Innovatori Europei

Significativamente Oltre

Pd: Alla ricerca di una identità smarrita (di Pierluigi Sorti)

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In queste ore, lo stato d’animo della militanza del Pd è simile a quello di uno studente che si scopre impreparato il giorno prima di affrontare l’ esame.
 
Avendolo programmato molto in là nel tempo, quello studente si era trastullato in tante divertenti iniziative collaterali che, con l’ acquisizione della materia richiesta dall’ esame , avevano ben poco a che fare.
 
Trattandosi di materia politica, la disarmata sorpresa del Pd, nel profilarsi di un imminente cimento elettorale, sta nel dover prendere tardivamente atto di una sua immagine complessiva di inaccettabile consistenza e povera di tematiche coerenti e autenticamente sue.
 
Cioè, per dirla con le parole tante volte ribadite nei servizi giornalistici e nei dibattiti televisivi, si usa icasticamente definire il Pd come un partito senza identità.
 
Eppure, nel quadro comparativo dei partiti attualmente in campo nell’ offerta elettorale complessiva di tutto l’ arco politico complessivo, il Pd era, storicamente e politicamente, nelle condizioni meno
svantaggiate nella esibizione di una sua specifica carta d’ identità.
 
Nel concludersi, con la caduta del muro di Berlino, della fase storica della guerra fredda, il ricordo di quel biennio ’46 – ‘47 , in cui i partiti democratici seppero prescinderne approvando la Costituzione, poteva legittimamente ravvisare una esperienza, di idee e di comportamento, di efficacissimo riferimento.
 
Il Pd , quale punto d’ approdo dei partiti che, di quel breve periodo, erano stati protagonisti, poteva naturalmente identificarsi con quell’ esperienza : non tuttavia con la sua interpretazione mistica, come di fatto è avvenuto, ma con la necessità di una sua rivisitazione critica.
 
Intraprenderne specificamente una fase finalmente attuativa di tutti quegli articoli, della sua prima parte, che definivano un modo nuovo di essere dei veri centri di potere della vita delle comunità nazionali del mondo moderno.
 
Ai poteri classici ma statici del potere legislativo, esecutivo e giudiziario, la Costituzione seppe cogliere, per regolarli, i poteri dinamici della vita moderna , quelli dell’ impresa, dei partiti, dei rapporti uomo – donna, ponendo il metodo democratico a fondamento del loro funzionamento.    
 
Quei partiti, proprio in conseguenza della guerra fredda, erano forse stati obbligati a rinunciare a quegli obiettivi ma i loro eredi di oggi, in un mutato contesto nazionale e internazionale, hanno rivelato la loro inidoneità a riprendere un nobile cammino interrotto.  
 
E, avvalendoci del metodo della dimostrazione “per assurdo”, si può chiedere a chi volesse denegare la validità di questa posizione : quale altra ipotesi storica di riferimento poteva valere più di quel magistero, nella sua ambivalente funzione di formulazione teorica e di programma politico ?       
 
E invece, le rispettive dirigenze – ex popolari ed ex diessine –  con comportamenti tesi soprattutto a concentrarsi sulle rispettive preminenze –  nei sindacati, nei partiti, nelle imprese –  hanno gradualmente scarnificato ogni afflato ideale fino a ridurre lo stesso Pd all’ identificazione stessa di partito di potere.

Pd e Pdl : la doppia verità dei titoli cubitali che li riguardano (di Pierluigi Sorti)

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Sarebbe interessante conoscere il rapporto di corrispondenza fra le molte notizie vistosamente evidenziate sui quotidiani a caratteri cubitali, e il contenuto dell’ articolo di dettaglio che ne illustra il contenuto.

Accade spesso infatti che la lettura attenta di esso ne limiti la portata, ne modifichi o addirittura ne contraddica il significato.

Viene spontaneo di conseguenza chiedersi se l’ emotività del titolo induce a considerarlo esso stesso aprioristicamente veritiero, a dispetto delle indicazioni a supporto,  o addirittura, quando esso è fonte di letizia per il lettore, a trascurarne la lettura.

E’ legittimo sospettare addirittura che forse gli editori stessi approfittino di questa attitudine dei lettori dei quotidiani stessi ( per tacere di molti periodici di notizie mondane ) usino questa emotività per giocare quindi sui due piani paralleli del sensazionalismo e della verità dei fatti : una

applicazione casereccia della “teoria della doppia verità” del grande filosofo e scienziato Averroè(spagnolo mussulmano del dodicesimo secolo ).

Induce a queste riflessioni la sequenza di titoli che hanno segnato due tormentoni che hanno egemonizzato la politica interna di questi giorni , sia sul fronte della maggioranza governativa sia su quello dell’ opposizione e specificamente del Pd.

Sul piano governativo, a cadenza quotidiana, lo sforzo titanico del Premier per aggiudicarsi una maggioranza parlamentare al netto del Fli , acronimo curioso del movimento di Gianfranco Fini

 di “Futuro e Libertà” , registra un flop giornalistico, consumato in due giornate, su pressoché tutte le testate, e nitido esempio di giornalismo emotivo: l’ ascesa e la caduta, in così breve lasso di tempo,  della ipotesi politica dei venti deputati del “gruppo di responsabilità nazionale” .

 Eppure sarebbe bastato il tono sommesso della dichiarazione dell’ on. Nucara, rappresentante di questo gruppo, e l’ evidenza della sua solitaria apparizione alle telecamere,  per tarare significativamente la portata dell’ evento  e suggerirne una doverosa cautela nella diffusione della notizia. .

Parimenti lo spreco di titoli cubitali, sempre negli ultimissimi giorni, per annunciare l’ intenzione di Valter Veltroni di  costituire un gruppo parlamentare distinto da quello del Pd, poteva tranquillamente essere ricondotto a schermaglie interne al partito finalizzate unicamente alla predisposizione tattica delle dirigenze di Partito per  l’ eventuale imminente anticipazione elettorale.

Cioè partecipazione alla scelta delle candidature, e il loro posizionamento nell’ ordine delle liste elettorali.

NASCE L’ASSOCIAZIONE PER L’EUROPA DI COPPET

Parte dal Lago Lemano il rilancio dello spirito del Gruppo di Madame de Staël

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Per un’Europa forte, solidale, protagonista, che veda in primo piano i cittadini, gli intellettuali, il mondo della ricerca e gli attori dello sviluppo.

E’ il principale obiettivo del “Cercle de l’Europe de Coppet” (Gruppo dell’Europa di Coppet), l’Associazione fondata domenica 19 settembre 2010, sul Lago Lemano, in Svizzera, nella sede storica del Castello di Coppet, che fu la residenza di Anne-Louise-Germaine Necker, meglio conosciuta come Madame de Staël. La scrittrice, una delle donne più conosciute del suo tempo, durante l’esilio in epoca napoleonica, raccolse in quel luogo di meditazione un gruppo di intellettuali. Da quell’esperienza, di studio e di confronto, scaturì l’idea nuova di Europa, tuttora attuale e ancora da realizzare nei suoi aspetti più lungimiranti.

E proprio allo spirito innovatore e libertario del Gruppo di Coppet – a due secoli di distanza – si ispira l’Associazione nei suoi principi di libertà, sviluppo economico, affermazione dei diritti dell’uomo.

L’organismo, istituito con diritto svizzero, è costituito sulla base del lavoro preliminare degli aderenti al “Manifesto dell’Europa di Coppet” al cui varo hanno lavorato da sette mesi personalità della cultura, del giornalismo, dell’arte e dell’economia italiane e svizzere.

Presidente dell’Associazione è l’europarlamentare Gianni Pittella, Vice Presidente del Parlamento di Strasburgo, figura di primo piano della politica europeista italiana, impegnato da anni per l’integrazione tra le aree dell’Europa e per lo sviluppo unitario delle regioni dell’Unione.

Presidente del Comitato è l’economista Paolo Garonna, professore alla Luiss di Roma e Direttore Generale dell’Ania, l’Associazione Nazionale delle Assicurazioni. Nell’organigramma anche il sindaco di Coppet, Pierre-André Romanens ed altri rappresentanti del mondo della cultura, della politica e dell’economia.

L’associazione è aperta alle iscrizioni di quanti vogliano impegnarsi per la promozione della cultura europea e si svilupperà nei diversi paesi, su base territoriale, anche con una rete di sodalizi già esistenti.

In occasione della costituzione dell’Associazione, è stato presentato il libro di Paolo Garonna “L’Europa di Coppet”, pubblicato, dopo il successo italiano, nella sua versione francese, da Editions LEP di Losanna.

Primo appuntamento per l’Associazione è l’incontro con il Presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, a Bruxelles il 26 ottobre 2010, a cui verrà consegnato il “Manifesto dell’Europa di Coppet” quale impegno condiviso per la futura azione politica.

Per la realizzazione di incontri tematici, è stato annunciato, altresì, un appuntamento: master e convention internazionale, da tenersi in Italia, in un’area simbolica che si affaccia sul Mediterraneo, in un luogo di cultura, che è il Palazzo Rinascimentale di Aieta, in provincia di Cosenza. Il tema scelto per l’evento, previsto per Luglio 2011, è: “L’Europa dei Municipi” e sarà organizzato in stretta collaborazione con la Fondazione “Rinascimento”.

E’ Bossi il vero nemico mortale di Berlusconi

E’ Bossi il vero nemico mortale di Berlusconi

di Rocco Pellegrini

Il rapporto tra Bossi e Berlusconi è sempre stato un classico matrimonio d’interesse. Ciascuno dei due coniugi e le loro multiformi corti ci hanno sempre raccontato la favola del grande rispetto, della grande stima, del valore strategico innovativo ma i cittadini italiani ben sanno che questi due “amanti”, in realtà, perseguono interessi diversi, qui e li convergenti, ma sostanzialmente divaricati. Il papi ed il suo partito azienda stanno facendo il sacco dell’Italia, accaparrandosi tutto quello che possono mentre il bel paese deperisce e soffre, l’uomo delle caverne vuole semplicemente “liberare il Nord” , cioè separare la contabilità e la raccolta del risorse onde a ciascuno spetti il suo. Berlusconi ritiene Bossi un prezzo da pagare per realizzare il suo piano e viceversa. Questa è la realtà le altre essendo chiacchiere di bar. E’ evidente che una simile intesa dipende molto dalla salute di ciascuno dei contraenti, dalla “potenza” che ognuno esprime qui ed ora. Come in natura la debolezza di un animale lo espone all’aggressione dei predatori così in questo “bel rapporto” l’idillio dipende dai rapporti di forza. Si da il caso che il papi sia un pò indebolito: l’uomo del “fare” appare un pò cagionevole, con la febbre alta.
E’ saltato il rapporto con Fini. Berlusconi ogni volta che ha vinto le elezioni, il buon risultato ottenuto è stato sempre il frutto di un lavoro di aggregazione perché il partito azienda (Forza Italia) è sempre oscillata tra il 20 ed il 25%. Si tratta, come è evidente, di un partito forte ma non capace, da solo, di arrivare al potere. I tanti coriferi del potere carismatico ci descrivono un papi che calamita i voti, che ammalia i cuori, che incanta i votanti quasi fosse il pifferaio magico o il mago Merlino ma questa è propaganda anche un pò dozzinale e di cattivo gusto. Berlusconi ama presentarsi come un non politico, come un “imprenditore prestato alla politica” ma, al contrario, è sempre stato un vero politico capace di aggregare, di mettere insieme forze diverse: quando ha vinto è sempre stato così. Fin dal suo debutto, quando “sdoganò” il Movimento Sociale Italiano escluso fino a quel momento da qualsiasi gioco di governo, dimostrò queste virtù politiche essenziali per arrivare a quantità spendibili per il governo del paese.
La rottura con Fini lo indebolisce moltissimo e gli fa rivedere i tempi tristi (per lui) delle vittorie di Prodi. Berlusconi ha ben chiaro che senza creare un sistema di alleanze ha poche speranze di mantenere il potere. Per lui si tratta di una questione di “vita o di morte” perché sappiamo, gli italiani sanno, che ha qualche scheletro nell’armadio e che, senza scudi legittimi o illegittimi, potrebbe essere tolto dal gioco della politica molto presto non da una magistratura ostile ma dai suoi errori. Deve dare una rinfrescata alla sua rete di alleanze perché da solo non va da nessuna parte, né i colonnelli ex AN rappresentano una soluzione vera alla rottura con Fini. I giornali parlano di serrati tentativi di corteggiamento di un suo vecchio nemico Casini, di disperati tentativi di trovare qualche parlamentare disponibile a scambiare consenso per potere, di negoziati con gli odiati finiani, ecc ecc: insomma il papi si da da fare e prende tempo perché la sua situazione è molto ma molto difficile. Fateci caso: l’uomo del fare non parla più al suo adorato pubblico. Ringhiano, minacciando elezioni e prendendosi in tutta risposta belle pernacchie, i Cicchitto, i Bondi, gli ascari come Minzolini, Feltri, Belpietro, ma lui, l’uomo del “ghe pensi mi” decide di sparire, di minimizzarsi, di riflettere. E’ difficile spiegare agli italiani come abbia fatto a sperperare una maggioranza bulgara, senza precedenti, come abbia potuto dissipare un capitale politico così rilevante come quello che italiani gli hanno consegnato nell’aprile del 2008.  L’arma delle elezioni è un coltello spuntato perché senza alleanze sa bene che non ha possibilità credibili ed, infatti, lascia che a brandirla siano i suoi uomini, lui se ne guarda bene. Ammesso e non concesso che riuscisse a vincere alla camera sembra proprio che al senato non ci sarebbero i numeri e, dunque, lui, il papi sarebbe il sacrifico necessario per un governo di larghe intese in un quadro parlamentare diviso. C’è da non dormire e le rare immagini che si vedono del grand’uomo lo mostrano molto, molto preoccupato.

 

Il problema fondamentale, quasi che quelli descritti fossero bazzecole, però, è che il cavernicolo dal dito medio eretto sente il sangue, sente la crisi del suo caro amico e si eccita. Lui si che ha interesse ad andare alle elezioni. Tutti gli osservatori parlano di forti smottamenti nell’elettorato del Nord verso la Lega e questi sarebbero voti del PDL perché chi vota a sinistra non ama gli animali preistorici, un pò impresentabili. Tra l’altro per il disegno di Bossi un eventuale parlamento dimezzato con la Lega più forte sarebbe perfetto per imporre il suo federalismo, cioè la tragedia finale per questo sventurato paese: un quadro politico che porterebbe rapidamente verso il superamento dell’unità d’Italia aprendo una crisi rispetto alla quale questa che viviamo sarebbe descritta come ‘età dell’oro. Dunque Bossi minaccia elezioni, va dritto verso lo scopo anche se sa bene che c’è un ostacolo pesante al quale Fini ha alluso nel suo discorso di Mirabello.Se Berlusconi si dimettesse il presidente Napolitano, nel rispetto della costituzione vigente, avrebbe il dovere di cercare una qualsivoglia maggioranza parlamentare che garantisse la continuità della legislatura ed allora sarebbero guai grossi, per il gatto e la volpe. Ecco perché ieri sera, mentre ancora rullavano i tamburi di guerra propagandistici, il papi ha detto: “Ho il dovere di governare”. La montagna ha partorito il topolino: ma tant’è. Di più non si può.
Corri, corri Berlusconi… Mala tempora currunt. In tanti si sono distaccati da te ed il tuo migliore amico è il tuo peggior nemico come nella società dei babbuini dove il leader beta, nell’80% dei casi, uccide il leader alfa. D’altra parte chi semina vento raccoglie tempesta .

Roma, il 19 Luglio ore 21: “Il lavoro nella società della conoscenza”

 Lunedì 19 Luglio ore 21.00 Palco PDROMA – Festa del’Unità di Roma

Rete dell’innovazione, in collaborazione con Innovatori Europei, organizza

“Il lavoro nella società della conoscenza”

con On. Marianna Madia (Comm. Lavoro) e Paolo Guerrieri (Resp. Forum Economia Nazionale del PD) e Paolino Madotto (Rete dell’Innovazione)

Tra gli interventi previsti : Antonello Busetto (Confindustria Servizi Innovativi), Eutelia, ISPRA, Alessio Cartocci, Ugo Bonelli, Francesco D’ausilio, Benedetta Cosmi, Massimo Preziuso (Innovatori Europei) e quanti vorranno iscriversi a parlare.

La morte dei cervelli – 2

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di Massimo Preziuso

Fa paura notare come in una Europa in cui il tasso di disoccupazione, in alcuni casi, è raddoppiato in un solo anno, non ci siano rivoluzioni (sociali ed economiche) in corso, né si riescano ad immaginare. C’è invece una Europa che si chiude invece di lottare. Una Europa rassegnata, che ha paura di tornare ad essere innovativa ed all’avanguardia, come la storia ci ha detto. Mentre i paesi emergenti ci aggrediscono con un cocktail di ricerca, innovazione e voglia di futuro, l’Europa si arrocca. Mentre lì lo sviluppo è guidato dai giovani e dalle donne, nel nostro Paese, l’Italia, si continua a tacciare di “stupidità” coloro i quali continuano a dire che è dai giovani e dalle donne che bisogna partire.

L’Italia del 2010 fa davvero paura. E’una Italia di assuefazione alla crisi e alla decadenza. Ed il brutto è che questa verità non la si dice, a tutti i livelli. Non solo nelle TV, ormai divenute “silenziatori dello stato sociale”, ma soprattutto tra le tante associazioni e movimenti – che solo qualche anno fa ruggivano di entusiasmo, nei dibattiti da strada, tra giovani e meno giovani.

Ed è questo il dato “crudo” da cui partire, se si vuole provare a svegliare un Paese ormai immobilizzato. Partire dall’analizzare il perché i nostri cervelli si sono quasi spenti in questi ultimi anni. Facile sarebbe descrivere i motori di questo avvitamento con alcune parole – crisi, berlusconismo,  gerontocrazia, familismo, assenza di meritocrazia – ma ciò non basterebbe.

Bisognerebbe invece analizzare se e come gli italiani abbiano ereditato o sviluppato “comportamenti” che non gli permettono di fare “rivoluzioni” e di opporsi a periodi brutti come questi, vivendoli invece passivamente. E una volta fatta questa analisi, cercare di capire come sia possibile alzare quel tasso di innovazione – rivoluzione che oggi è pericolosamente basso e quando c’è difficilmente ha modo di venire a galla.

Contemporaneamente occorrerebbe capire come, se possibile, riattivare i cervelli, ridare energie, stimolare idee, in un Paese che altrimenti fatalmente muore.

Perché, mentre il Paese si avvia linearmente a vivere a “livelli energetici inferiori”, ci si permette di vedere i nostri cervelli morire?

Non la stiamo rischiando davvero grossa, questa volta?

Non bisognerebbe portare questo macro tema all’attenzione della politica, e di noi stessi, che sembriamo davvero indifferenti a ciò?

La morte dei cervelli – 1

cervello

di Giuseppina Bonaviri

Per la Chiesa la morte cerebrale non è la morte dell’essere umano e questo in verità oggi viviamo grazie alla inerzia di una classe politica-amministrativa che così ha decretato per tutti gli essere umani.

La mente ed il pensiero hanno un enorme effetto sulla chimica del corpo e sul funzionamento degli organi e delle ghiandole, possono alterarne la struttura chimica: impresa impossibile per la scienza ma, non sembrerebbe, per la nostra classe dirigente che da tempo ha indotto la morte cerebrale di molti di noi. Posto del DNA in un contenitore si scoprì, molti anni fa, che cambiava forma a seconda dei pensieri e delle emozioni del donatore. I pensieri hanno, in verità, effetti positivi o negativi sul DNA e possono far ammalare o guarire. Così come chi ci governa?

Se il concetto di vita è ancora sconosciuto e noto solo in via indiretta perché paragonato al concetto di morte, di contro la morte è da ridursi ad una totale “disattivazione” d’ogni attività biologica. Siamo di fronte ad un modello biologico che non ha eguali, di fronte a realtà opposte- la vita e la morte- dove neanche la genetica più raffinata può.

Al pari siamo di fronte ad un paese che personifica e rende protagoniste oligarchie privilegiate e di casta che, nei loro discorsi ed appelli, enfatizzano la necessità di affrontare l’epoca delle sfide e delle opportunità. Un nuovo modello di organizzazione economica, tecnologica e amministrativa, insomma,  generalizzato in ogni luogo, indotto e globalizzato, dove prevalgono nuove forme di povertà, la disintegrazione delle culture, la precarizzazione, lo spopolamento delle campagne, la falsa femminizzazione del mercato del lavoro, l’azzeramento delle coscienze e delle scienze, la de-personificazione che fenomenologicamente sfugge persino al Creato.

Massimizzare e subire parola d’ordine! Estendere le frontiere della nostra conoscenza, risvegliandosi dal sopore o rassegnarsi alla ragione dell’esclusività? Se così è dove pensiamo di andare?

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