Elezioni: il premio di consolazione
Elezioni: il premio di consolazione (di Fondazione Etica)
In ogni gara, anche elettorale, non c’è solo il primo premio, che il 6 maggio si sono aggiudicati i cittadini, scegliendo l’astensione o il voto al Movimento 5 Stelle. C’è anche il premio di consolazione, e qualche partito si arrovella su numeri e percentuali per aggiudicarsi almeno quello.
Il Pdl non ci prova neppure: il 6 maggio è stato punito sonoramente, e non è una sorpresa. Semmai una conferma. I cittadini perdonano molti errori al proprio partito, a volte contro ogni evidenza, ma non amano essere presi in giro troppo a lungo.
Prova a consolarsi, invece, la Lega, Tuttavia, il numero dei Comuni persi, la loro dislocazione geografica, il crollo dei consensi, non possono certo consolare. E neppure essere coperti dai risultati, se pur ottimi, di singole figure: se anche un Tosi deve ricorrere alla lista personale per fare il pieno di voti, la dice lunga sullo stato in cui versa il partito, anche senza Bossi.
Chi, invece, sente già suo il premio di consolazione è il Pd, perché –si dice – ha tenuto. Certo, ha vinto in più Comuni e ha percentuali di consenso migliori degli altri partiti tradizionali. Sicuramente è il primo partito in Italia oggi. Ma questo non toglie l’amarezza di una vittoria mancata: i numeri dicono che anche il Pd ha perso voti, e soprattutto che ha sprecato la sua grande occasione: quella di raccogliere i frutti della disfatta altrui. Un Pd che raccoglieva il 33% quando il Pdl era al suo apice, sa bene che non può essere considerata una vittoria quella di domenica scorsa.
Anche perché il Pd sa di aver disperso il suo unico vero patrimonio: le tantissime persone che si avvicinarono alla politica per la prima volta nel 2007 affollando i gazebo democratici. Illuse prima e ignorate dopo, molte di quelle persone hanno pazientato per anni, ma oggi sono tornate arrabbiate a far sentire la loro voce, ricorrendo all’astensione e al voto a Grillo.
La smettano di polemizzare con lui certi politici e giornalisti: gioca ad alzare i toni perché come, Bossi 20 anni fa, sa che è l’unico modo per guadagnarsi l’attenzione dei media. Per il resto, i candidati a 5 Stelle sembrano avere molto poco di sovversivo e di demagogico: ingenui, semmai, ma solo a fronte dei vecchi lupi che affollano la scena pubblica.
Diciamo la verità: i 5 Stelle assomigliano in modo impressionante alle tante facce per bene che il Pd esibì ai suoi esordi: facce normali, giovani, di gente competente e appassionata. Scientemente, ne vennero riempite le liste alle primarie, con la sicurezza che i meccanismi di voto appositamente studiati le avrebbero bruciate tutte per sempre. Ci rifletta qualche astuto dirigente democratico, che nei giorni scorsi ha commentato i risultati elettorali in modo arrogante, e così magari riuscirà anche ad ammettere che il Pd, domenica, ha vinto spesso diluendosi in coalizioni affollate, talora nascondendo il proprio simbolo dietro quello di Liste civiche, non di rado votando il candidato sindaco di altri. Altro che consolarsi.
Quanto al Terzo Polo, si dice ovunque che abbia perso: la verità è che non ha partecipato alla gara. Candidati del Terzo Polo non se ne sono visti, mentre l’Udc ha guadagnato qualche voto. Se Casini, allora, dichiara la resa dei moderati, ci deve essere dell’altro. C’è da augurarsi che abbia compreso che il quadro politico italiano, e non solo, è diventato più complesso di quello immaginato con l’uscita di scena di Berlusconi: la crisi economica e il rigore a senso unico dell’attuale Governo hanno lacerato gli equilibri sociali. Di fronte a tutto questo l’ennesimo esperimento politico creato in laboratori asettici e di lusso, come il Terzo Polo rischiava di essere, sarebbe parso solo una risposta irriverente di fronte ai troppi Italiani in sofferenza.
Il premio di consolazione per il momento resta nel cassetto.
Possibile che Grillo sia la nostra ultima speranza?