Il dopo Durban: lavorare sulle metropoli
di Gaetano Buglisi e Michele Mezza
Dopo che tanto tuonò finalmente piovve.
Il crescendo di attesa sulla svolta ambientalista non pare vano.
A Durban si è faticosamernte delineata una vera frontiera per la politica planetaria: entro il 2015 organizzare un taglio radicale al sistema energetico fossile.
O di quà o di là.
L’Italia, con il ministro “tecnico ” Clini è stata in prima fila. Una scelta decisiva nel contesto della crisi.
Infatti molti paesi, sopratutto il fronte anglosassone, ha cercato di usare la congiuntura negativa per frenare ogni ambizione regolatrice.
Invece , sulla spinta del governo Italiano, si è fatta larga la strategia opposta: il cambio del modello energetico si profila come motore economico per uscire dalla crisi.
Una strategia che ha preso forma anche grazie alla furba adesione dell’esuberante Cina , che ha capito da tempo che quello del riequilibrio ambientale è la leva per conquistare non solo spazio economkico ma anche immagine ed egemonia politica sul pianeta.
250 miliardi in 5 anni è la somma che pechino mette sul piatto per ridurre drasticamente l’emissione di co2 e per diventare leader mondiale della Green Power, strappando il primato all’america di Obama.
Ma l’Italia ha fatto una mossa del cavallo che potrebbe dardci ulteriore spazio sul mercato: non solo densità di investimenti, ma anche un modello sociale diverso per guidare il riequilibrio energetico, grazie alla centralità delle città.
Proprio ieri a Firenze lo stesso Clini ha lanciato un appello alle comunità urbane del mondo: rispetto alla cecità degli stati, lavorare sul network delle metropoli.
le città, i loro sindaci, le comunità dei cittadini, sono i veri soggetti interessati, materialmente, quotidianamente, a migliorare l’ambiente dove si vive. Non solo, ma anche a rendere più attrattivo, e dunque anche economicamente più preioso, il territorio, per incrementare il valore aggiunto anche in termini catastali, con l’integrazione di sistemi energetici a basso impatto ambientale.
L’obbiettivo è quello di qarrivare ad un piano regolatore dell’energia entro il 2015 che riduce del 30% le emissioni di CO2 in 10.000 città nel mondo.
E’ una prospettiva politica concreta, che supera la vaga opzione antinuclearista, articolando sul territorio, materialmente, una nuova economia verde e sostenibile. Un’economia basata, bene lo ha spiegato ieri Clini, non solo sulla riduzione dell’inquinamento, ma anche sull’ottimizzazione dei consumi e sopratutto su un modello sociale basato sulle relazioni e gli scambi fra ogni cittadino: esattamente querllo che è la GRID energetica.
Siamo ad un passaggio epocale: questa strateghia deve trovare una base sociale, un movimento politico, un supporto economico, un’orizzonte strategico.
Il fotovoltaico può essere realmente il collante di una nuova mobilitazione di interessi che usino l’abbondanza ciome materia prima e non la miseria come spauracchio: abbondanza di sapere, di infrastrutture, di tecnologier, di soluzioni, di desideri.
Il manifesto sul cantiere rinnovabile lanciato proprio insieme agli Innovatori Europei potrebbe essere una traccia operativa. E anche la prospettiva politica che gli stessi Innovatori Europei stanno maturando in questi giorni sarebbe un utile esempio.
Sarebbe bene cominciare a chiederci come stare dentro questo movimento? come cittadini attivando canali locali che premano sull’amministrazione. Come imprese adattandosi ad una trasformazione che vede proprio i soggetti qaziendali avviare un processo di riorganizzazione dei modelli sociali.
Come associazione, nel caso di SOSRinnovabili, promuovendo realmente una territorializzazione dei progetti e delle proposte, con una proliferazione di 10,100, 1000 nuclei di sosrinnovabili nei comuni e nei quartieri.
Senza limiti di ambizione, e senza preclusione di obbiettivi.
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