Alemanno, discepolo distratto di Luca Paciolo
di Pierluigi Sorti
Il caso ha voluto che la notizia dell’ azzeramento della giunta capitolina si diffondesse sui giornali l’ 11 gennaio, mentre , nella Sala del Mappamondo di Montecitorio, si riunissero decine di esperti della contabilità pubblica, provenienti da ogni parte d’ Europa, per discutere su un problema, in apparenza distante, ma che in realtà, sta proprio alla radice, forse inconsapevole, della decisione del sindaco di Roma di assumere l’ inconsueto provvedimento.
Quel convegno a Montecitorio, dedicato a fare il punto sulla definitiva trasformazione della amministrazione pubblica di vari Stati europei, precisamente dal sistema di “contabilità di cassa” a “contabilità di competenza”, secondo precise indicazioni effettuate fin dal 2005 dall’ Unione europea, rende in retrospettiva incomprensibile il comportamento di Alemanno dello scorso luglio.
Avvenne infatti in quel mese, con una scarsa rilevanza giornalistica ( e nell’ afasia delle forze politiche comunali, di entrambi gli schieramenti ), che pure il sindaco Alemanno, da due anni in carica come commissario del Comune, non abbia saputo trarre le conseguenze di un rapporto sul consolidato contabile dell’ ultimo settennio, firmato dalla “sezione Lazio” della Corte dei Conti.
Eppure quel rapporto, suddiviso in capitoli, per un totale di oltre trecento pagine, non ometteva di rendere noti i connotati non certo lusinghieri dell’ amministrazione comunale del periodo menzionato, riepilogabili nella cifra del debito complessivo ( circa dieci miliardi, successivamente accresciuti a 12, 5 ), nel periodo di ammortamento previsto del debito (fino al 2050), nella difficile individuazione dei percorsi delle voci di spesa in ordine alla loro fonte e alla loro destinazione.
In altre parole, un rapporto che implicitamente sottolineava il tema della insostenibilità, nei criteri amministrativi che sovrintendono alle moderne amministrazioni pubbliche, di sistemi contabili basati sulla cassa, cioè sul flusso finanziario, e non sulla competenza.
Era logico attendersi, nella circostanza, che, nella consapevolezza delle doppie sue responsabilità, di sindaco e di commissario, Alemanno, con saggezza, ponesse subito mano a fare ordine in quei conti, a predisporre le dovute, possibili e assai complesse misure di difesa amministrativa e soprattutto a rendere edotte giunta, consiglio comunale e opinione pubblica, dello stato di emergenza dell’amministrazione comunale.
E’ accaduto invece che, almeno nella immagine di queste ore, la crisi della giunta sia stata riconducibile alle non commendevoli politiche clientelari, clamorosamente emerse per le illegittime assunzioni operate da alcuni assessorati.
Al di là della delicatissima crisi della giunta capitolina, il problema radicale del Comune di Roma, risiede tutto intero, almeno nei suoi aspetti tecnici, nella insensibilità di troppi amministratori, eredi distratti di una tradizione culturale del Rinascimento italiano, inaugurata cinque secoli or sono dal frate francescano Luca Paciolo , grande matematico e geniale inventore della partita doppia in contabilità.
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