LA VERA STORIA DI ALITALIA
– Anni 70 -80: Alitalia è il 7° vettore aereo internazionale, una società di diritto pubblico (come del resto la maggioranza delle aviolinee nazionali in Europa) con alterne vicende e bilanci tra il rosso ed il nero, ma autorevole compagnia di bandiera che ci rappresenta degnamente nel mondo.
– Anni 90: liberalizzaziane del trasporto aereo negli USA, fine del protezionismo con conseguenze in Europa: nascono le prime compagnie private, occorre una revisione delle strategie per affrontare costi crescenti, tariffe in competizione e partnership intercompany per aumentare l’efficienza. Il modello a rete con hub di smistamento diventa il più gettonato ed ogni paese importante ne ha almeno uno. Per l’Italia Linate evidentemente non va bene (non può gestire volumi da hub e non può crescere in dimensioni), Fiumicino non è politicamente corretto (non è in Padania ed il nord ricco in cui cresce la Lega è ansioso di non dipendere da Roma ladrona); si costruisce un hub dedicato in terra padano – quasi svizzera, completo di comunicazioni terrestri, costi che superano i 300 miliardi di lire, la maggioranza spesi sul territorio padano. Ma una grande alleanza internazionale ne garantirà il riempimento, affermano i promotori, politici ed imprenditori.
– Fine 1999: la data di inizio operazioni di Malpensa, dopo essere ritardata di alcuni mesi, viene finalmente rispettata ma le infrastrutture di collegamento ancora latitano; Malpensa è scomodo ed i milanesi preferiscono Linate ed altri piccoli aeroporti per raggiungere le destinazioni volute; le compagnie low cost prendono la palla al balzo e offrono voli punto-punto molto più convenienti. L’accordo con KLM prospettato per creare sinergie tra Malpensa e Schipol viene abbandonato e KLM prenderà a breve la strada dell’incorporazione in Air France. Grande occasione persa, come facciamo a far crescere Malpensa? AirOne comincia a rosicchiare quote di mercato ad Alitalia sulla tratta Roma – Milano Linate.
– 2000-2001: piano Alitalia-AirFrance-KLM di fusione, concordato tra le compagnie. Alitalia otterrà il 35% del pacchetto azionario finale, il gruppo sarà il terzo a livello europeo. Le immense spese per la costruzione di Malpensa sono state sostenute dalla Comunità Europea e dallo stato italiano negli anni precedenti (prima e durante gestione Prodi dopo ribaltone – forse era meglio per la Lega stare con il centrosinistra per qualche anno, chissà perchè). Berlusconi dice NO ed il piano va a monte. Ma ormai l’aeroporto (e la frittata) è fatto, ma con cosa lo riempiamo? Occorre che Alitalia rimanga a Malpensa per qualche anno a tutti i costi (dei contribuenti, ma non importa).
– 2002-2003: crisi del trasporto aereo post 9/11 – che tegola! Alcune compagnie chiudono, molte ristrutturano e/o si aggregano, Alitalia continua a bruciare cassa ma adesso c’è una scusa in più (il mercato va male) per non ottenere risultati nel risanamento. Gli altri (vettori esteri) hanno capito che a breve-medio termine potranno negoziare una fusione o un acquisto da una posizione molto vantaggiosa. Grazie alla crescita delle low-cost, il modello punto-punto si impone sul modello hub almeno per il medio-breve raggio: Alitalia si trova a competere con le low cost sulla maggior parte delle tratte, avendo tagliato pesantemente quelle intercontinentali.
– 2004-2006: occorre una ricapitalizzazione con soldi pubblici, più di un miliardo di €: durante il governo Berlusconi, Mengozzi e Cimoli si comportano da pre-commissari, tenendo d’occhio i bilanci senza colpo ferire. Era forse quello il momento di far partire tenendo un’asta pubblica, visto che i bilanci erano un minimo decenti.
– 2007-Marzo 2008: il governo Prodi lancia una gara internazionale per l’acquisizione della maggioranza di Alitalia. Solo AirFrance-KLM presenta un’offerta seria per l’acquisto della compagnia; le altre, tra cui quella di AirOne, sono inconsistenti: AF offre 1.7 miliardi di euro con COPERTURA TOTALE dei debiti del vettore e 2100 esuberi. La campagna elettorale di inizio 2008 ruota attorno alle dichiarazioni di Berlusconi su un salvataggio molto meno oneroso per la compagnia. Air France fiuta puzza di bruciato e scappa. Il governo entrante chiede a Prodi di ricapitalizzare con 300 M€; si tratta di un prestito ponte, ma il nuovo governo la trasferisce in conto capitale.
– Giugno-Settembre 2008: dopo un paio di mesi estivi di suspence per la preparazione del colpo finale, gli imprenditori italiani salvatori delle patrie aviolinee escono allo scoperto e Berlusconi supporta la (s)cordata CAI piena di aspettative per affari futuri con lo Stato italiano. Il piano: oltre 6000 (?) esuberi, copertura completa dei debiti da parte dei contribuenti, prendere o lasciare con lo spettro/ricatto del fallimento. Banca Intesa supporta l’offerta che oggettivamente sembra un affarone. Perchè tutto vada in porto basta che non vi sia altra scelta ed i tempi stringano. CAI ha questa opzione di giocare da sola ma ha il fiato di Berlusconi sul collo che ci si è giocato un pò di reputazione, anche loro se fossero stati liberi sul mercato avrebbero fatto come AirFrance e Lufthansa (e gli altri compratori potenziali, es: Aeroflot); spariti in attesa della fine. Business is business.
– Oggi: ma che disastro! Qualcuno si rifiuta di farsi mettere con le spalle al muro, incredibile! Di chi è la responsabilità della situazione? Della CGIL e dei piloti? No è sua, del Berluska (capo degli imprenditori che non vogliono il mercato) e dei suoi colleghi che dal post tangentopoli hanno messo le mani sulle aziende a partecipazione pubblica gestendone le privatizazioni con il permesso di politici della sponda opposta non troppo agguerriti (per utilizzare un eufemismo). Alcune sono andate in porto, altre no, ma tutte hanno fatto la fortuna dei protagonisti, i lungimiranti imprenditori italiani (Beppe Grillo aggiungerebbe: con le pezze al culo). E se tutta la CAI si prendesse AirOne (finalmente Totò, ops Toto riuscirebbe a risolvere i suoi problemini e non dovrebbero essere i cittadini a farlo) i cavalieri coraggiosi avrebbero finalmente la loro bella linea aerea tutti insieme, ripianandone i debiti e viaggiando in prima classe a loro spese. Per loro il rapporto costi/benefici dell’affare Alitalia si è alzato molto in questi ultimi giorni e, insieme al clima finanziario globale deterioratosi, il rischio non vale più la candela. Che si spegne lentamente ma inesorabilmente.
Michele Cipolli
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