OSSERVAZIONI SULL’EUROPA
di Riccardo Sani – IE Europa
I richiami alla necessità di una difesa europea integrata lanciati da parecchie parti, in particolare dal presidente francese Sarkozy ed in parte dal presidente italiano Napolitano, sono una conferma del fatto che questa non esiste affatto e che ormai nessun stato europeo da solo può garantire neanche minimamente la propria sicurezza e contribuire contemporaneamente a promuovere, per quanto oggi è possibile, la pace. Tali richiami hanno però un gravissimo limite : essi ignorano o fanno finta di ignorare che il problema di una difesa europea efficiente non può essere risolto finchè non si superano le sovranità nazionali che mirano a conservare, per sete di potere e talvolta perfino di incapacità di comprendere, la cooperazione tra gli stati europei nell’ambito di innumerevoli trattati internazionali. La cosa porta inevitabilmente al fallimento.
Nel luglio 1951, rivolgendosi a tutti gli europei da poco usciti dal disastro della seconda guerra mondiale, il generale Eisenhover, capo supremo delle forze americane, aveva rivolto un pressante invito a diventare subito un “paese unito” con una federazione europea ! Secondo il generale era infatti illusorio parlare di difesa e sicurezza puramente in termini di cooperazione fra stati, in quanto questa sicuramente si sarebbe rivelata ben presto inadeguata se non ridicola ma avrebbe come conseguenza alimentato la sfiducia degli stessi popoli chiamati a sostenerla . Più di 60 anni dopo l’esortazione di Eisenhover resta ancora inascoltata : eppure le ragioni per dare vita ad una vera federazione sono sempre storicamente e politicamente valide ed urgenti.
La speranza di molti europei che, una volta caduta l’URSS, la sicurezza militare potesse essere mantenuta da un esercito in cooperazione multilaterale sotto la direzione americana si è rivelata infondata.
In poco tempo la paura per una guerra globale è stata sostituita da quella di una crescente instabilità che si è realizzata in un aumento abnorme del numero delle guerre guerreggiate, limitate ma prive di sbocchi e diffuse in quasi tutti i continenti (attuale esempio quello della Georgia-Ossezia-Russia).
Si tratta di guerre destinate a divorare crescenti risorse in termini umani e finanziari.
Questo desolante quadro, di per sè preoccupante, secondo certe previsioni, è destinato a subire una ulteriore destabilizzazione in termini di sicurezza sotto la spinta di tre fenomeni :
-in primo luogo la sovraesposizione militare della potenza americana, presente ormai in oltre cento paesi, che sta esaurendo di fatto la possibilità di impegnarsi ulteriormente in eventuali compiti di polizia internazionale.
-in secondo luogo l’atteso aggravamento degli squilibri regionali per le conseguenze negative prodotte da cambiamenti sull’ambiente e sulle economie, creando situazioni di tensione e disordine crescente a livello internazionale
-la concorrenza feroce degli stati per garantirsi il controllo sugli approvigionamenti a sempre più scarse e costose materie prime.
Tutto ciò rischia di far ripartire poltiche di riarmo destinate ad avere imprevedibili sbocchi sul piano dei rapporti internazionali.
Vi è ancora un aspetto con molti interrogativi per la sicurezza internazionale che pone questi incapaci europei (intendo governi e partiti che li amministrano) in una situazione di aumento crescente del pericolo legato alla proliferazione delle armi di distruzione di massa ed alla attività della dissuasione nucleare.
Per quanto riguarda la proliferazione nucleare, non solo rischia di estendersi ormai a stati ad “un tiro di missile” dall’Europa, ma è aggravata dal mancato azzeramento della minaccia nucleare russo-americana che avrebbe dovuto essere eliminato entro la fine del secolo scorso(ricordo gli accordi Reagan-Gorbaciov) e che sembra invece riaccendersi con la disputa sullo scudo antimissile che gli americani vogliono installare in una Polonia consenziente (dove è l’Europa in evidente assenza politico- istituzionale??!! ).
Bisogna essere del tutto cechi od imbecilli per non vedere in quale situazione “nano politica” siamo finiti per colpa dei nostri governi e partiti, con la connivenza di una aliquota di indifferenza incosciente del popolo europeo che forse si sente impotente.
In sintesi, da dove dovrebbero partire gli europei per costruire veramente ed in modo indipendente la loro difesa ?
Alla luce di quanto sopra i problemi che non possonoessere ignorati sono tre:
1) quello della definizione del potere che sarebbe indispensabile per affermare nei fatti e non a parole l’indipendenza europea nel settore della sicurezza e delle scelte operative in eguale reale “ partnership” con America-Cina –India ecc.
2) quello del riconoscimento del “quadro” in cui diventerebbe possibile la creazione di tale potere (ben sapendo che niente è possibile nel quadro dei “Ventisette” di quella specie di unione attuale e specialmente in un coinvolgimento della Inghilterra (principale ma non unico stato contrario a tale sbocco della politica continentale europea) .
3) quello della creazione di uno “stato maggiore” della difesa con possibilità operative sia nel settore convenzionale che nucleare dipendente da un potere sovrano europeo derivante da una autentica federazione !
In conclusione:
a) Solo quando e nella misura in cui si inizierà un consapevole dibattito il problema della difesa europea uscirà dalla solita stantia retorica dei partiti ed entrerà nella sfera della iniziativa politica.
b) Solo quando tale dibattito ci sarà emergerà in piena evidenza la scomoda e vergognosa verità europea che oggi si stenta ad intravedere o non si vuole riconoscere.
c) Solo quando ci sarà un Patto Federale per dare vita ad un primo nucleo di uno Stato federale europeo, l’aspirazione ad una dignitosa ed efficiente capacità europea di agire in indipendenza e cooperazione con altri popoli, in eguale partnerschip, non sarà più nel mondo dei sogni !!!
d) Solo allora questi staterelli europei, impotenti pigmei rispetto alle realtà statuali emergenti, ammalati di imperante frazionismo, avranno raggiunto la loro reale possibilità di sopravvivere nel tempo.
Riccardo Sani.
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