Innovatori Europei

Significativamente Oltre

G8 E FUTURO NEL MEDITERRANEO

A distanza di un giorno mi tocca modificare le considerazioni scritte ieri.

Sembra che il G8 di Hokkaido NON verrà ricordato MOLTO positivamente, ma pur sempre rappresenta un ulteriore passo in avanti verso il lento ma, alla fine, raggiungibile lo Sviluppo Sostenibile del Pianeta.

Tre i punti salienti, nei primi due giorni:

1) Barroso propone come UE la creazione di un Fondo per l’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo

2) Un impegno (poi sfumato, causa opposizione cinese) dei Big 8 di attuare una riduzione del 50% delle emissioni nocive entro il 2050

3) Il diniego di India e Cina (ed, in genere, del gruppo dei 5 emergenti invitati all’ultima giornata di oggi del G8) a dare ai proprio Paesi, energivori e vogliosi di uno sviluppo “incontrollato”, a partecipare ad un impegno “formale” di Tempi (2050) e vincoli (-50% di riduzione)

A queste tre importanti (e contrastanti) notizie si affianca, però, il passaggio in secondo piano della situazione del Continente Africano.

A giorni vi è l’incontro tra Zapatero, Sarkozy e Berlusconi per l’avvio dei lavori dell’Unione Mediterranea: argomento centrale, fortemente collegato a quello dello sviluppo (energetico) sostenibile, e che diventerà sempre più (mi auguro) centrale nei dibattiti sul futuro delle politiche europee, e non solo.

Dopo l’avvenuto Start Up delle economie dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), il continente africano rimane l’unico assente nella scena di un mondo globalizzato.

Vi è ora la possibilità e la necessità di puntare sull’AFRICA attraverso politiche di sviluppo sostenibile, che coniughino sviluppo culturale, politico ed economico, attraverso la leva centrale dell’ ENERGIA PULITA (come indicato da UM, appunto).

E’ importante, per arrivare a questo, che in Europa, in Italia, e in gruppi come Innovatori Europei, si inizi a diffondere una nuova cultura Euro – Mediterranea.

Ne parlavo poc’anzi con amici: ma è mai possibile che l’Europa, dopo essersene allontanata, non senta una attrazione naturale per il vicino mondo mediterraneo?

Per questo il Gruppo IE Europa si sta dedicando allo studio di questo fenomeno complesso e affascinante.

Aspettiamo il contributo di tutti.

A presto,

Massimo Preziuso

IL NUOVO SHOCK PETROLIFERO

di Francesco Giavazzi

«La penuria si fece subito sentire, e con la penuria il rincaro. Ma quando questo arriva a un certo segno, nasce l’opinione che non ne sia cagione la scarsezza. Si suppone tutt’a un tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal non vendersene abbastanza: supposizioni che non stanno né in cielo, né in terra; ma che lusingano a un tempo la collera e la speranza. … La moltitudine attribuiva (il rincaro) alla debolezza dè rimedi, e ne sollecitava ad alte grida dè più generosi e decisivi. E per sua sventura, trovò l’uomo secondo il suo cuore … il gran cancelliere Antonio Ferrer».

Prima ci svegliamo dall’illusione che la crisi che ha colpito le economie dell’Occidente sia colpa di qualche «untore», meglio è. Ciò che è accaduto è purtroppo molto semplice e ha poco a che vedere con la globalizzazione, le banche, la speculazione. Il prezzo «reale» del petrolio (cioè quante ore dobbiamo lavorare per acquistarne un barile) è aumentato in un anno del 150%, più meno come ai tempi della grande crisi petrolifera alla fine degli anni Settanta. Olivier Blanchard, il capo economista del Fondo monetario internazionale, stima che l’effetto sarà un rallentamento della sola economia americana del 4% in due anni. Questo assumendo che il prezzo si stabilizzi ai livelli attuali, poco sotto i 150 dollari. Ma il signor Miller, presidente di Gazprom, uno dei maggiori produttori di gas e petrolio al mondo — quindi una persona che ha qualche influenza sui prezzi — ha detto che non sarebbe sorpreso se il prossimo anno raggiungesse i 250 dollari.

Così come accadde trent’anni fa, il nuovo shock petrolifero significa che dovremo trasferire più reddito ai Paesi produttori. Allora cercammo di evitare il trasferimento con la rincorsa tra prezzi e salari spingendo l’inflazione sopra il 20%. Fu un’illusione che ci costò cara: alla fine pagammo due volte, prima per il petrolio, poi per ridurre l’inflazione. Ha fatto quindi bene ieri la Bce ad alzare il tasso di interesse e così segnalare che non ripeterà gli errori compiuti dalle banche centrali trent’anni fa. C’è un solo modo per evitare che il trasferimento ai Paesi produttori ci impoverisca: produrre di più. Ma per vendere a chi, se i nostri redditi sono destinati a scendere? Lo shock petrolifero degli anni 70 spinse il mondo in recessione perché trasferì enormi quantità di reddito a Paesi (in primis l’Arabia Saudita) che, anziché spendere la nuova ricchezza, la risparmiarono: i consumi mondiali crollarono.

Oggi ci sono due differenze importanti e due motivi di speranza. Innanzitutto alcuni nuovi produttori, in primis la Russia, stanno rapidamente aumentando i loro consumi e i loro investimenti: Ikea ha recentemente aperto due grandi magazzini in Siberia. Ma la domanda cresce anche dove non si produce petrolio, o se ne produce poco. La Cina — grazie al fatto che non ha praticamente debito pubblico — sta usando il bilancio dello Stato per sostenere la domanda e assorbire l’effetto degli aumenti del petrolio su imprese e consumatori. Quello che attenuerà la recessione è la globalizzazione che in vent’anni ha consentito a un miliardo di persone di uscire dalla povertà e iniziare a consumare. Altro che colpa della globalizzazione!

04 luglio 2008

IL CROLLO DI TUTTE LE CERTEZZE

Il crollo di tutte le certezze – dai Suv alle Borse internazionali – di Valerio Berruti (Repubblica.it)

Una domanda: ma possibile che non ci si renda conto che questo è IL momento in cui provare a cambiare STILI DI VITA E CONSUMO, attraverso massicce POLITICHE di COMUNICAZIONE?

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Siamo alla vigilia del risultato di quel giugno “disastroso” annunciato nei giorni scorsi da Marchionne. L’auto, pur rimanendo il mezzo di trasporto preferito dal 90% degli italiani (dati Aci Censis), si prepara a un altro tonfo, il sesto consecutivo. Le previsioni indicano un calo del 13-15 per cento che significa altre 35 mila auto in meno rispetto a giugno 2007 e la chiusura del semestre a quasi meno 11 per cento.

Nel conto bisogna aggiungere anche i titoli automotive in caduta libera nelle Borse di tutto il mondo (la Fiat è ai minimi degli ultimi due anni con una perdita del 40 per cento in soli sei mesi), il calo drastico dei consumi di carburante e il conseguente minor uso dell’automobile. Insomma uno scenario quasi apocalittico per un mercato, quello italiano, che alla fine del 2007 aveva fatto registrato il record di vendite di tutti i tempi.

Ma si sa, le cose cambiano in fretta. La crisi corre veloce, travolge le gravi certezze. Come quella sui Suv in perenne escalation. Anche loro hanno invertito la rotta. Prima in Usa poi in Europa. Qui nei primi 4 mesi la Q7 è scesa del 29%, la Range Rover del 27, la X3 del 17, la Classe M del 15. Incredibile ma vero.

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Cosa stiamo aspettando a partire con massicce campagne di sensibilizzazione per un “cambiamento dei nostri stili di vita e di consumo” che OGGI e ORA, in una crisi economica e sociale persistente, può avvenire in maniera dolce, naturale e vincente?

MOLISE 2008

Molise 2008: A 6 anni dal terremoto del 2002 si abita ancora nelle baracche ma si viaggia in internet..

di Mauro Stefanelli

Notizia della scorsa settimana che non può non far riflettere: Portata la banda larga nei comuni del molisano piu’ colpiti dal sisma del 31 ottobre 2002.

Fin qui niente da eccepire, peccato che a beneficiarne non saranno persone comodamente appartate nelle loro case, bensì povere anime ancora alloggiate in edifici di fortuna…

C’è da dire pure che questa connessione WI-FI non è che non sia costata proprio nulla, o che sia stata opera pia di qualche fondazione benefica, no signori….

Stiamo parlando di una spesa di 1 milione di euro di fondi pubblici che vanno ad aggiungersi ai 550 milioni di euro che lo Stato fino ad oggi ha già erogato per l’intera provincia di Campobasso.

Di questo gruzzolo 248 milioni “soltanto” sono stati investiti per la cosa piu’ importante: La ricostruzione.

Investiti ma non spesi; infatti, se guardiamo ancora meglio, ci accorgiamo che di questi 248 ben 170 milioni se ne sono andati per “il programma di ripresa produttiva per la promozione del territorio”, promozione per la quale, veramente, la fantasia italica ha preso il completo sopravvento….

In sintesi tra le voci a consuntivo troviamo:

– 300 mila euro per il rifacimento esterno del museo della zampogna;

– 250 mila euro per il ripopolamento della seppia;

– 200 mila per il museo del profumo di Sant’Elena Sannita (farne uno insieme a quello della zampogna forse avrebbe creato dissidi…., vai a capirla la micro-politica…..);

– 100 mila euro per il progetto di ricerca della “famosissima” patata turchesca;

– 90 mila euro per un monitoraggio propedeutico allo spostamento di alcuni complessi di apicoltura dalla zona del Triveneto (giustamente….metti che le api poi non si ambientano…dovessero attaccare le baracche…..);

– 400 mila euro per la realizzazione di un centro di equitazione;

– 48 mila euro per una tappa del concorso di Miss Italia 2007….., sempre per rimanere nel contesto delle “patate”….;

– 750 mila euro per interventi sull’itinerario sentimentale Murunni di Uruni;

– 330 mila destinati all’officina del gusto di Pizzone;

– 275 mila per il sito archeologico De jumento albo” di Civitanova del Sannio;

250 mila per la valorizzazione della rete cantieristica del bosco Cerreto di Monacilioni….

Veramente ci sarebbero da citare anche 150 mila euro del reality show Mediaset “On the road” andato in onda nel 2006 su Italia Uno, ma lo terrò fuori per non essere bollato come fazioso…., lungi da me….
Per questo è irrilevante altresì ricordare che il commissario straordinario per il terremoto è un certo Michele Iorio, leader di Forza Italia ora CDL, nominato nel 2003 da Berlusconi .

Un po’ meno irrilevante è invece ricordare che questo signor Iorio di recente ha stimato in 5 miliardi di euro il numero magico di sussidi pubblici senza i quali il Molise intero non potrà, a parer suo, uscire dalla situazione di disagio…..

5 miliardi di euro….., a guardar bene che sono?

Certo se solo il Comune di Termoli (appena sfiorato dalla scossa!!) presentò all’epoca un conto di 70 milioni…..

Ma lo Stato c’è: E’ in atto un’ inchiesta del Procuratore Capo della Repubblica di Larino (CB), Dr. Nicola Magrone che speriamo sinceramente faccia un po’ di chiarezza su questo modo, almeno all’apparenza, un po’ liberty di intendere la cosa pubblica.

Nel frattempo internet ha fatto prepotentemente il suo ingresso nelle case (chi ha parlato di case!?), sì insomma nei ricoveri di fortuna ancora disseminati fra i vari comuni colpiti dal terremoto…

Pure qui gli investimenti sarebbero stai fatti un po’ così:

Soltanto 410 connessioni WI-FI attivate su circa 1100;

I media point previsti nelle scuole ancora latitanti;

Il corso di alfabetizzazione digitale per anziani ancora tutto da inventare….

Ma per la fine dell’estate il responsabile di progetto Gianfranco De Gregorio ha detto che sarà tutto completato.

Che dire?

Magari al prossimo turno elettorale, sarà possibile votare on line, chissà….

Queste persone avranno allora una grossa opportunità, potranno evitare di recarsi al seggio..,gli basterà collegarsi in rete e digitare un semplice clic….

Peccato, ritengo, che dopo oltre sei anni di precaria esistenza in attesa di una sistemazione abitativa, molti a mio avviso si guarderanno bene dall’accenderlo proprio il computer….

Sempre ovviamente che non ci sia qualche onesta seppia, ormai “cresciuta”, che ignara di questi miserrimi giochi di potere deciderà di scendere in campo….

D’altra parte se io fossi molisano una bella seppia la voterei, poi magari me la mangerei pure…..ma prima farei il mio dovere di bravo cittadino…

Voi no?

Mauro Stefanelli

SUD AMERICA ITALIA

Sud America Italia: Dove al Signor Rossi sembra ormai tutto normale

di Luca Neri – IE Saint Louis

Ad una buona parte dell’elettorato italiano pare che il governo Berlusconi piaccia. I sondaggi ci raccontano addirittura che il consenso per il nuovo esecutivo sia in rapida ascesa. Eppure in questi giorni di cose bizzarre e inquetanti ne sono successe. Nessuna di queste pare abbia scalfito il desiderio degli italiani di fidarsi del capo. Anzi. Stiamo assitento alla transizione tra democrazia e demagogia; come altri preferiscono, dalla democrazia al peronismo. Tira brutta aria.

Ma cerchiamo di mettere in fila i fatti. Lo scandalo delle cliniche private milanesi ( ce ne sono almeno 10, tra le piu’ importanti, nel girone degli inquisiti) giunge dopo alcuni terremoti minori che avevano coinvolto il San Raffaele di Milano (un’altra clinica privata) e le “cliniche curiali” genovesi e precedentemente la clinica Humanitas di Milano.

Questa sequela di denunce ci racconta di un sistema corrotto nel quale gli interessi privati di imprenditori e medici si riversano drammaticamente sulla pelle dei malati. Quello che si legge sui principali giornali e’ solo l’epi-scandalo di una dinamica piu’ diffusa e strutturale, di cui la sinistra da anni denuncia inascoltata l’esistenza. Lo scandalo colpisce la regione simbolo del PdL, la Lombardia, e quel sistema sanitario misto che ha visto il proliferare delle cliniche private paradossalmente finanziate con le tasse dei cittadini.

Chi lavora nella sanita’ sa, almeno sospetta, che le truffe ai danni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono assai diffuse. Il meccanismo piu’ comune, che emerge anche dalle recenti investigazioni e’ semplice. Il paziente viene ricoverato per un intervento molto semplice condotto in abulatorio. Il tutto in realta’ si risolve in non piu’ di 2 ore e il paziente torna a casa ignaro. La clinica pero’, per aggiudicarsi un pagamento piu’ cospicuo, classifica invece l’operazione come intervento chirurgico con ricovero giornaliero e il SSN paga, senza motivo, rimborsi moltiplicati.

In casi piu’ rari, come emerge dalle indagini, il paziente e’ meno fortunato e subisce veramente un intervento inutile, talvolta con rischi gravissimi per la salute o ricevendo addirittura lesioni gravissime a parti del corpo precedentemente sane.

Fino ad oggi gli assessori Lombardi alla sanita’ ci raccontavano che questa proliferazione di cliniche private e prestazioni era solo il segno di una maggiore disponibilita’ di cure, un vantaggio per i pazienti. Un regalo del mercato. Oggi, grazie alle intercettazioni della magistratura sappiamo che questo regalo era solo una mela avvelenata, confezionata con l’aiuto di dirigenti delle ASL, nominati dalla regione Lombardia, coniventi e corrotti.

Ma questo fenomeno non e’ una nostra peculiarita’. Ovunque i privati abbiano fatto massicciamente il loro ingresso nel sistema, i costi dei controlli sono aumentati. Negli USA, il 30% delle spese del Medicare sono utilizzati, direttamente o indirettamente, per combattere le truffe. In Canada, che ha un sistema piu’ simile al nostro, il 40% delle nascite avviene per taglio cesareo, mentre si stima che solo il 2% dei parti necessiti intervento chirurgico; in Italia, dopo l’introduzione del pagamento a prestazione, il numero di operazioni al ginocchio e’ raddoppiato. Tutte operazioni necessarie?

Nonostante sia chiarissimo chi siano i responsabili politici di questo sfacelo e le “regioni rosse” abbiano invece sviluppato un sistema sanitario virtuoso, sostenibile ed efficiente, pare che questi scandali colpiscano la sinistra piu’ che la destra e suscitino nei cittadini il desiderio del capo forte, delle soluzioni d’emergenza, alimentate dalla sfiducia nello Stato, da un clima di insicurezza.

E allora non fa piu’ alcun effetto se Berlusconi fa fallire la trattativa per la vendita di Alitalia alle spese dei contribuenti per poi tentare di venderla a suo figlio o ai suoi amici. Dal fallimento della trattativa con Air France il caso Alitalia e’ miracolosamente scomparso dai giornali, come se non fosse piu’ un baraccone in perdita precipitosa. I falsi fautori del liberismo ospitati dai piu’ importanti giornali nazionali, gli incazzati che sbraitavano contro il governo Prodi per i ritardi nel disfarsi del peso incongruo, ora tacciono. L’Alitalia continua a perdere quasi un milione di euro al giorno, e il governo stanzia 300 milioni a fondo perduto con i nostri soldi e nessuno protesta. Ancora una volta la colpa e’ del sindacato, quindi della sisnistra: meno male che Silvio c’e’, e’ questa litania nazional-popolare di oggi. Eppure tutti sanno chi ha fatto barricate e ha bloccato la soluzione del problema.

Ma le cose bizzarre continuano. Prima delle elezioni gli italiani manifestavano grande preoccupazione per la loro sicurezza. Gli immigrati erano percepiti come un pericolo e i reati contro la persona e la proprieta’ una vera minaccia per i cittadini. Questo in barba ad ogni statistica che mostrava come questi crimini, in particolare quelli piu’ gravi, fossero in costante diminuzione da anni. Ma la percezione si diceva, e’ quella che conta. Se il cittadino si sente insicuro, a che servono le statistiche? Alla destra cavalcare la paura ha sempre fatto comodo ma qui lo sprezzo della verita’ ha superato qualsiasi pudore. Un recente sondaggio mostrava che l’80% degli Italiani considera la propria citta’ insicura ma solo il 50% considera insicuro il quartiere dove vivono e che questa percezione di insicurezza e’ piu’ diffusa tra i vecchi, cioe’ quelli che se ne stanno in casa a vedere i telegiornali, che tra i giovani, che escono e vedono. I nostri politici hanno fatto credere ai nostri concittadini che ogni isterismo fondato sulle loro percezioni ha perfettamente lo stesso valore di un comportamento razionale fondato sui fatti. E allora la prima cosa fatta dal governo e’ varare leggi inapplicabili per regolare l’immigrazione perche’ tanto quel che conta non sara’ il risultato, chiaramente pessimo (ma ve le immaginate le nostra aule di tribunale completamente soverchiate dal fiume di immigrati clandestini, tutti processati come criminali?), ma la percezione di severita’ associata al provvedimento.

Non contento il governo decide di regalarci l’uso di 3000 militari sparsi su tutto il territorio nazionale per garantire l’ordine pubblico. Il provvedimento, oltre che inutile. e’ assai pericoloso. Vediamo prima perche’ inutile. L’italia e’ il paese con il piu’ alto numero di addetti alla sicurezza del mondo. Tra poliziotti, finanzieri, carabinieri, forestali, polizie locali e vigili il conto raggiunge le 640.000 unita’, solo 40.000 meno che gli Stati Uniti d’America per una popolazione 6 volte inferiore e una superficie 32 volte piu’ piccola. Siamo il paese con il piu’ alto numero di addetti in questo settore. Nonostante questo i nostri agenti sonnecchiano negli uffici, nelle strade nessuno. Quando si parla di sprechi del comparto pubblico ci si dimentica sempre di parlare delle forze dell’ordine. Ma il governo ha deciso che 3000 militari sono suffcienti. Non bastava allora scrollare giu’ dalle sedie meno dello 0.5% dei nostri agenti di polizia? No. Il vero intento del governo e’ quello di creare un precedente per usare l’esercito in occasioni in cui sia deciso che si tratta di un caso che lo richieda (no, non e’ un bizantinismo, voglio che sia chiara la natura autoreferenziale della decisone: ovvero quando fa comodo al governo). A dir la verita’ un precedentino esisteva gia’. Nel governo Berlusconi III l’esercito era gia’ stato usato per garantire la sicurezza delle sue vacanze in Sardegna nella sua villa privata coperta dal segreto di Stato. Il punto qui e’ che l’esercito potrebbe essere usato per l’odine pubblico nelle manifestazioni (si preparano per l’autunno?) o in occasione di eventi internazionali (come il G8).

Ora. L’attegiamento popolare nei confronti di questi provvedimenti non e’ stato di ludibrio ne’ di preoccupazione. Moltissimi hanno pensato: bene. almeno si fa qualcosa. E lo stesso atteggiamento di impazienza accondiscendente si e’ manifestato quando Berlsusconi ha deciso di farsi leggi ad personam che bloccheranno centinaia di migliaia di processi, incluso il suo e quando aggredisce i magistrati definendoli eversivi. La destra, con la complicita’ dei nostri organi di infromazione, e’ riuscita a diffondere, come un virus, l’idea che esista una guerra tra potere politico e potere giudiziario. Una guerra tra bande e non una normale dialettica istituzionale, la garanzia del funzionamento democratico dello stato. Molti cittadini pensano che i magistrati abbiano perso la guerra e debbano subire le decisioni della maggioranza.

Come se potesse esistere un partito dei magistrati e un partito degli imputati, il partito del parlamento e il partito del governo, il partito del presidente della repubblica e il partito della dittatura strisciante. O forse si. O forse lo sfilacciamento delle istituzioni e’ proprio quello che si vuole. Finalmente basta regole e controlli: che il Capo decida e gli altri tacciano.

YUNUS E LA “BANCA DEI POVERI”

YUNUS: Con il Crédit Agricole la “Banca dei poveri” si concretizza sempre di piu’ in Europa.

di Mauro Stefanelli

Auspicabile in futuro un maggior coinvolgimento anche degli istituti italiani.

Lo storico accordo tra il premio Nobel 2006 per la pace Muhammed Yunus ed il presidente di Crédit Agricole Georges Pauget consolida in Europa le basi in materia di microfinanza.

Creata tra Crédit e Grameen Bank una fondazione alla pari in joint venture, con sede in Lussemburgo, con un capitale iniziale di 50 milioni di Euro.

Si ricorda che la Grameen Bank, altresì nota ai media come “banca dei poveri”, è dal 1976 che opera in Bangladesh, dove ha ancora il suo quartiere generale.

Con la mission di sviluppare iniziative imprenditoriali tra le classi meno abbienti, la Grameen sta in tutto il mondo vincendo la sua scommessa di business: “Prestare danaro alla povera gente non solo è eticamente ammirevole ma, a conti fatti, è anche economicamente redditizio”.

Come infatti l’economista Yunus tiene ad esibire in tutte le sessions cui partecipa, i dati del suo istituto sono in tal senso inequivocabili:

– Un capitale sociale di 6 miliardi di dollari Usa;

– Il Fiscal Year 2006 chiuso con un saldo attivo netto di bilancio di 20 milioni di dollari;

– 100 i paesi del mondo attualmente interessati;

– 7 milioni di clienti a livello global ancora prevalentemente concentrati nella penisola indiana (di cui il 97% donne);

– Un mercato potenziale di 1,5 miliardi di clienti per un valore di circa 300 miliardi di dollari come target di affidamenti, nonchè un trend di crescita annuo del 20-30%;

– Un tasso di rientro per i prestiti che supera addirittura il 99% (percentuale nettamente superiore agli standard delle concessioni del credito classico);

– Una formula vincente: Gli investitori molto spesso sono gli stessi debitori, a suo tempo incoraggiati (nel 93% dei casi di finanziamento) ad acquistare quote dell’istituto di credito e a diventarne così comproprietari.

Ad essere premiato da questo nuovo modo di “fare banca” è senza dubbio il desiderio di riscatto e la creatività dei soggetti beneficiari dei finanziamenti.

Il diritto al credito, quale nuova nozione nel vocabolario dei diritti umani, viene ad assumere dimensioni di vera e propria pietra miliare nei processi di pace internazionali.

Il raggiungimento di equilibri di distensione, infatti, transita indissolubilmente per contesti in cui a dominare sono l’equilibrio economico ed un’ equa distribuzione delle risorse.

Questa l’ottica in cui a Yunus è stato riconosciuto il Nobel due anni fa: Premiato proprio per la pace anziché per l’economia, interpretata, quest’ultima, come mezzo per il perseguimento della prima.

Vuoto per pieno il ‘Social Business’ messo in piedi in questi 30 anni dal benefattore di Chittagong, la comunità rurale del Bangladesh dove l’iniziativa partì, in prospettiva sarebbe in grado di emancipare dalla povertà il 60% della popolazione mondiale.

Ciò, ovviamente, qualora ci fosse un disegno politico di sostegno da parte dei diversi paesi.

Per tornare al Crédit Agricole, piu’ che blasonata istituzione creditizia transalpina, questa è stata la prima banca a stringere contatti con la Grameen per la realizzazione di un progetto comune di sviluppo del “credito etico”.

C’è da scommettere che i francesi avranno saputo fare bene i loro calcoli, non solo alla luce dei numeri di cui sopra, ma anche e soprattutto,se confrontati, dei “risicati” andamenti di crescita degli istituti di credito tradizionali occidentali.

Microleasing e microfactoring sono in agenda i due settori nei quali la neonata joint venture ha intenzione di cimentarsi nell’immediato; questi, oltre alla creazione di un fondo etico entro il 2009 dedicato alla microfinanza.

Il raggiungimento di 100 milioni di Euro di surplus, rispetto ai 50 milioni già stanziati all’inizio, sono stati considerati l’obiettivo sfidante per ampliare subito dopo il raggio d’azione geografico e potenziare così il mercato africano (avvalendosi dei canali creditizi dei paesi francofoni, soprattutto dell’area maghrebina).

In sintesi, diciamo che di carne al fuoco con questo matrimonio d’interessi ne è stata messa eccome.

Calandoci nella realtà nostrana, c’è da dire che, se in generale l’Europa non è stata sorda al richiamo etico e solidaristico dell’economista bengalese, l’Italia fino ad ora si è limitata a dei timidi approcci.

Il Bel Paese ha infatti attivato poco piu’ del 20% dei programmi microcreditizi europei, con circa 350 entità beneficiarie (pari all’1% della quota continentale), mentre le stime ufficiali del Bollettino statistico della Banca d’Italia, per l’arco temporale 2001/2005, hanno certificato che sono stati erogati soltanto 550 mila euro circa di microcrediti…

Della serie: Si può dare di piu’.

Per concludere con alcune mie considerazioni, penso sia indubbio che la realtà occidentale si presenti differente da quella terzomondista e dei principali paesi emergenti dove il bisogno di certi interventi è maggiormente sentito.

Ad ogni modo una cosa è certa: Parlare sempre di piu’ di finanza etica farà bene all’opinione pubblica…. Farà riflettere sugli ancora elevatissimi guadagni che i nostri istituti di credito realizzano sulla pelle della collettività.

Si comincia a proporre di tassare le banche e si scomoda come al solito Robin Hood, intitolandone addirittura una tax….:Mi sta bene per carità…..

Mi auspico però che si continui su questa strada, che si dia, consentitemi il gioco di parole, un “taglio alla forbice” ancora troppo larga tra tassi debitori e tassi creditori cui la clientela è sottoposta.

Ritengo che se si arrivasse ad avere delle banche “formato public company” nel vero senso della parola (la formula della partecipazione azionaria della Grameen naviga in questa direzione…), forse la musica cambierebbe davvero……

Sperare è d’obbligo

Mauro Stefanelli

LA LUNA DI MIELE GIA’ FINITA?

Basta leggere i giornali di questi ultimi giorni, per percepire un ulteriore cambiamento “negativo” in atto in Italia.

Diversi fatti ne danno sostanza:

– L’approccio padronale del Governo al problema, enorme, della Giustizia

– La sostanziale mancanza di collaborazione positiva tra Governo ed opposizione (che oggi diventa uno STOP da parte del PD e di Veltroni)

– La sostanziale “stanchezza” che continua a contrassegnare i lavori di costruzione del PD

– L’assenza di dibattito nella Società civile, e la conclusione di quell’importante fase di vivacità che abbiamo tutti vissuto negli anni in cui il PD andava a nascere, sotto la leadership del tanto (ingiustamente) “criticato” Prodi

– Il mancato avvio di politiche innovative sui Temi dell’Ambiente e della Ricerca, tranne qualche piccolo Spot (come quello delle Borse di Ricerca per i Dottorandi).

…Speriamo che la Luna di Miele non sia già finita, altrimenti andiamo a finire male!

IE

ADEGUAMENTO BORSA DI DOTTORATO

Questa è una bella notizia per la ricerca, in genere.  Ora bisogna andare avanti: questo non può essere che il primo STEP di una lunga SERIE, per rinnovare il PAESE.

Massimo

Ecco il comunicato stampa del Ministro (innovatore) Gelmini

(AGI) – Roma, 17 giu. – Via libera all’aumento di 240 euro al mese per le borse di dottorato. Ad annunciarlo e’ il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, nell’audizione davanti alla commissione Cultura della Camera. “Da pochi giorni abbiamo reso operante l’emendamento del senatore Giuseppe Valditara”, ha spiegato il ministro, sottolineando come la retribuzione dei nostri ricercatori sia”troppo bassa rispetto alla media europea e alla media Ocse”, il che “rende il ruolo meno appetibile da parte dei giovani di talento. Occorre investire risorse perche’ i ricercatori italiani siano in numero maggiore e siano meglio pagati”.
Ed ecco il commento di Marianna Madia, che aveva avviato una interrogazione parlamentare a riguardo, qualche giorno fa

Dottorati bene adeguamento borse. Ma non è che l’inizio – (dal blog di Marianna Madia)

Il ministro Gelmini ha annunciato che il sospirato aumento delle borse di dottorato diverrà immediatamente operativo con un incremento per i dottorandi di 240 euro. Il PD approva questa norma votata dal parlamento nella scorsa legislatura predisposta dal governo Prodi e infine realizzata dal ministro Gelmini. Avevo su questo argomento presentato pochi giorni fa un’interrogazione cofirmata da Dario franceschini e dal gruppo PD in commissione cultura.

Non era più accettabile che un candidato al dottorato di ricerca guadagnasse nel nostro paese 805 euro di fronte ai 1200 dei colleghi austriaci, dei 1400 dei francesi, ai 1500 dei britannici, ai 2200 degli svedesi e ai 3300 dei danesi.

Ora Gelmini completi la riforma del dottorato. Devono scomparire progressivamente i senza borsa e nel frattempo eliminare le tasse universitarie che essi pagano; aumentare il numero delle borse a disposizione e favorire il rapporto tra dottorato di ricerca e mondo del lavoro attraversi strumenti di incentivo.

Ed ecco il commento dell’ADI, primo motore dell’iniziativa

RICERCA: ADI, SODDISFAZIONE PER AUMENTO BORSE DOTTORATO

Roma, 17 giu. – (Adnkronos) – “Soddisfazione per l’annuncio della firma del decreto di aumento delle borse di dottorato da parte del ministro Gelmini”. Lo esprimono gli appartenti all’Adi, Associazione dottorandi e dottori italiani, che questa mattina si erano mobilitati a Roma per ottenere una risposta definitiva, dopo sei mesi di attesa, sul decreto di aumento dei minimi delle borse di dottorato, necessario a rendere disponibili i 120 milioni di euro stanziati in Finanziaria 2008. L’aumento di circa 240 euro al mese, dovrebbe portare le borse dagli attuali poco piu’ di 800 euro a circa 1.000 euro mensili, e i giovani ricercatori di Roma, spiega il segreatario dell’Adi della capitale, Francesco Vitucci, “questa mattina si sono improvvisati lavavetri per sensibilizzare l’opinione pubblica e per richiamare l’attenzione sulle proprie condizioni di vita e di ricerca sempre piu’ precarie. Le borse di dottorato, ferme da ormai 8 anni a circa 800 euro, non permettono di vivere in maniera autonoma: fare ricerca e studiare in condizioni decorose e’ spesso molto difficile”. “Come Adi siamo particolarmente soddisfatti della notizia dell’aumento delle borse di dottorato -interviene Giovanni Ricco, segretario Adi- e’ quello che i dottorandi italiani, e noi come associazione, chiedevamo, da tempo. L’aumento rende giustizia del lavoro di studio e di ricerca dei giovani ricercatori e fa recuperare loro, almeno in parte, la perdita di valore delle borse degli ultimi otto anni”. (segue)

MERITOCRAZIA

di Daniele Mocchi
In questi ultimi giorni, sta tornando centrale nel dibattito politico nazionale il tema della meritocrazia e del talento. Iniziamo innanzitutto col dire che la società italiana ha un serio ed evidente gap da colmare su questo fronte. Premiare la meritocrazia e il talento significa aumentare la mobilità sociale, attualmente al palo, significa aprire le porte a chi per esempio è nato da genitori operai, non condannando il soggetto a fare la stessa sacrificata vita di coloro che lo hanno messo al mondo.
Significa anche maggiore efficienza e parità di diritti tra pubblico e privato.
Onestamente, le prime prese di posizione del Ministro dell’Innovazione Brunetta su questo tema non mi sono dispiaciute. Tuttavia l’esperienza insegna che non bastano le buone intenzioni, sono tantissimi gli ostacoli da superare, oltre ad un modello culturale che non si può pensare di cambiare soltanto a colpi di legge, come dimostrano le diverse riforme succedutesi negli anni precedenti (come ad esempio l’introduzione della licenziabilità dei dipendenti pubblici) che nella realtà sono rimaste inapplicate.
Qualche giorno fa leggendo l’intervista di Brunetta al Corriere sono un pò trasecolato: il senso della dichiarazione che ha fatto circa l’introduzione di un’aspettativa non retribuita per coloro che dal pubblico vorrebbero passare al privato o diventare autonomi, chiudendone il contratto se l’approdo va a buon fine, mi è sembrata più un’idea tesa al dimagrimento della Pubblica Amministrazione che ad una valorizzazione dei talenti che vi lavorano. E’ infatti assolutamente evidente che accetterebbero di lasciare il posto pubblico, coloro che credono veramente nelle loro capacità e si sentono frustrati perché non riescono a valorizzarle, a metterle in atto…Figuriamoci se i fannulloni penserebbero minimamente a mettere su un’impresa o a lavorare in un’azienda privata!
E’ per questo che ritengo che alle mere dichiarazioni debbano seguire atti concreti e corrispondenti e determinazione nelle loro applicazioni.

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