LETTERA A VELTRONI
Pubblicata sul sito degli amici di PD Londra: http://pdlondra.wordpress.com
Roma, 16 aprile 2008
Caro Walter,
oggi dopo la sconfitta, io sono tranquillo, se penso che il Partito Democratico chiude un secolo di storia molto discutibile.
Un secolo pieno di difficoltà, che iniziava con la caduta della destra – sconfitta nel 1905/1910 con Giolitti, mai più ricostruita come forza vera moralmente accettabile, chiusa più che mai nel suo impegno neo-industriale e priva ormai del vero spirito morale di una destra-guida – per continuare con la lotta di Aldo Moro e della sua corrente, nella difficile marcia tra Vaticano e sinistra social-comunista.
Io ho vissuto tutto il dramma, ma “ad latere”, chiuso in forma ossessiva nella mia Neuropsichiatria infantile: dal 1945 non l’ho mai abbandonata. Ma, sul piano politico, potevo liberamente pensare, attendere, soffrire, e sperare.
Il tuo partito per me risolve dunque un’epoca e raggiungerà quella sintesi in cui speravo, ma che mi sembrava troppo coraggiosa in un’Italia che trattiene ancora in sé due anime positive controverse e una destra vera. Ecco perché ha vinto una destra che non è una destra!
E ha perso una sinistra che non è una sinistra armonica; intelligente sì, ma a cui i propri ideali non sono del tutto chiari.
Conclusione: Il Pd per la nazione Italia, che ha in sé due grandi verità in contrapposizione politica più che ideale, doveva ancora progredire.
Il Pd è il vero partito che vince e porta alla vittoria quella ricchezza contraddittoria italiana, rispetto agli altri Paesi, stretta tra Vaticano e mondo del lavoro. Vaticano e spirito di attività e di volontà di dare, che è proprio del mondo impiegatizio-operaio. Ma che la destra italiana non ha mai saputo capire nel suo lato positivo.
Medita anche tu su quanto ti ho detto, su ciò che è stato il dramma della mia vita, che ho saputo sublimare in me stesso solo nel dare al mondo scientifico della Neuropsichiatria infantile.
Ti sono molto vicino e dai miei 95 anni vedo una prossima vittoria tua e del tuo partito, se sarà capace di comprendere meglio il dramma positivo e negativo del secolo passato.
Ti prego di meditare dieci minuti al giorno su questo mio sfogo e prenditi tutti i pensieri, la volontà, le speranze e la sicurezza di tutta la mia vita.
La morale, per me, è nelle parole di mio padre che, portandomi a vedere a 8 anni la casa del Lavoro di Torino, che i fascisti avevano bruciato, gridava: “Giovanni, ricorda! Giovanni, ricorda! Giovanni, ricorda!”.
Da quel tragico fuoco è nata tutta la mia lotta psicologica e politica, che ha determinato il desiderio di darmi al mio popolo, nel limite delle mie possibilità.
Dai miei 95 anni ti mando tutti i più trepidi e commossi auguri. Sei ancora molto giovane. Lotta e non cedere mai ai tuoi ideali. Sei riuscito a ridurre l’enorme frammentazione a 2-3 partiti. Hai fatto un lavoro straordinario e stupendo.
Ricordo ancora il tuo discorso nei giorni in cui eri diventato Sindaco di Roma: “…Ma io rimarrò in questo settore”, quando ti risposi: “Sei troppo giovane per decidere della tua vita”. La frase che forse ti sembrò molto sibillina voleva dire: vai avanti e credi in quello che fai cocciutamente, ogni volta che decidi qualcosa.
Sono sicuro che le tue idee, come supporto al tuo coraggio di costruire e prendere la guida del Partito Democratico, saranno la tua grande vittoria: un irrinunciabile plus valore per il nostro Paese.
Un giorno, scherzando, ho detto a Fassino che volevo essere il numero 12 del Partito, perché lasciavo il posto agli altri undici molto più importanti di me! Ed ora, a parte le battute, mantengo in forma ideale questo mio desiderio. E avendo avuto la grande fortuna di captare le verità essenziali dei tuoi discorsi, ti dico: continua.
Il Pd, come inizio di un’armonica costruzione fra le necessità e gli ideali italiani in una visione europea, deve continuare perché l’Italia è la nazione più ricca di contrasti, ma è depositaria di un vastissimo bacino di insospettabili, costruttive qualità caratteriali e culturali.
La sconfitta deve quindi insegnare a capire molto di più di quanto è giusto, per discutere, costruire e proporre il giusto all’Italia che tutt’ora si interroga.
Buon lavoro.
Giovanni Bollea
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