Un Osservatorio per la logistica e le infrastrutture mediterranee adesso!
di Maurizio Ionico *
Il tema del lancio di un Osservatorio per la logistica e le infrastrutture mediterranee ha una valenza nazionale, ovvero l’intero territorio nazionale è chiamato a confrontarsi con la ritrovata centralità del Mediterraneo. La “grande trasformazione” determinata dall’evoluzione geo – politica e geo – economica su scala globale, con un’accelerazione prodotta a partire dal 1989, ha determinando una nuova geografia economica che ha scaricato effetti anche alla scala locale (il Mezzogiorno, il Nord, l’area adriatica).
L’elemento saliente è, appunto, la ritrovata centralità del Mediterraneo, nell’ambito della dinamica direttrice marittima che collega l’Oceano Indiano, il canale di Suez e l’Oceano Atlantico diventata in pochi anni un asse marittimo globale rilevante tale da superare, ad esempio, quello storico tra gli Stati Uniti e il Giappone attraverso il Pacifico. Se si ritaglia l’osservazione ad una porzione di Paese (penso al nord-est e all’area adriatica), tale trasformazione rende essenziale la relazione tra i nodi (i porti, le città ) e i corridoi quali l’1/Baltico-Adriatico, che assurge ad uno dei sistemi essenziali di connessione tra il nord e l’area adriatico – ionica verso la nuova piattaforma industriale europea (Polonia, Cechia, Ungheria) e il 3/Mediterraneo (Lione – Torino – Trieste, tanto per intenderci). L’U.E. ha colto questa aspetti rivedendo la storica politica delle Ten -T con la COM/2011/650 che ha previsto la realizzazione articolata su due livelli, il comprehensive network e la core network, che costituirà la spina dorsale della rete transeuropea di trasporto ed incentrata su città e porti. La core network comprende 10 progetti prioritari di interesse per l’Italia, quali:
- “Helsinki-Valletta” Corridor [Helsinki-Stoccolma-Amburgo-
Monaco-Vrennero-Verona-Roma/ Napoli-Bari-Palermo-Valletta], con l’inclusione del tratto da Napoli fino a Palermo passando per Catania e la nuova sezione Napoli-Bari; è l’ex corridoio “Berlino-Palermo”; - “Baltic-Adriatic Corridor” [Helsinki-Danzica-Varsavia-
Vienna-Tarvisio-Udine -Venezia/Trieste-Bologna- Ravenna], con l’estensione fino a Ravenna via Klagenfurt, Udine – Venezia / Trieste /Bologna;
- “Genova-Rotterdam Corridor” [Genova-Milano/Novara Sempione/Loetschberg/Gottardo-
Basilea-Colonia-Rotterdam), con l’inclusione della linea ferroviaria del Lotschberg-Sempione e della linea del Gottardo;
- “Mediterranean Corridor” [Algesirs-Madrid-Barcellona-
Lione-Torino-Milano-Venezia- Lubiana-confine ucraino], con l’inclusione dell’idrovia “Milano-Venezia”.
E’ convinzione che la “nuova” Europa (quella localizzata a nord – est e a sud – est) sarà destinata ad originare, in virtù dei trend di sviluppo interni ai Paesi dell’area e del concentrarsi su di essi degli interessi di operatori economici come i tedeschi e gli stessi italiani (della catena del bianco, della meccanica, ….), intense relazioni economiche e flussi di traffico.
Il territorio non potrà essere organizzato come prima. Si tratta ad esempio di allestire a tutti gli effetti “hub di sviluppo locale”, attorno ad un sistema di relazioni tra porto – corridoio – zone industriali, in modo tale da semplificare ed irrobustire le connessioni terresti e marittime (accessibilità) e la localizzazione delle imprese (attrattività) e, in definitiva, concorrere ad elevare le prestazioni territoriali nonché radicare i processi economici. Nella sostanza, si tratta di incrociare meglio gli effetti “mediterraneo” e “corridoio” al fine di acquisire vantaggi competitivi.
L’Italia è un Paese manifatturiero e l’export rappresenta una leva essenziale per tornare a crescere e a progredire. Serve tuttavia il sostegno dei trasporti marittimo e ferroviario cargo, oggi piuttosto fragili, così da trarre benefici dal nuovo assetto e dagli scambi import – export che il Paese e la dimensione locale (il Mezzogiorno, il Nord, l’area adriatica) possono ulteriormente generare. Non siamo attrezzati e pertanto si rendono necessarie in ogni caso misure e azioni di carattere sia infrastrutturale, sia organizzativo sia formale del trasporto marittimo, ferroviario e della logistica.
Anzitutto si tratta di procedere allo shift modale, e questa è una responsabilità del Governo nazionale, in modo da corrispondere agli obiettivi dell’U.E. che prevede che entro il 2030 il 30% dei trasporti stradali superiori ai 300 km. effettuati via camion vengano trasferiti verso altre modali come il ferro, che oggi rappresenta una quota oggi poco sotto il 9%, e le vie navigabili, ed entro il 2050 questa quota deve essere superiore al 50%. In secondo luogo, tali misure devono favorire l’aumento di scala dei porti (sia attraverso interventi sui singoli scali sia attraverso robuste integrazioni fra scali diversi localizzati lungo una medesima direttrice) e, dall’altro, accrescere la capacità del sistema dei trasporti di far fronte alla tipicità del modello manifatturiero (distretti, aree industriali, filiere). Questo rappresenta un vincolo non facilmente superabile poiché costituito in prevalenza da Pmi inserite in un conteso distrettuale e/o di dispersione produttiva, e dalla frammentazione dei processi produttivi, determinati da una accentuata scomposizione delle produzioni e delle fasi operative, sia in spedizione sia in entrata, per meglio corrispondere anzitutto alle esigenze delle industrie principali. Il successo delle misure e azioni intraprese è dato dalla capacità del sistema istituzionale pubblico e delle agenzie operative, come Autorità, Enti e Consorzi, di saper connettere nel medesimo momento le tre dimensioni del problema, che sono di tipo:
- infrastrutturale [costituito dalla dotazione e qualità della rete e delle strutture fisiche; tale responsabilità è in capo alla Regione, a Rfi, alle Autorità portuali e ai gestori di zone industriali e interporti]
- organizzativo [costituito dall’adozione di modalità e procedure ottimali nell’effettuare servizi a costi ragionevoli e in modo efficiente; tale responsabilità è in capo alle imprese di trasporto marittimo, ferroviario e della logistica]
- formale [costituito da piani, leggi (si pensi alla riforma della 84 sui porti), norme, regolamenti e finanziamenti, dove spesso tali responsabilità sono in capo alle scale più prossime all’Amministrazione Regionale e ai Comuni]
Si tratta di una impostazione che deve necessariamente porsi dal punto di vista della modifica degli assetti di regolazione del mercato in alcuni settori strategici del sistema di mobilità delle merci, primi fra tutti il settore della portualità, dei trasporti marittimi e ferroviari, principalmente in un’ottica di integrazione multimodale e di continuità territoriale dei servizi anche a livello internazionale (inserimento in reti trans-nazionali, relazioni tra terminal, connessioni con l’hinterland).
Vi sono una serie di vincoli e condizionamenti da rimuovere nelle zone industriali, nei porti e nelle stazioni ferroviarie, al fine di adeguare i trasporti ferroviari e l’organizzazione logistica e, in definitiva, fornire un supporto reale alle attività produttive. In particolare, è opportuno intervenire:
- sull’accessibilità alle aree industriali e l’attraversamento dei nodi urbani;
- sull’adeguatezza degli scali adibiti al traffico cargo ferroviario e del materiale rotabile;
- sui raccordi ferroviari e sulle strutture a servizio delle zone industriali;
- sui costi di manovra ferroviarie nelle aree portuali;
- sulle modalità e procedure organizzative;
- sul consolidamento delle Autostrade del Mare e sulla costruzione di modelli innovativi di organizzazione e gestione del sistema dei trasporti e della logistica;
- sul sostegno all’intermodalità e alla mobilità sostenibile;
- sulla disponibilità di risorse finanziare e sulla capacità di investire secondo ‘logica di risultato’.
In particolare, le Regioni assieme al Governo centrale devono individuare nuovi meccanismi di governance logistico – territoriale, mettendo in discussione modelli tradizionali, sapendo cedere sovranità e stabilire reciprocità. Si tratta tra l’altro di:
- procedere alla governance logistico – territoriale attraverso l’utilizzo dello strumento istituzionale ‘Rapporto Stato – Regioni ed Enti locali’, ciò al al fine di costituire agenzie territoriali interregionali che servano a coordinare e programmare le scelte nonché ad integrare e comporre le esistenti strutture societarie relative ad interporti, aree industriali, distretti, ….;
- procedere alla governance di “corridoio” attraverso l’istituzione del coordinatore di corridoio, come da indicazione U.E., ciò al fine di completare progetti, eseguire nuove opere e/o completamento di tratti ferroviari e stradali, migliorare le connessioni con i porti;
- procedere alla governance portuale attraverso il superamento delle attuali ampio numero delle Autorità portuali in modo da garantire efficienza/efficacia nella regolazione dei servizi, negli interventi di movimentazione e imbarco/sbarco, nella gestione delle aree e portuali e retro-portuali, secondo un principio coerente con la concezione ‘one mission, one company’ e con la rilevanza espressa ogni scalo nel contesto del Mediterraneo e delle reti di trasporto trans-europeo nonché delle relazioni interne;
- procedere alla costituzione di sistemi logistico – portuali, quale dispositivo di governance proposto a partire dal decreto “salva-Italia” e fatto proprio da successivi provvedimenti di riforma della portualità nazionale con l’intento di promuovere una più complessa riorganizzazione dei porti ed intervenire nei retroporti e nei collegamenti infrastrutturali e nella logistica, favorendo l’espansione geo – economica dei sistemi regionali ancorati ai corridoi transeuropei e/o di determinati bacini interni; questo approccio riconosce il porto come il luogo privilegiato di governo di processi di settore e territoriali.
Intervenire sui porti è strategico per il Paese, per elevare la competitività e creare valore e per l’occupazione. Infatti si tratta di uno spazio economico dove si generano effetti moltiplicatori rilevanti, come ad esempio:
- economia del mare, porti e logistica territoriale rappresentano un fattore essenziale a supporto della produzione manifatturiera, poiché è del 20,5% l’incidenza dei costi dei trasporti e della logistica, e ammontano a 12 mld €/a di maggiori oneri per la produzione industriale;
- 1 € investito in porto/trasporto marittimo genera fino a a 2.7 € aggiuntivi di Pil;
- 1 € investito in logistica genera 8 € di Pil;
- 1 unità di lavoro in porto genera 2 unità di lavor extra – porto;
- 1 container movimentato genera 2.300 €/Teu e 42 occupati ogni 1.000 unità;
- dall’abbassamento dell’1% della spesa logistica si generano 9 mld di € di risparmi;
- dal raddoppio dei contenitori (ad esempio se si passa da 410 mila teu a 820 mila teu) si generano 1 mld di € di servizi logistici e 16.000 posti di lavoro;
- dal miglioramento della logistica nella manifattura si possono ricavare molti mln di € da rendere disponibili in miglioramento dei processi produttivi e prodotti.
In definitiva, essere consapevoli e far propria la centralità del Mediterraneo significa per il Paese (e le grandi aree organizzate al proprio interno) voler vincere le sfide competitive di natura globale e partecipare autorevolmente all’economia-mondo. Servono come detto decisioni centrali e decisioni locali che comportano scelte e tecniche di governance attraverso cui far finalmente procedere in un percorso comune la testa, cioè le istituzioni, e il corpo, costituito da imprese, esportatori, creativi, ricercatori e giovani, da tempo proiettato – quasi naturalmente – nella dimensione globale.
Testa e corpo: dilemma non nuovo. Walter Benjamin, nel 1940, riflettendo su un quadro di Paul Klee, intitolato Angelus Novus, osserva l’angelo con le ali distese in procinto di allontanarsi – verso il futuro – da un qualcosa o da rovine – il passato o la catastrofe: “ma [la] tempesta [che] spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.
Mettere in squadra, dunque, le componenti essenziali del sistema, testa e corpo, è una delle principali responsabilità che compete alle nuove classi dirigenti.
* urbanista, Amministratore Unico della ferrovie regionali del Friuli Venezia Giulia
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