Democrazia significa capitalismo uguale per tutti?
Dopo il G20, le questioni primarie dell’agenda internazionale in materia economico-monetaria passano sul tavolo di Praga. Le questioni, o meglio la questione del vertice rimane la supervisione finanziaria.
L’Europa giunge ancora divisa a causa di una Londra refrattaria a potenziare il ruolo della Bce, mentre riesce ad apparire unita nel sostenere l’avvicinamento dei criteri contabili tra Europa e Stati Uniti sugli asset tossici. I ministri europei sono tutti concordi con le linee guida individuate nel rapporto dei saggi presieduto da Larosiére, ma escono dal vertice ancora inconsapevoli riguardo ad un modello comune da adottare all’unanimità per realizzare la struttura di supervisione.
L’ostacolo rimane sempre Londra che si oppone, come ribadito dal Cancelliere dello Scacchiere Darling, al nuovo organo European Systemic Risk Council, che si occuperà del monitoraggio e ove necessario esprimerà raccomandazioni nel settore macro-prudenziale. In altre parole Londra si oppone a rafforzare l’autorità della Bce nella guida del Consiglio europeo dei rischi sistemici.
Come se non bastasse, Darling ha espresso parere negativo anche al potere di mediazione, ma pur sempre vincolante, delle associazioni europee di supervisione a livelli micro-prudenziali da esercitare quando si riscontrino contrasti tra le Autorità nazionali. E’ evidente che il rifiuto al rafforzamento delle istituzioni che operano una vigilanza macro-prudenziale, unito a quello ulteriore per la sorveglianza micro-prudenziale, atta a verificare la solidità e l’onorabilità degli istituti e degli operatori finanziari, non fa che affossare il progetto d’integrazione in questo settore e lascia a briglie sciolte un sistema che soprattutto nell’ultimo tragico anno economico ha dimostrato esigere una vigilanza omogenea e vincolante di livello globale, se non altro, e non sembra poco, per tutelare l’integrità del mercato e dei risparmiatori.
Come ribadito da Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial Stability Board, in un’economia mondiale giunta a livelli altissimi di integrazione è necessario partire da un sistema di regole comuni in fatto di vigilanza finanziaria; è innegabile ravvisare le carenze della struttura normativa europea nella regolamentazione quanto nella prassi di supervisione, che si concentrano esclusivamente su singoli istituti finanziari trascurando il sistema d’insieme. E’ proprio questo approccio macro-prudenziale a delinearsi come il più efficace ma allo stesso tempo il più temuto nei sistemi economici e giuridici mondiali.
Tutti, nonostante le divisioni, convengono sulla necessità di migliorare i risultati fin qui raggiunti; Francia, Germania e Italia sono in linea con la proposta francese di Larosiére ma sanno di non poter escludere il Regno Unito.
Più malleabile è stato invece il tema delle regole contabili europee, rese più flessibili per ridurre al massimo gli svantaggi della competitività con gli Stati Uniti nella contabilizzazione degli asset tossici. La convergenza tra Ue e Usa è stata supportata dalla raccomandazione dell’Ecofin che chiedeva all’Iasb (International Accounting Standards Board ) di collaborare a stretto contatto con la Fasb (Financial Accounting Standards Board) per scongiurare divergenze di contabilità per gli strumenti finanziari.
Ca va san dire in Europa riescono a stabilirsi i principi, ma non le modalità di attuazione. L’eterogeneità politica e giuridica allora è assicurata. Al di là degli interventi, spesso (marginali e insufficienti) predisposti in questa settimana di vertici internazionali sarebbe bene mettere in atto sostegni strutturati capaci di affrontare le conseguenze imprevedibili e non quelle volute, che la governance mondiale ha comunque dimostrato di non saper prevedere. Le dichiarazioni, gli accordi dei vertici che si sono susseguiti da Londra a Praga probabilmente non hanno ancora dimostrato la volontà del capitalismo di autoriformarsi. Piuttosto emerge la prospettiva di un’economia più politicizzata, dove lo stato fa da cuscinetto ad operatori privati che non ha saputo tenere al guinzaglio. Il futuro attende una ripresa forse lenta e difficile, ma di sicuro il capitalismo di questo passo si consegnerà ad uno stato indolente e impreparato, o peggio ad una politica indolente e impreparata, che non potrà più giustificarsi dietro la sovranità nazionale per sottrarsi a responsabilità globali e che, impotente non riuscirà a rispondere alle sfide economiche sia nazionali che sovrannazionali. A quel punto sarà troppo tardi per tirare il freno e non sapremo più con chi prendercela.
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