DUE LACRIME IN PIU’ PER ELUANA
di Aldo Perotti
Avvoltoio o iena.
Non è facile definire chi si avventa sull’animale morente e indifeso, debole, oppure si ciba dei suoi resti. Galline che si litigano un lombrico che finirà diviso in due.
Come è possibile accingersi ad una battaglia di civiltà (o di inciviltà), a difensori di principi inviolabili, a tutori del diritto, di fronte ad un dramma individuale così enorme. Una povera ragazza ed un padre disperato divengono un pretesto.. non altro che un pretesto …. per uno scontro poltico-mediatico-giudiziario di cui proprio non abbiamo bisogno nel nostro paese. Troppo spesso le disgrazie dei singoli finiscono in pasto ad un sistema che se ne ciba e auto-gratifica il suo operato spesso per colpa di tutti noi, per la morbosa curiosità che ispira il disgraziato – vittima o mostro – di turno.
In un paese civile Eluana sarebbe un nome inventato. La sua storia si sarebbe dovuta svolgere nel più assoluto anonimato. Dottori, giudici, tribunali, tutti avrebbero dovuto conservare un assoluto riserbo e parlare di diritti, doveri, valori, senza cadere in quella ricerca di visibilità che sembra l’essenza dei nostri tempi. E invece no. Tutti scendono in campo pro o contro, “è gia morta”, “no, è ancora viva”, “soffrirà”, “non soffrirà”, “non si sa”, “è accanimento terapeutico”, “è diritto a rinunciare alle cure”,”è dovere curare”.
Sembrano avere tutti ragione, o tutti torto. Pochi politici, che a questo punto giudico i migliori, hanno saputo conservare una posizione di distacco e di rispetto rifiutandosi di entrare nell’arena.
Non capisco molto di stato vegetativo ma provo solo ad immaginare una condizione come quella della povera ragazza.
Se Eluana è viva e consapevole, anche solo in parte, solo minimamente, della sua condizione credo le sue sofferenze siano incommensurabili. Sofferenze alle quali si sommano quelle dei suoi cari. Quando la sofferenza, fisica o anche psichica, è grande, la morte rientra tra le opzioni possibili. Il suicidio o l’omicidio e anche l’omicidio-suicidio sono una realtà di sempre. Esiste purtroppo una sofferenza troppo grande per continuare a vivere. Se Eluana è viva, vuole morire.
Se Eluana non sente, non capisce, non sa, non soffre, non pensa, se Eluana è ormai veramente ed irreversibilmente un vegetale, una pianta attaccata all’irrigazione automatica, allora è quasi in Paradiso e papà Beppino potrebbe tirare un grosso sospiro di sollievo… Eluana forse è felice.
La povera Eluana, a differenza di Piergiorgio Welby, non può dire la sua e non ci può essere di alcun aiuto. Non può inoltrare formale richiesta di morire dolcemente, nel sonno, nel sogno.
Lascia purtroppo a chi le sta accanto, un po’ più vivo o meno morto di lei, una scelta impossibile. Se fossi io a dover chiudere il rubinetto, probabilmente rimarrei li appoggiato altri 17 anni.
La posizione della Chiesa, della religione, che sulla morte ha decisamente il suo peso, è una posizione assolutamente razionale. Per la Chiesa non è una questione di Fede. Per i credenti chi muore va in Paradiso ed il problema non si pone… anzi… tanto vale darsi una mossa.
Di contro, razionalmente, non possiamo considerare la morte un bene (i kamikaze lo fanno e la cosa non fa certo comodo alla collettività). La morte, inevitabile che sia, ci priva del bene ultimo della vita, bene non negoziabile in via ordinaria. Pertanto la volontà di morire, il suicidio, non rientra tra i comportamenti razionali. Non si rinuncia volontariamente e razionalmente alla vita. Chi ci rinuncia o vorrebbe rinunciarci è mosso da cause che lo pongono in una condizione anomala, in una condizione di incapacità di intendere e di volere, di fatto è impazzito (a causa del dolore e della sofferenza). E’ questo il motivo per cui, in certi casi, si possono celebrare i funerali del suicida. Già solo mettere in pericolo la propria vita è considerato da folli (o da eroi… ma passiamo a situazioni straordinarie).
La Chiesa si propone quindi di combattere le cause di quella “ pazzia” che porta a desiderare la morte. Tutte cause molto razionali, la malattia, la solitudine, la fame, la povertà. La Chiesa, con un atteggiamento conservativo che le è tipico, nel combattere l’eutanasia (come il suicidio) vuole combattere essenzialmente quella che sembra una via d’uscita fin troppo facile nella lotta contro la sofferenza . In quest’ottica l’eutanasia rappresenta, anche laicamente, una assoluta sconfitta per l’umanità.
Non credo che i fautori “alla leggera” del testamento biologico e dell’eutanasia si siano posti una semplice domanda “ma serve veramente all’interessato ? o serve e più ai medici e ai familiari per accelerare la pratica.. ”. Alla povera Eluana, prigioniera sospesa tra la vita e la morte, forse ne una legge sul testamento biologico (ammesso che a vent’anni uno ne voglia o possa consapevolmente sottoscrivere uno) ne la legalizzazione dell’eutanasia sarebbero serviti a qualcosa.
Non so come finirà la povera Eluana. Spero solo che molto presto non se ne parli più e che invece qualche uomo di buon senso definisca, insieme ad altri, delle regole mediche condivise, che possano essere di sostegno e di conforto per i familiari di queste “vite sospese” , lasciati spesso troppo soli nell’incertezza, nel dubbio, nell’attesa.
La politica dovrebbe impegnarsi invece , per evitare che altri finiscano come la povera Eluana, a comprendere le cause della sua sfortuna. E’ non cerchiamo colpe nei dottori che l’hanno curata e rianimata, non andiamo a cercare accanimenti o altro.
Eluana ha avuto un incidente d’auto il 18 gennaio 1992.
Aveva 20 anni. Erano le quattro del mattino. Era un sabato.
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