Lana e benzina
di Gaetano Buglisi – SoS Rinnovabili
L’affiorare nelle pieghe della manovra di governo del brusco aumento delle asccise della benzina ci conferma un nostro dubbio: siamo ancora con le gomme a terra.
Questo governo è troppo forte per non dirgli la verità. Ed è troppo competente per nascondere la realtà.
Come imprenditore, e se mi permettete come giovane imprenditore, di un settore giovanissimo, come lo sono le fonti rinnovabili, devo registrare un’incomprensibile impasse.
Mentre è chiara la bussola della manovra quando deve raccogliere risorse economiche, maledettamente subito. Appare invece alquanto malferma, quando si deve innestare la prima marcia per far ripartire l’automobile.
Ci pare infatti che manchi completamente la terza gamba del tavolo del riequilibrio economico: insieme ai 17 miliardi di tasse, che con la benzina dioventano 21, e ai 13 miliardi di incerti risparmi(voglio proprio vedere come si biodegradano i consigli provinciali),è assente la voce di entrate per attività nuove. Insomma come si spinge il cavallo a bere, per usare la più tradizionale metafora del dibattito economico italiano?
Una delle chiavi per innescare la scintilla dello sviluppo è indubbiamente la ristrutturazione del sistema energetico nazionale.
Non voglio qui aprire il capitolo delle lamentazioni della categortia, denunciando il fatto che non è venuto alcun segnale per invertire la marcia recessiva imposta dal decreto Romani sulle rinnovabili.
Voglio porre una questione di strategia: se si è fermato il nucleare, e la collegata filiera elettromeccanica è già in sofferenza; e si allenta la pressione sui gassificatori, con le conseguenze del caso sull’indotto ; a parimenti si colpisce il settore, già rantolante dell’auto, con il balzo all’insù di un prezzo dei carburanti che non ha mai conosciuto pause; ma allora cosa ci potrà trascinare fuori dalla crisi?
Il colpo alla benzina assomiglia troppo ad un do cojo cojo, per dirla alla romana,senza un disegno reale. Il settore dell’energia è strategico in generale, vitale per l’Italia, decisivo nel pieno delle polemiche che ci stanno raggiungendo dalla conferenza internazionale sul clima di Durban.
L’Italia come gli altri paesi europei deve segnare un approccio diverso dalle meccaniche conclusioni recessive di Americani e Canadesi che usano la crisi per sgretolare persino il vecchio accordo di Kyoto.
Ma l’Italia, più dei suoi vicini europei deve segnare un’impennata sull’intero fronte energetico perchè è forse il paese al mondo dove gli effetti positivi si riverberano su tutta la catena del valore del sistema paese: ambiente, turismo, patrimonio,beni immobiliari.
Il fondo dei venti miliardi, sbandierato del ministro Passera per le piccole e medie aziende, rischia di diventare una versione moderna della cassa del mezzogiorno se non viene ancorato a priorità e criteri rigidissimi: innovazione in questo paese è sistema relazionale, e non banalmente comunicazione, sistema logistico produttivo, e non arcaicamente funzionalità energetica, sistema di valorizzazione degli asseti territoriali, e non romanticamente difesa dell’ambiente.
A questa sfida dobbiamo essere chiamati tutti: politici, amministratori locali, banche e imprenditori. A partire proprio dagli imprenditori del settore. Chi scrive vive da mesi una stagione criticissima, con una contorsione del sistema economico, ma anche con incomprensibili aggressioni da parte di quello bancario e normativo. L’ormai ampia filiera energetica, con la locomotiva del fotovoltaico deve essere sollecitata ad un salto di qualità: non più nicchia simpatica e assistita, ma polmone economico che guidi il processo di sviluppo nelle città, dando una sponda al sistema della ricerca .
Sosrinnovabili, l’associazione nata sull’onda dell’indignazione contro il decreto monopolista Romani, oggi vuole voltare pagine, passando dalla protesta alla proposta: abbiamo lanciato con l’associazione degli Innovatori Europei un manifesto del cantiere rinnovabili con proposte quali la creazione di un fondo immobiliare che investa sulla qualità del territorio, l’impegno a passare dalla strategia del campo fotovoltaico a quella del tetto urbano come fabbrica di energia, l’impegno a versare una percentuale sul fatturato degli impianti metropolitrani alla ricerca per un know how italiano, la richiesta di tempi burocratici certi per le pratiche, alla sollecitazione ai sindaci che elaborino piani regolatori dell’energia.
Ci sembrano proposte che possano produrre un reale indotto economico, avviando un processo di sviluppo e riducendo la necessità di tosare chi oggi non ha più lana. Ci sarà un interlocutore tecnico disposto a valutare questa disponibilità?
Lascia un commento