pagina e costruire un futuro nuovo, con un parlamento profondamente rinnovato, nelle pratiche e nelle ideologie. Solo se non si lascerà indietro metà della popolazione, quella che sta dimostrando le migliori performance e il più forte impegno nel sociale, si creeranno le basi di una svolta sociale, civile e politica. Le donne non sono vessillo di conquista e di supposta emancipazione, ciò sarebbe un segnale assai negativo. Le donne possono e devono essere, invece, in prima linea insieme agli uomini se si vuole scrivere un nuovo, fiorente capitolo di storia italiana.
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