La discriminazione di genere non è solo questione di sicurezza
di Giuseppina Bonaviri
Il 22 settembre prossimo presso la Villa Comunale di Frosinone si manifesterà contro il femminicidio e la violenza di genere. Il dibattito che in questi mesi si è accesso sulle questioni in materia di violenza non può rimanere, per noi, solo una concertazione sulla sicurezza: stiamo parlando di un fenomeno che non è emergenziale ma squisitamente culturale. L’opinione pubblica ha percepito il dramma e se ne vuole fare carico. L’evento che vede artiste-i provenienti da molti punti d’Italia ha volutamente un carattere di pluralità quella pluralità che contraddistingue il nostro gruppo di lavoro e che, alla base del progetto, ha voluto privilegiare un piano di contrasto alla violenza riaffermando la priorità di una adeguata educazione alla differenza di genere nel prevenire il fenomeno tramite l’arte ed una serie di campagne di sensibilizzazione e di informazione che si susseguiranno dopo la manifestazione del 22 in moltissimi comuni ciociari aderenti. La strategia formativa sarà la seconda fase di intervento che adotteremo: autodeterminare la consapevolezza ed autonomia della donna, educazione alla discriminazione a partire dai primi livelli di scolarizzazione, istituzione di una rete reale tra le diverse tipologie di strutture esistenti sul territorio che sia dii supporto alle donne dai primi momenti e che non le abbondoni fino alla conclusione del percorso riabilitativo. Le donne vengono uccise in quanto donne e non per questioni passionali. Una campagna di informazione ed educazione parte dalla sensibilizzazione delle-i giovanissime-i e delle persone comuni , dall’idea che i soggetti ed i centri ritenuti per legge idonei al sostegno delle donne vittime debbano potere collaborare , dalla certezza che rendendo le donne più indipendenti anche con il potenziamento della occupazione queste saranno meno ricattabili. Noi donne, che lottiamo per la giustizia e per la pace, siamo in prima linea e ben sappiamo che è solo un atto di giustizia, che potrà renderci consapevoli dei nostri diritti e che potrà consentire di cambiare, nell’immediato, il pregiudizio. Oggi parlare di femminicidio è parlare d spose bambine, è parlare di omicidi religiosi come di omicidi di stato, è parlare dei fanatismi che generano morti e violenze sulle donne, è parlare di uomini maltrattanti che necessitano di centri di ascolto e di riabilitazione che non esistono, è parlare di reti di supporto reali dove lo Stato si impegni concretamente non solo adeguando leggi e formulando indirizzi ma con lo stanziamento di risorse economiche che sono fondamentali al proseguimento del percorso. Parlare di femminicidio, oggi, significa parlare di cyber bullismo ed delle sue tante giovanissime vittime bersaglio della harassment(molestie) in rete, dei troll( provocatori) della rete che seminano terrore tra le giovanissime. Chiediamo alle istituzioni, a partire da quelle locali e provinciali, che accolgano il nostro appello e non si ritirino su sentieri di omertà e silenzio. Lo sappiamo bene, l’Italia non è un paese per donne tanto meno per le donne del fare ma noi non vogliamo essere complici. Quando queste donne decidono, fuori dalle strumentalizzazioni , di fare rete il beneficio è di tutta la società .
Giuseppina bonaviri
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