LA NUOVA FRONTIERA ENERGETICA
OPEN PAPER – ENERGIA, 12-06-2008 (Redatto da Gabriele Mariani)
La crisi delle risorse energetiche tradizionali, per ora solo annunciata, ma abbastanza vicina anche nelle attuali aspettative di vita, ha già effetti pesanti per i nostri consumi.
La “grandiosità” del problema aggredisce le nostre coscienze e ci impedisce di vivere come prima, anche se cerchiamo ostinatamente di credere, in termini personali ed egoistici, che si troverà una soluzione, e che le nostre condizioni di vita non muteranno. Tuttavia, anche se gli effetti sul piano pratico non incidono ancora in modo definitivo sul nostro stile di vita, cresce dentro di noi il malessere e il timore di svegliarci un giorno in un mondo diverso.
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Non si possono rimandare le scelte.
Occorre farsi carico dei problemi.
I problemi di chi ricerca uno sviluppo delle condizioni sociali ed economiche che sia portatore di benessere in un contesto favorevole e rassicurante.
La conoscenza delle nuove frontiere delle tecnologie, la ricerca di obiettivi sfidanti.
Occorre sacrificare la ricerca di tranquillità e di sicurezza nel breve termine, puntando agli interessi delle generazioni a venire.
L’egoismo dei paesi progrediti porta a spendere tutti gli obiettivi della politica e dell’economia al sostegno del nostro attuale benessere. Le possibili conseguenze negative sulle generazioni future già si avvertono, ma non si affrontano con serio impegno.
Infatti gli ultimi due secoli di sviluppo delle condizioni di vita sul nostro pianeta, e in particolare l’accelerazione del secolo scorso, hanno richiesto l’impiego di enormi quantità di energia, e comportano ora la prospettiva di un rapido esaurimento delle fonti tradizionali di sviluppo e di benessere, sostanzialmente di origine fossile. Tutto ciò anche per l’uso sfrenato e poco efficiente di questa energia, spreco che è causa ormai universalmente riconosciuta del surriscaldamento del globo terrestre e del danno ecologico conseguente.
A coloro che non credono o non vogliono credere alle cause di questa situazione di crisi danno una risposta le leggi della termodinamica, che sanciscono che, pur essendo l’energia una costante,a causa della eccessiva dissipazione si può arrivare a comprometterne l’equilibrio. Intendendo come equilibrio quello fra l’apporto dell’energia dal sole e il processo di conversione della natura, che per millenni ha stabilito condizioni favorevoli allo sviluppo della vita animale e vegetale sulla crosta terrestre. E ne deriva un disordine che può avere conseguenze che, misurate sui nostri tempi di vita, rischiano di essere devastanti e irreversibili.
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I paesi che soffrono delle condizioni di sottosviluppo tentano di “rompere” la volata dei paesi ricchi. Paradossalmente chi ha meno certezze ha anche più coraggio, o ha la forza della disperazione, ed è quindi più disposto a rischiare a breve termine. La disponibilità di grandi quantità di energia è essenziale nella lotta contro la fame .Ne consegue ad esempio l’uso sfrenato tal quale(ovvero senza trattamenti adeguati che ne limitino le caratteristiche inquinanti) di energia di natura fossile, quale il carbone, disponibile ancora in gran quantità nei paesi in via di sviluppo. Ma il disastro e la beffa sono ancor più grandi quando si incentiva l’uso di prodotti dell’agricoltura per fabbricare carburanti sintetici .
Lo stato di arretratezza e la necessità di sviluppo può comportare da parte di questi popoli un uso improprio delle risorse, e diventare una minaccia per coloro che li hanno sino ad ora sopravanzati. Ed oggi per uso improprio è da intendersi anche quello su vasta scala di idrocarburi, petrolio, carbone e gas, le maggiori cause di una produzione enorme di gas tossici e di CoDue, che la natura non riesce più a riciclare. La possibilità di “catturare” la CoDue e reiniettarla nel sottosuolo è una soluzione che l’uomo sta studiando, ma che, sia dal punto di vista tecnico che economico, non trova per ora larga applicazione. Forse potrebbe trovarla se imposta o favorita da un contributo economico.
Così paesi come la Cina o l’ India nel migliore dei casi, o l’Iran e Pakistan nel peggiore, diventano in prospettiva mine vaganti.
La natura a lungo termine porrà rimedio a questo disordine, come ha già fatto in altre situazioni nei millenni trascorsi, ma della nostra civiltà, o di parti di essa, potrebbero rimanere solo dei segni. E’ quanto è già accaduto per delle civiltà di cui si ricercano i motivi della sparizione, genericamente da ricondurre comunque al rapporto non corretto e irrispettoso dell’uomo con la natura.
Quindi la prima esigenza è quella di promuovere lo sviluppo su vasta scala sull’intero pianeta di nuove risorse energetiche alternative alle risorse fossili e rispettose della natura
E questo oggi è possibile solo con l’energia nucleare.
Già la dimensione delle attuali carenze e/o delle esigenze prossime future giustifica la necessità di non rimandare più a lungo l’impiego di tecnologie che ormai hanno raggiunto un elevato livello di sicurezza, quali il nucleare di terza generazione, come dimostra l’esercizio, nella maggior parte dei casi da oltre vent’anni, di oltre 200 centrali in Europa e 500 nel mondo, con le migliorie nel frattempo intervenute nei progetti.
Contemporaneamente sviluppare gli studi e le applicazioni della quarta generazione, potenzialmente meno impattante dal punto di vista del combustibile(torio al posto di uranio arricchito) e meno inquinante dal punto di vista delle scorie tossiche. Il prototipo andrà in esercizio fra poco e si parla di venti o trent’anni di tempo necessari per mettere a punto il progetto su grande scala.
Sospendere quindi la realizzazione di centrali di terza generazione non è possibile, perché molte di quelle in esercizio stanno per chiudere il loro ciclo di attività ottimale di progetto (trent’anni circa). Aspettare significa continuare a incrementare l’uso di combustibili fossili.
Non c’è nulla tuttavia che l’uomo abbia scoperto, inventato, o solamente intuito in una certa epoca che non possa essere valorizzato come un elemento che va ad aggiungersi al miracolo della nascita e dello sviluppo dell’universo. Perché non esiste in natura il buono e/o il cattivo in assoluto, ma è l’uso che l’uomo fa delle risorse che le qualifica .E questo deve valere a maggior ragione per una risorsa così “grandiosa “ come l’energia fornita dall’atomo.
Compito di coloro che veramente vogliono farsi garanti di uno sviluppo che, mirando alla salvaguardia del nostro futuro, voglia combattere le ingiustizie e diminuire le distanze fra lo stile di vita degli uomini, è quello di non trascurare ogni chance che miri alla globalizzazione del processo. Negare una possibilità a qualcuno in nome della sicurezza di pochi significa coltivare l’odio e la ribellione.
Perseguire questi obiettivi significa abbattere le frontiere e stimolare la cooperazione allo sviluppo.
Non è solo generosità,ma è lungimiranza .Da soli si sopravvive ma non si salvano le generazioni future. Ogni tonnellata in meno di CoDue prodotta a casa nostra può avere un effetto insignificante se non contribuiamo a far sì che se ne producano cento, mille in meno in India e in Cina. Perché tale sarà il rapporto dettato dallo sviluppo fra le nostre esigenze e quelle di questi paesi entro i prossimi vent’anni.
Ma veniamo all’Italia .
Rispetto agli altri paesi europei noi abbiamo un forte gap da recuperare.
Al momento attuale infatti, a causa dei ritardi e degli sbandi della nostra politica energetica dopo l’esito del referendum sul nucleare alla fine degli anni ‘80 , dobbiamo importare dall’estero circa il 15% per cento dell’energia attualmente necessaria al benessere del paese, con la previsione di un incremento straordinario dei consumi solo nei prossimi vent’anni, senza una seria politica e un’educazione al risparmio. E il mezzo più pratico e veloce è ricorrere all’energia nucleare.
E’ un rischio calcolato, perchè la scelta, in fondo, se vogliamo essere sinceri, l’hanno già fatta per noi quei paesi , come Francia e Svizzera, che hanno realizzato una catena di centrali nucleari ai nostri confini .Centrali che ci forniscono l’energia che ci manca e di cui non possiamo, per ora almeno, fare a meno.
E allora…………………..come si può convincere coloro che vivono nel ricordo dell’effetto devastante dell’energia sprigionata dall’atomo per usi non pacifici ?
Non esistono elementi definitivi per dare le garanzie che la gente si aspetta, se non in termini di statistiche di un numero limitato di incidenti, dopo Cernobyl, con effetti molto limitati, se confrontati fra l’altro con altre situazioni incidentali che affrontiamo nella vita di ogni giorno accettandoli senza riserve.
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Ciò non significa rinunciare alle risorse energetiche rinnovabili, anche se non se ne può sviluppare l’impiego in modo concentrato e su grande scala, come occorre negli impianti di produzione di E.E. al servizio delle grandi comunità, e anche se i costi per kilowattora prodotto sono al momento fra i più alti.
Occorre devolvere contemporaneamente adeguate risorse per lo sviluppo e le applicazioni di nuove tecnologie per lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili che possano fare da cuscinetto, o diversificare l’uso delle risorse.
Ma trovare le risorse economiche e/o gli incentivi in Italia è più gravoso, stante l’attuale già alto costo dell’energia. E’ possibile ed è quasi doveroso per quei paesi che hanno affrontato il rischio delle centrali di terza generazione anche dopo Cernobyl. Perché hanno usufruito dei vantaggi dei bassi costi dell’energia e, al termine quasi di questo ciclo e in attesa dei progetti meno impattanti degli impianti di quarta generazione,hanno risorse economiche da impiegare nello sviluppo di queste tecnologie.
In questo contesto in Italia devono trovare spazio l’impiego delle energie rinnovabili anche su scala ridotta e sul piano locale, ovunque l’entità della domanda ne giustifichi l’impiego, incentivandone l’applicazione con l’uso di sgravi fiscali e/o di finanziamenti agevolati.
Le tesi più ardite degli oppositori a questo tipo di politica energetica sono che tali problemi e le scelte conseguenti potrebbero essere vanificate nei prossimi anni dallo sviluppo dell’efficienza e del risparmio, con la conseguenza che i consumi nei prossimi vent’anni potrebbero rimanere stabili o non incrementarsi in modo significativo, favorendo una transizione più graduale e tranquilla, ovvero senza gravi rischi di “black out”, all’impiego delle energie rinnovabili, e alla messa a punto dei progetti nucleari di quarta generazione.
Questa tesi non va sicuramente trascurata né dai Governi né da tutte le forze politiche,che devono stimolare i comportamenti virtuosi, attraverso leggi che favoriscano e/o puniscano tali comportamenti . Perché incrementare l’efficienza negli impianti e nelle costruzioni comporta gravi costi, almeno nel breve termine.
Ecco perché occorre pretendere che ciò avvenga al livello più elevato del governo del paese, che possa farsi carico della impopolarità della cosa .Ma si auspica che ciò parta ancora più in alto, dalle organizzazioni internazionali, quali ONU ed UE.
A qualcuno vorremo pur credere……………
Ma ciò è ancor più necessario, perché è possibile che non tutte le informazioni sulle vicende che accompagnano la nascita e la vita degli impianti che trattano uranio vengano diffuse in modo trasparente, almeno quando riguardano “mancati incidenti”, finché rimangono tali.
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Non esiste certezza, la sola soluzione è che la corsa allo sviluppo non ci esima dall’obbligo civile di fare ordine nel modo di operare di casa nostra, sviluppando la nostra educazione all’uso corretto delle risorse, parlandone in casa, nelle scuole e in ogni occasione pubblica.
Sviluppare una gara fra coloro che accettano ogni rischio pur di limitare i danni di uno sviluppo senza freni e coloro che ancora credono nella possibilità che l’umanità sappia darsi delle regole.
10/06/2008
CONSIDERAZIONI SULL’EUROPA
Una riforma federalista che si doveva fare prima di allargare l’Europa comunitaria.
di Riccardo Sani
Parte di politici ed di attenti osservatori del processo di integrazione politica dell’Europa ritiene che l’allargamento dell’Unione Europea non sia efficaciemente realizzabile con le attuali istituzioni, assolutamente carenti nelle competenze e quindi inutile se non controproducente per una vera integrazione politica.
In effetti , se non vogliamo usare volutamente il paraocchi, organi e meccanismi decisionali, già oggi in difficoltà, impostati per governare allora “un’Europa a SEI” non possono correttamente funzionare per un organizzazione con 27 stati membri.
Le istituzioni dell’Unione sono già del tutto incapaci di gestire i problemi che devono affrontare, specie in politica estera ed armonizzazione fiscale, e che, con l’avvento dell’EURO, sono aumentati in modo esponenziale !
I numerosi incontri al vertice dei massimi esponenti istituzionali europei, per concordare sulla ormai da tempo superata proposta intergovernativa di Giscard d’Estaing, non avevano partorito nulla di risolutorio per rimediare a tutto ciò. Dopo la bocciatura di Olanda e Francia il panorama era decisamente nero.
Le riunioni successive sono sfociate nel concordato di Lisbona, ora all’approvazione dei singoli stati europei, avevano sollevato molte aspettative ma purtroppo nell’ambiente aleggiava chiaramente lo scontro fra spirito e concetto intergovernativo e spirito e concetto federalista. Ed anche questa volta il risultato è demoralizzante in quanto lo spirito intergovernativo ha vinto ancora.
In realtà politica estera ed interna imporrebbero fin da ora e con estrema urgenza di fare fronte al deficit democratico che l’Unione Europea presenta ! Un Parlamento europeo con reali competenze legislative, una Commissione europea, eletta dal Parlamento, trasformata in un vero governo esecutivo, un Consiglio dei ministri, attuale rappresentante della più deprimente situazione intergovernativa, strutturato come un Senato della Federazione, sono necessari come il pane quotidiano .
L’evidenza del deficit democratico è tale da dispensare di fornire qualsiasi prova in merito ed è facile affermare che la situazione di stallo è da addebitare ai politici europei di vertice, gelosi detentori e conservatori dei loro egoismi e poteri nazionali, e non certo alla popolazione europea.
Occorre pure sottolineare che accanto alla mancanza di una vera visione strategica da parte dei massimi esponenti politici dei vari paesi esiste una sorda e tenace resistenza da parte delle burocrazie degli stati nazionali che dopo la moneta unica non vogliono perdere altre fette di sovranità a favore di Bruxelles.
D’altra parte la moneta unica contiene in sè un enorme potenziale acceleratore del processo di riorganizzazione delle realtà economiche europee per quanto riguarda i criteri di maggiore concorrenza e di superamento dei monopoli nazionali.
Purtroppo questo potenziale è stato limitato dalla lentezza con la quale si muovono i singoli Governi che considerano ancora alcuni settori “di importanza strategica”, in un panorama che è ormai completamente diverso. Se a tutto ciò aggiungiamo l’incapacità a risolvere i temi del welfare che servono per procedere ad una ricollocazione delle risorse di capitale e lavoro in settori con maggiore produttività, ecco chiarita una ulteriore limitazione del potenziale EURO.
Occorreva quindi impegnarsi una buona volta sulla strada che porta all’allargamento ma facendola precedere da una proposta di riforma istituzionale di carattere federalista dell’Unione che permetta di funzionare poi nel nuovo contesto !
Molti se ne rendono conto ma pochi sono coscienti dell’importanza della posta in gioco, specie fra le file di molte formazioni politiche . Purtroppo il lieder Veltroni appare pressochè insensibile al problema. Berlusconi lo era ancor più in precedenza.
E’ essenziale rendersi conto che il sistema intergovernativo attualmente operante è giunto al capolinea e ci si trova volente o nolente , davanti alla necessità di un salto di qualità finale che è quello del trasferimento della sovranità, per un certo numero di competenze, dagli stati-nazione ad una Federazione Europea.
Non esito a dire che ciò è l’unica condizione per evitare il rischio della dissoluzione di quanto già costruito, tenendo anche conto che la globalizzazione sta svuotando progressivamente questi stati europei di molti poteri. Sarebbe ridicolo da parte dei governi un arroccamento su sovranità nazionali ormai irreversibilmente destinate ad una forte limitazione in presenza della situazione mondiale. Bene pubblico, tutela della sicurezza, benessere e dignità nell’ambito internazionale impongono il salto di qualità.
Bisogna difendere il primato della politica ma ristabilendola in un contesto europeo affinchè essa non sia soltanto una vuota parola.
Tutto questo non comporta la perdita di valori linguistici, culturali e morali.
Al contrario questi trarrebbero vigore dal fatto che verrebbero sostenuti in un ambiente politico stabile all’interno europeo e forte nei rapporti internazionali.
Mi pare quindi logico affermare che tutto ciò non sia concepibile nell’ambito di un semplice allargamento dell’Unione e potrebbe realizzarsi solo in un ambito dove il grado di interdipendenza sia forte e la maturità di un opinione pubblica, grazie all’esperienza fin troppo lunga del processo di integrazione, sia maggiore. Perciò una ipotesi logica e proponibile ancora appare quella che solo i paesi che lo desiderano potrebbero formare il nucleo federale all’interno dell’Unione, a partire dal quale si svilupperebbe poi probabilmente una grande federazione che comprenda gli altri paesi. Ricordiamo a proposito la storia degli Stati Uniti d’America ed il progetto per la creazione di un primo nucleo duro aperto poi a tutti dell’ex presidente della Germania Kohl.
Nb: Giunge ora la notizia della bocciatura del Trattato di Lisbona da parte dell’Irlanda !!!
Questo è il risultato di avere volutamente ignorato il popolo europeo e non avere voluto proporre una autentica Costituzione federale dell’Europa da parte dei primi ministri di questi superatissimi staterelli europei e dalla grande maggioranza dei vertici dei partiti che vivono ancora nella miseria intellettuale e culturale di un egoismo di potere nazionalista che ci condanna all’impotenza nel mondo !!!
IL DISCORSO DI OBAMA
LA CLINTON CON OBAMA!
IL FUTURO NELLA CLEAN ECONOMY
E’ impossibile non scrivere qualcosa su quello che in questi ultimi giorni si legge dai media, sull’ andamento dei mercati finanziari, dei prezzi del petrolio e delle materie prime, e della recessione che sta colpendo, a partire dagli Stati Uniti, tutto il mondo Occidentale.
Tutti questi accadimenti hanno un filo comune: la “tardiva” (per scelta?) constatazione, da parte dei mercati, delle istituzioni e dei cittadini, che il mondo è “limitato” nelle sue risorse naturali, e quindi nella sua crescita.
Tutti questi accadimenti sono, però, anche “acceleratori” di quel processo di transizione verso la Clean Economy che da tempo aspettavamo, e di cui ho provato a scrivere l’anno scorso (“La finanza si muove verso le Green Technologies” ).
Una cosa non riesco a comprendere, però: perchè realizzare così tardi quello che da tanto tempo si sapeva, nel mondo delle istituzioni?
Nel momento in cui la Globalizzazione prendeva piede, era evidente che, esaurita la positiva spinta competitiva, la domanda (di risorse naturali e, quindi, di beni e servizi) sarebbe cresciuta velocemente rispetto all’offerta, comportando, nel tempo, un PREZZO elevato.
La domanda è: era questo della “crescita infinita” un modello di sviluppo irrinunciabile per il nostro Pianeta, 20-30 anni fa?
O era possibile “sceglierne” un altro, più equilibrato e rispettoso dei limiti che la Natura impone, una Clean Economy appunto?
Massimo Preziuso
LA DEMOCRAZIA DI CALIGOLA
di Pierluigi Sorti
Forse i cittadini dabbene pensano che i nostri parlamentari europei si stiano cimentando con i grandi temi della sopravvivenza del pianeta, con l’ applicazione dei trattati di Kyoto, con lo spettro della fame del mondo, con la politica monetaria della Bce e l’ aumento del prezzo della benzina ?
No, in questi giorni il problema che li assilla è la legge che regolerà le elezioni europee di primavera del prossimo anno. Perché sembra che gli orientamenti si ispirino al vecchio detto contadino per il quale il maiale può essere sfruttato in tutte le sue parti ……
Cioè, si congettura sull’ estensione dei criteri del “porcellum” anche alle elezioni europee, i cui principi ispiratori si dovrebbero rifare a una visione strettamente proporzionalista. Di fatto, almeno. Ecco infatti i canoni ispiratori che le camere, con spirito bipartisan, si appresterebbero ad applicare : riduzione a dimensioni solo regionali delle circoscrizioni elettorali; clausola di sbarramento delle liste a una quota minima del 3% ; liste bloccate e conseguente abolizione del voto di preferenza.
Chi ne ha voglia, può divertirsi a prefigurare quali potranno essere i destini delle formazioni politiche di centro, di destra e di sinistra: prospettive, per le ali estreme, quasi di pace cartaginese.
Singole liste si troverebbero di fronte all’ alternativa di rischiare la loro scomparsa o subire l’ infeudamento nelle liste maggiori. Si possono, tristemente, ipotizzare disponibilità di singoli esponenti ad essere ospitati, con posizione formalmente decorosa, in liste compiacenti.
Insomma il sistema politico rappresentativo nazionale, inconsciamente, troverebbe una sua adeguata definizione nella cinica minaccia dell’ imperatore Caligola di voler procedere alla nomina senatoriale del suo cavallo.
Non esistono più anticorpi democratici alla deriva delle corporazioni politiche nazionali ?
OBAMA CANDIDATO DEMOCRATS
Ed arrivano belle notizie democratiche dagli Stati Uniti.
Sembra che, dopo la vittoria delle Primarie democratiche oggi assegnata ad Obama (futuro Presidente degli Stati Uniti!!), la Clinton stia pensando di farne la Vice.
Sarebbe davvero bello vedere, insieme, due innovazioni – rivoluzioni avvenire proprio nel Paese che oggi, più di tutti, ha bisogno di uno “slancio nuovo”.
Una coppia di Genere – Generazione – Cultura come quella Obama – Clinton rappresenterebbe, a mio avviso, l’avvio di una Nuova Epoca che, pian piano, sta arrivando anche da noi, in Europa ed in Italia.
Bisognerà, in quest’ultimo caso, solo avere la calma ed attendere ancora un po’.
O forse è il mio solito ottimismo, senza fondamenta?
Vedremo.
Massimo Preziuso
“MADIA” INTERROGA “GELMINI”
Aumentare le borse dei dottorandi. Interrogazione a Gelmini .
I dottorandi e i dottori di ricerca sono una risorsa vitale per il paese, rappresentano il futuro della ricerca scientifica, l’innovazione, la competenza”, ma “da otto anni la borsa di dottorato e’ ferma, in Italia, a circa 800 euro.
Una somma insufficiente per le esigenze minime di un giovane ricercatore, soprattutto in una fase di aumento del costo della vita”. Lo sottolinea Maria Anna Madia, deputata del Pd e componente della commissione Lavoro che, su questo tema, ha presentato una interrogazione al ministro dell’Universita’ Mariastella Gelmini, per sapere se il governo intenda mantenere l’impegno assunto con la precedente Finanziaria e disporre il necessario decreto che aumenta gli importi minimi.
“Con la Finanziaria 2008 il Parlamento, per la meritoria iniziativa bipartisan del senatore Valditara, ha votato l’aumento dell’assegno di dottorato a 1000 euro- ricorda, infatti, Madia- Chiedo un preciso impegno del governo a mantenere l’aumento in misura permanente. Si tratta di un primo importante passo per lo sviluppo della societa’ della conoscenza e del suo capitale umano, che va nella direzione del merito e dello sviluppo economico del paese”.
RISORSE ENERGETICHE NEL ‘2000
di G. Mariani
Una riflessione leggera,come il volo di una farfalla,senza numeri e conclusioni, che vuol essere solo una presa di coscienza dei problemi più gravi non solo per lo sviluppo, ma per la sopravvivenza.
Un invito a maturare una posizione, che accetti il rischio di mettere in gioco tutto quello che è stato conservato con tanta cura e con tanto amore, per un amore più grande per l’umanità.
La domanda e l’offerta di energia saranno i problemi principali, assieme a quelli dei trasporti e delle comunicazioni, dei prossimi anni, in mancanza di una pianificazione adeguata ed idonea ad evitare forti carenze.
E ciò in relazione anche al risveglio economico e al forte tasso di sviluppo sociale e industriale in atto in quei paesi che per decenni sono stati relegati ai margini, accontentandosi di sopravvivere e/o di vivere di luce riflessa dai paesi ricchi.
E il colonialismo politico ed economico delle nazioni che, per cultura o per una felice posizione geografica, hanno imboccato per prime la via dello sviluppo, monopolizzando per decenni i consumi dell’ energia e appropriandosi delle fonti, dovrà ora fare i conti con i mercati esterni che loro stessi hanno sviluppato, e che, migliorando il proprio stile di vita, incrementano i propri consumi.
L’ impiego delle fonti ha dato la precedenza sino ad ora agli idrocarburi, le fonti a più alta concentrazione energetica e più disponibili e manipolabili in modo pratico ed economico, oltre che in modo più sicuro e meno inquinante, se trattati in modo appropriato; lasciando ai margini lo sfruttamento di altre risorse energetiche altrettanto disponibili in gran quantità, ma meno redditizie e pratiche ed efficienti nell’uso, quali il legno e il carbone.
La conseguenza è stata che l’incremento nel consumo di idrocarburi è stato talmente rapido ed imponente da costringere i produttori a limitarne la produzione , onde contenere la riduzione delle scorte, nonostante la costante ricerca e il ritrovamento continuo di nuovi giacimenti.
Questa è una grande carenza di programmazione ,che non incoraggia un uso diversificato e legato alla disponibilità e alla localizzazione delle risorse, e ai rapporti fra paesi produttori e paesi consumatori.
E poi grave sarà nelle conseguenze economiche e sociali , il rifiuto, per ragioni politiche e o ideologiche, dello sviluppo di nuove tecnologie per lo sfruttamento di risorse disponibili in notevoli quantità e concentrate quali l’energia nucleare, anche se considerate ancor oggi potenzialmente più pericolose e/o nocive. Tali ideologie ,motivate nel breve, devono comunque fare un passo avanti e modificare la propria attitudine per evitare che di queste risorse si facciano degli usi impropri.
Promuovere pertanto un patto di garanzia patrocinato dalle organizzazioni internazionali che garantisca nel presente una ricerca comune e controllata e, nel futuro, un impiego corretto e la disponibilità diffusa e generalizzata per usi pacifici.
Occorre che alla scienza vengano tolti i veti che, come la storia insegna,non hanno mai funzionato.
Altrimenti il possibile bene derivante dalla ricerca e dall’impiego sarà un beneficio di cui come al solito si approprieranno principalmente i paesi ricchi, contrastati dai paesi più poveri e assillati dal sottosviluppo.
Molti giustificano tale rifiuto per dare impulso per converso in modo più deciso allo sfruttamento di risorse alternative non inquinanti( quali il solare, l’eolico, il fotovoltaico , le biomasse etc.).Ma l’impiego di tali risorse su larga scala richiede situazioni culturali e geografiche particolari, quali la gestione diretta, su scala domestica e/ o di piccole/ medie comunità, di impianti locali, con bassa concentrazione di energia ed esigenze più limitate e non continuative .L’alta concentrazione nella produzione dell’ energia e la disponibilità più continua sono viceversa a favore della sicurezza e dell’ economia dell’ uso del combustibile e della gestione .
E poi ci sono le ricerche in campi non ancora sufficientemente maturi e,allo stato attuale, con grossi limiti allo sfruttamento commerciale, quali la fusione termonucleare o l’impiego dell’idrogeno, che comunque non ricevono l’ impulso che meriterebbero data anche la scarsa collaborazione fra i paesi industriali.
Al di là dal voler essere esaustiva questa introduzione vuole solo significare che la cultura e la sensibilità degli abitanti dei vari paesi”assetati” di energia determinano, di volta in volta, l’attitudine all’incremento e allo sfruttamento di risorse su basi assolutamente non scientifiche e non economiche, come avviene spesso nei paesi più ricchi, o viceversa su basi non ecologiche e non rispettose della natura , come avviene spesso nei paesi più poveri. Così avviene in Italia per il gas metano , mentre in Cina si allagano intere regioni per dare luogo allo sfruttamento in modo semplice ma devastante dell’energia idraulica.
Occorre che le politiche di sviluppo vengano formulate e condivise in modo più allargato, come si sta cercando di fare creando una cultura in Europa, perchè con una maggiore uniformità di comportamenti si eviti che ci siano paesi che sopportano i danni dello sviluppo non controllato esportato da altri che ne godono i benefici maggiori.
Cerchiamo allora con il nostro esempio di creare nei nostri figli una coscienza diffusa e equilibrata che miri prima di tutto ad eliminare lo spreco, e poi a generare comportamenti virtuosi nell’uso delle risorse che possano salvaguardare lo stile di vita con l’ amore e la cura dell’ ambiente .