La positiva fuga dei cervelli, Controesodo e la necessità di attrarre talenti stranieri
di Massimo Preziuso
In questa soleggiata domenica mattina – dopo la lettura su The Economist dell’articolo dal titolo Italy’s brain drain. No Italian jobs. Why Italian graduates cannot wait to emigrate – mi viene voglia di scrivere alcune cose su un tema che è da tempo centrale per l’Italia e di cui nelle ultime settimane si parla (anche grazie alla approvazione bi-partisan della iniziativa “Controesodo“), che io chiamo “della fuga e dell’attrazione dei cervelli, italiani e stranieri”.
Parto subito dalla fine. Io credo che la legge approvata – conosciuta come Controesodo – e che in sintesi darà la possibilità a cittadini italiani (o stranieri che abbiamo risieduto in Italia per almeno due anni) che lavorano all’estero da alcuni anni di rientrare ottenendo una “fiscalità agevolata”, è di sicuro un passo avanti che va apprezzato, ma è una occasione sprecata per fare quello che si doveva fare, ovvero “attrarre” talenti stranieri.
Infatti non ho davvero capito perchè non si è voluto cogliere questa opportunità unica di collaborazione tra i due schieramenti su un tema così centrale per il futuro del paese per portare a casa una legge completa, che ci potesse permettere finalmente di recuperare il vero gap che, come Paese, abbiamo rispetto a tutti i Paesi OCSE: quello del flusso netto negativo di laureati (si veda la figura sotto).
E’ lì infatti il “caso italiano” e non nella – a mio avviso positiva – fuga di giovani (e meno giovani) talenti (e non talenti) verso l’estero. Quest’ultima infatti può essere e deve essere una grande opportunità.
Il nostro Paese è affondato e continua ad affondare in termini di competitività e questo lo si può spiegare anche con questa semplice immagine: mentre gli importanti cantieri dell’Aquila in ricostruzione sono pieni di lavoratori stranieri e nessun italiano (in un Paese con un tasso di disoccupazione giovanile di quasi il 30%!), nelle nostre università e nelle nostre aziende i laureati extra-italiani (europei e non) sono assenti.
Ecco perchè sarebbe stato necessario estendere l’incentivazione fiscale di “Controesodo” ai laureati “skillati” (con certi criteri da stabilire – ad esempio definendo una quota massima per singolo continente) extra – italiani che decidessero di venire a lavorare in Italia, accettando un lavoro, e risiedervi per almeno 3-5 anni.
Sono convinto (ma immagino non solo io) che l’attrazione in Italia anche di alcune centinaia di laureati provenienti da Cina, India, Brasile, Sud Africa, Israele, etc, apporterebbe un enorme “effetto positivo” al nostro Paese e che questo sarebbe anche molto maggiore dell’attrazione dello stesso numero di laureati italiani che vivono bene e fanno bene nelle loro professioni in Stati Uniti, Inghilterra, Germania o Brasile (sebbene chiaramente le due “attrazioni” non siano in antagonismo tra loro).
Questi ultimi infatti forse (e sperabilmente) torneranno un domani, non solo perchè attratti da un beneficio fiscale, perchè avranno voglia di accettare nuove sfide, per le quali avranno valutato un “costo / beneficio” positivo, nel loro Paese di origine. Ed allora porteranno in patria un enorme capitale di esperienza e di conoscenza che beneficierà tutti noi.
Ma intanto, attraendo in Italia laureati stranieri, avremmo potuto (e spero potremo) iniziare a creare quei “ponti di conoscenza e di cultura” con gli altri Paesi europei e soprattutto con i Paesi emergenti (come Cina, Brasile, India), come da decenni paesi che sono nostri pari (come la Germania, l’Inghilterra, la Francia, gli Stati Uniti) fanno.
Concludo con l’auspico che il 2011 veda la nostra politica continuare nella direzione tracciata da Controesodo, ed apportarne in qualche modo questa aggiunta, per non perdere questa enorme ed unica opportunità di sviluppo.
N.B. L’immagine e la tabella utilizzati sono tratti dall’articolo di The Economist
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Come abbiamo detto pochi giorni fa, il problema italiano non è (solo) quello di attrarre italiani che risiedono all’estero, ma (soprattutto) quello di attrarre “talenti” (e “studenti”) stranieri nelle università e nei luoghi di lavoro
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