INTERVISTA AD ENRICO LETTA
di Luisa Patruno L’Adige, sabato 4 agosto 2007
“Il partito territoriale è una felice intuizione”
Letta: è complementare e non alternativo al Pd
“Creeremo le condizioni per una forte condivisione ideale”.
Enrico Letta, appena diventato sottosegretario alla presidenza del Consiglio, prese l’impegno di non parlare di politica ma solo dell’attività di governo. E infatti per oltre un anno ha fatto mancare la sua voce nel dibattito politico sul Partito democratico. Ora, che ha deciso di partecipare alla corsa per la segreteria, tutto è cambiato, soprattutto per il suo ufficio stampa sommerso di richieste di interviste, al quale il braccio destro di Prodi non si sottrae più, infilandole tra un impegno di governo e un incontro politico. Ed è con piacere che decide di parlare dell’amico Lorenzo Dellai e della situazione politica trentina, che conosce bene.
Enrico Letta «benedice» il tentativo del governatore Dellai e della Civica Margherita di dare vita a un partito territoriale confederato al Pd nazionale, anche se questo dovesse avvenire con tempi più lunghi, dopo le elezioni del 2008. Non lo considera affatto un’eresia o un tradimento e anzi lo definisce una «felice intuizione, del tutto complementare all’evoluzione politica nazionale».
Il sottosegretario, che in Trentino può contare nella sua sfida a Walter Veltroni e Rosy Bindi alle primarie del 14 ottobre sul sostegno di gran parte della Margherita, parla del suo rapporto con Lorenzo Dellai e spiega che non si può immaginare a livello locale un Partito democratico che non veda presenti sia i Ds che la Civica Margherita.
Onorevole Letta, nell’annunciare la sua candidatura alla guida del Partito democratico ha dichiarato di aver ricevuto dai territori, dal Nord al Sud, una spinta molto forte a mettersi in gioco e, in un’intervista al «Corriere della Sera», ha citato Lorenzo Dellai, definendolo «una delle persone con cui mi trovo più in sintonia». Che cosa vi unisce?
In primo luogo, grande simpatia e stima per Lorenzo. Mi piacciono la sua grande schiettezza, la competenza, il pragmatismo. Qualità queste che, così associate, mi sembrano oggi assai rare. Poi crediamo entrambi nel Partito democratico. Ed entrambi pensiamo che bisogna farlo bene. Senza disperdere le grandi tradizioni culturali e politiche che ciascuno di noi ha alle spalle, a cominciare dal popolarismo. Ma senza neanche trasformarle in elementi di divisione, in correnti vecchio stile. Se il Partito democratico sarà come lo vogliamo, le nostre identità verranno esaltate in una prospettiva più ampia e ambiziosa. Con Lorenzo siamo inoltre in sintonia nell’individuazione di molte delle priorità per il futuro del Paese. A cominciare dalla sostenibilità del nostro sistema di welfare, dalla bassa natalità, dalle politiche per la famiglia.
Quando venne a Levico in occasione della Festa nazionale della Cisl incontrò i vertici della Margherita trentina. E alla Civica piace pensare che la sua candidatura sia partita proprio da qui. Quale esigenza e preoccupazione ha raccolto dai margheritini trentini che hanno deciso, in larga parte, di sostenerla nella competizione contro Veltroni e Bindi?
Attenzione al territorio e principio di autonomia. Sono questi due concetti che stanno particolarmente a cuore alla Margherita trentina e che dovranno far parte integrante del Dna del Partito democratico. Il ruolo delle amministrazioni deve essere centrale in tutti i territori, ma ancor più deve esserlo in quei territori che hanno una grande tradizione di autonomia.
Pensa che il Partito democratico riuscirà a colmare la distanza che si è creata, come si è visto anche alle ultime elezioni amministrative di giugno, tra molti cittadini del Nord e il centrosinistra?
Sì, se il Partito democratico sarà aperto alla società, se sarà pragmatico. Sì, se saremo in grado di fornire risposte concrete per sciogliere alcuni nodi critici che penalizzano il Nord. Penso alla mobilità, alla logistica, ai servizi alle imprese. Io sono molto ottimista. Credo che l’esito delle ultime elezioni amministrative abbia accelerato un percorso di riflessione al riguardo che nel centrosinistra ha preso avvio già all’indomani delle politiche del ’96. Occorre continuare su questa linea, tornare a parlare al Nord, con linguaggio chiaro e proposte credibili.
La Margherita teme l’omologazione al modello nazionale del Pd, soprattutto in vista delle elezioni provinciali che cadono nell’autunno dell’anno prossimo. Dellai ha teorizzato il concetto della “doppia appartenenza”, ovvero partecipa alla fase costituente del Pd nazionale ma, per il livello locale, ha proposto la costituzione dopo il 2008 di un partito con caratteristiche originali, territoriale, diverso dal Partito democratico, sebbene collegato a questo con la forma della confederazione. Le sembra un percorso compatibile con il progetto nazionale?
Assolutamente sì. E c’è una ragione specifica: il Trentino ha raggiunto in questi anni una piena maturità della propria autonomia istituzionale, grazie a politiche di forte sostegno all’innovazione, unite ad un’attenzione particolare alla tradizione democratica di autogoverno e di coesione sociale che lo caratterizza da sempre. Lorenzo Dellai ha compreso che autonomia significa innanzitutto assunzione di responsabilità e lo ha dimostrato anche nella recente vertenza con il governo per l’attuazione del federalismo fiscale. Ecco dunque che mi pare del tutto legittimo ed anzi auspicabile che l’evoluzione politica accompagni questa maturazione istituzionale; è positivo cioè che si stiano costruendo le condizioni per una più marcata autonomia anche propriamente politica del Trentino rispetto al quadro nazionale. Il nuovo soggetto territoriale, a cui pensano gli amici trentini, è quindi espressione di una felice intuizione, del tutto complementare rispetto all’evoluzione politica nazionale e in alcun modo alternativa. Ed è proprio da questa complementarietà che deriva l’idea di un rapporto confederato con il Partito democratico: creeremo una relazione di forte condivisione ideale sul piano delle politiche di rilancio per il nostro Paese, ma saremo attenti e rispettosi della peculiarità del Trentino.
Si può immaginare, secondo lei, a livello locale un Partito democratico a cui partecipano i Ds, ma non la Margherita?
No, e come sarebbe possibile? Il Partito democratico nasce, culturalmente prima ancora che politicamente, dall’incontro dei filoni di pensiero riformista più fecondi della storia del nostro Paese: quello cattolico-popolare e quello socialdemocratico. Non potrebbe nascere un Partito democratico senza la Margherita, quindi. Ma sono convinto che la considerazione che tra pochi mesi nel Trentino vi sarà un’importante consultazione elettorale farà sì che tutti trovino le strade migliori per arrivare a risultati positivi per tutti.
La maggior parte dei diessini trentini si sono schierati pro Veltroni, viceversa quasi tutta la Margherita per la candidatura Letta. Solo Rosy Bindi è riuscita, fino ad ora, a mischiare un po’ le acque. Non ritiene che questa divisione quasi netta non vada nello spirito del Partito democratico? Pensa che si potrà superare il problema?
Non mi sembra, in realtà, che le divisioni siano eclatanti. Se così fosse verrebbero meno lo spirito del Partito democratico e l’essenza stessa delle primarie, che devono essere aperte alla competizione. Certo, è vero: buona parte della dirigenza dei Ds appoggia la candidatura di Walter. Ma non tutta e soprattutto non su tutti i territori. Per quanto riguarda la mia candidatura, ad esempio, posso contare sul sostegno e sulla collaborazione di Umberto Ranieri o di Gianni Pittella – che tra l’altro sarà il coordinatore della mia campagna per le primarie – oltre a numerosi altri esponenti e amministratori locali dei Ds. Voglio però ribadire un concetto: non immiseriamo il dibattito sulle primarie con discorsi sulle passate appartenenze. Quei partiti si sono sciolti. È stato un atto coraggioso, anche traumatico, se vogliamo. Ma assolutamente necessario.
È annunciata la sua presenza a fine agosto in Trentino per “veDrò”, un appuntamento rivolto alla generazione dei trenta-quarantenni. La questione generazionale è entrata a far parte anche del suo manifesto per il Pd. L’edizione di quest’anno di veDrò assumerà dunque una connotazione particolare a un mese e mezzo dal 14 ottobre?
VeDrò è una manifestazione arrivata alla terza edizione. È nata, cioè, quando non c’erano né il Partito democratico né la mia candidatura. Nel corso di questi anni è diventata un’esperienza che coinvolge un numero sempre maggiore di persone. Da sempre è stata caratterizzata da una grande trasversalità e così sarà anche quest’anno. Non c’è, dunque, alcun collegamento diretto con il Partito democratico e con la mia candidatura. Tra gli aderenti a veDrò ci sono persone che condividono le mie idee politiche, altre che militano in partiti diversi, altre (la maggioranza) che non militano in alcun partito e vengono a Drò per confrontarsi con coetanei appartenenti a mondi professionali differenti sui temi dell’Italia di oggi e soprattutto di domani.
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