Costi della politica – Le mie proposte
di Aldo Perotti
Sull’onda della mancata approvazione di un qualsiasi minimo intervento ai costi della “casta” sono uscite fuori una serie di proposte per la riduzione dei costi, anche in conseguenza della simpatica iniziativa che mette (o meglio rimette) alla berlina i parlamentari con la loro sfilza di privilegi.
Lasciate che anch’io presenti le mie proposte migliorando quelle del PD:
- Riduzione numero dei parlamentari. Una sola camera con un numero variabile di parlamentari proporzionali agli abitanti di ogni singola Regione in ragione di un parlamentare ogni 100-150.000 abitanti. Collegi uninominali a doppio turno. Sarebbe una camera sia federale che nazionale.
- Retribuzioni dei parlamentari. Allineate alla media europea e non più a quelle dei magistrati. Anche quelle dei magistrati vanno allineate alla media europea.
- Vitalizi. Aboliti. Vale la contribuzione figurativa del lavoro che un eletto aveva prima di diventare deputato. Allo scopo di combattere i professionisti della politica si passa ad un massimo di due mandati (se va bene per il Presidente degli Stati Uniti potrà funzionare anche per un deputato).
- Risparmi e trasparenza su affitti e servizi. Contrazione degli spazi occupati dai parlamentari. Per il tempo necessario è sufficiente un scrivania in un openspace. Portaborse e personale di aiuto assegnato d’ufficio (eventualmente sorteggiato) e preselezionato con concorso come i comuni dipendenti pubblici.
- Abolizione di piccoli comuni con unificazione delle funzioni amministrative e istituzione della figura dell’assessore di zona con deleghe territoriali al posto dei sindaci e delle giunte.
- Abolizione delle province, oppure in alternativa,
- Abolizione delle Regioni ed accorpamento delle Province che devono tornare ad essere molto meno di 100 , bilanciate tra numero minimo di abitanti ed una massima estensione territoriale.
- Abolizione di tutte le Società partecipate da Stato ed enti locali e loro inserimento in organico nelle strutture di diritto pubblico. Allineamento dei costi del personale (e di gestione) di queste strutture a quelli pubblici, riduzione, blocco di stipendi ecc. (comporterebbe enormi risparmi).
- Abolizione della figura del manager pubblico che torna ad essere un dirigente pubblico (è una conseguenza della precedente), con costi molto molto inferiori e dati dalla legge.
- Abolizione di auto e voli blu. Rimborso a piè di lista dei servizi pubblici (con tetto di spesa) o in alternativa – previa richiesta – ricorso ai mezzi militari (quelli verdi e con le scritte.. altro che bleu.)
Che il Governo Berlusconi ceda il passo entro Luglio o qui si rischia grosso
Dopo questo nuovo “black monday” dei mercati finanziari non c’è piu’ nulla da chiarire. La manovra finanziaria non va nella direzione giusta. Anzi chiede a molti italiani di classe non abbiente di contribuire alla gran parte del necessario, lasciando inalterati i poteri e privilegi delle tante lobby del Paese.
E questo nell’Italia del 2011 non è piu’ tollerabile nemmeno dagli italiani.
La situazione del Paese è piu’ nera che mai e i mercati danno un giudizio che va oltre lo stock di debito pubblico attuale ma riguarda maggiormente la sostenibilità dello stesso nel medio periodo in presenza di Governo immobile, pieno di problemi e auto referenziale come questo.
Insieme alla crisi dei mercati, come ci si doveva e poteva aspettare, sta dunque arrivando la tempesta perfetta nel Paese.
I cittadini iniziano indiscriminatamente ad incolpare tutta la classe dirigente per una situazione che è chiaramente insostenibile: debito pubblico da far rabbrividire, inesistenza di un mercato del lavoro moderno (che si accompagna a tassi di disoccupazioni reali da far paura), inflazione e tassi di interesse in crescita (con le conseguenze pesanti che ne verrano in autunno), politiche industriali inesistenti, blocco volontario dei settori anti – ciclici (si veda la situazione del mondo delle rinnovabili, a rischio cancellazione, nonostante il popolo italiano abbia detto No al nucleare pochi giorni fa), assenza di concrete e robuste riforme dello Stato e della Politica.
In tutto questo perde credito anche l’opposizione (basta leggere i commenti sulle pagine Facebook dei suoi leader oggi), che sembra non voler seriamente mandare a casa questo Governo.
Mentre invece l’unico messaggio possibile per salvare il Paese è questo: che il Governo Berlusconi si renda conto della situazione, si dimetta volontariamente o su richiesta (qui ci si aspetta una opera del Presidente Napolitano), e si realizzi subito un Governo per le grandi riforme che poi ci porti entro l’anno ad elezioni serie in cui si presentino tre maturi poli elettorali.
Altrimenti qui ad Agosto si rischia grosso.
Incrociamo le dita.
A Matera la Summer School Buon Governo e Cittadinanza Responsabile di RENA
Siamo molto contenti di questa originale iniziativa, che si tiene in un posto così bello come Matera. Vogliamo selezionare qualche IE che voglia parteciparvi. Fateci sapere, entro venerdi, se interessati ad infoinnovatorieuropei@gmail.com
Buon Governo e Cittadinanza Responsabile
E’ questo il tema della prima Summer School RENA, che si svolgerà a Matera dal 27 agosto al 4 settembre 2011.
L’iniziativa nasce dalla convinzione che il miglioramento della qualità della democrazia e della pubblica amministrazione siano nelle mani dei cittadini. Per questo, la formazione deve essere usata per far emergere il talento, coltivarlo e metterlo al servizio del bene pubblico. Per fare dell’Italia un paese a regola d’ARTE.
Tra i docenti invitati hanno già confermato la loro partecipazione Andrea Tuveri, Antonello Caporale, Bill Emmott, Ernesto Belisario, Giuseppe Meli, Gregorio Arena, Massimo Cacciari e Matteo Ciastellardi.
Il Programma
Per una settimana ci confronteremo su progetti pratici che ripercorrono il ciclo di una politica pubblica: dal suo concepimento, alla decisione di adottarla, alla sua realizzazione fino alla valutazione dei suoi risultati. Ci saranno occasioni di confronto con personalità che hanno contribuito ad innovare i loro contesti di riferimento, oltre ad attività extracurricolari finalizzate alla crescita personale e alla conoscenza del territorio. I partecipanti contribuiranno in prima persona alla realizzazione di un portale per il Buon Governo e la Cittadinanza Responsabile, che verrà lasciato in eredità alla città di Matera.
Per maggiori dettagli segui il link al Programma completo e ai Docenti della scuola.
Requisiti di accesso
La procedura di selezione punta ad individuare 30 persone con profili disciplinari diversi, ma accomunati dall’essere cittadini attivi nei loro contesti di riferimento. I partecipanti verranno selezionati da un Comitato Scientifico sulla base di: esperienze maturate; motivazione dimostrata nel formulario di candidatura; competenze che potranno mettere al servizio del gruppo.
Come Partecipare
Ci si può candidare entro sabato 9 luglio (ore 18:00) compilando il formulario online. I 30 selezionati beneficeranno di una borsa di studio per la copertura di tutti i costi di partecipazione (escluse le spese di trasporto).
Contatti
Per maggiori informazioni sul progetto Summer School contattaci all’indirizzo: summerschool@progetto-rena.it
Laboratorio Europa – Coldrano 1-3 luglio 2011
di Alessandra Piccoli
Cari amici innovatori,
ho partecipato con grandissimo interesse e soddisfazione alla tre giorni del Laboratorio Europa organizzata dal PD e vorrei condividere con voi i principali spunti ed elementi di riflessione che ne ho tratto.
Intanto i nuovi obiettivi post Strategia di Lisbona, miseramente fallita per carenza di fondi e di piani di azione strutturati nonché di strumenti “coercitivi” verso gli Stati inadempienti. Ce ne hanno parlato l’eurodeputato Herbert Dorfmann e l’ing. Emilio D’Alessio.
Dopo l’obiettivo economia della conoscenza, che con tutti i meriti era comunque legato al mero aspetto economico, si passa così all’obiettivo di una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. Quindi, obiettivo sostenibilità legato a tre sotto-obiettivi (Europa 20-20-20): – 20% immissione di gas serra, 20% di energia da fonti rinnovabili e + 20% di efficienza energetica. Ulteriore aspetto: gli obiettivi sono vincolanti e sono previste sanzioni in caso di non rispetto (pur sapendo che le sanzioni lasciano il tempo che trovano, ma almeno è un segnale positivo, a mio avviso).
Estremamente illuminate l’intervento di D’Alessio che va oltre l’obiettivo puro e semplice del 20-20-20 calcolando analiticamente quanto costa questo obiettivo, quanto fa guadagnare nel tempo, quanti posti di lavoro è in grado di generare a fronte di quanti ne elimina. Ne esce un quadro talmente positivo da chiedersi cosa abbiano veramente per la testa (o per le mani…) i governanti europei nel non adottare da subito un tale piano. La ricerca va anche oltre, arrivando ad ipotizzare il 100% di fonti energetiche rinnovabile (tra le quali non è contemplato il nucleare) entro il 2050. Punto critico: la necessità di un forte investimento nei prossimi 15 anni che verranno recuperati sotto forma di risparmio nei costi di gestione e approvigionamento in una ventina di anni. Ho rilanciato e rilancio anche qui l’idea di un piano operativo strategico che il PD dovrebbe elaborare in vista delle prossime elezioni.
Anche il tema del cambiamento di approccio nel fare politica è stato argomento caldo del week-end. Ne ha parlato l’eurodeputato Vittorio Prodi, sottolineando la necessità di riportare i principi e i valori per superare la sterile ideologia. Ne ha parlato Brando Benifedi, rappresentante nazionale dei Giovani Socialisti Europei, sottolineando la necessità, anche e soprattutto in seno alle istituzioni europee, di un ritorno alla democrazia diretta, di cui elemento importantissimo sarà la possibilità di liste transanazionali alle prossime elezioni europee. Ne hanno parlato molto intensamente questa mattina Michiel van Hulten, analista politico, il prof. Roberto Farineti e l’eurodeputato spagnolo Miguel Angel Martinez Martinez. In particolare van Hulten sottolinea la necessità di sviluppare la trasparenza, diminuire gli sprechi, l’efficacia delle politiche elaborate e l’opportunità di una elezione diretta del presidente del Parlamento per “politicizzare” le europee e quindi aumentare l’affezione dei cittadini. Farineti ribadisce la necessità di basare la politica su obiettivi e programmi anzichè su ideologie generali e generiche; inoltre evidenzia il problema delle lobbies a Bruxels che tolgono trasparenza e credibilità alla politica europea in parallelo alla tendenza degli europarlamentari a privilegiare le logiche nazionali anzichè quella comunitaria. Martinez pone l’accento sulla ricerca di visione, passione e azione per far innamorare nuovamente i cittadini del Progetto europeo.
Ulteriore tema trasversale molto dibattuto è quello delle strategie di sviluppo/crescita. In particolare l’intervento di Vittorio Prodi che ha espresso la necessità di superare l’idea di crescita senza fine, del PIL come miglio aureo della salute economica e di riportare il benessere dell’individuo al centro. Di medesimo avviso anche il prof. Milia, membro del Comitato delle Regioni.
Di parere totalmente opposto l’onorevole Gozi e il prof. Guerrieri che hanno strenuamente sostenuto che si deve puntare innanzi tutto alla crescita, verde e sostenibile, ma sempre e comunque crescita del PIL. L’onorevole Gozi ha anche sottolineato la necessità di un piano di sviluppo comune poichè le economie europee sono troppo fittamente interdipendenti da poter immaginare linee di sviluppo individuali.
Si è parlato anche di crisi greca, ancora con Dorfann, con il prof. Guerrieri, con l’eurodeputato Pittella e con il prof. Milia. Ognuno ha ovviamente la propria idea e la propria strategia d’uscita (da Pittella che ripropone il metodo keynesiano a Milia che lo ritiene totalmente inadeguato). La riflessione forse più utile dal nostro punto di vista è la valutazione di Dorfann che sottolinea come il vero problema del caso greco non è finanziario bensì legato alla sfiducia che ha indotto nei cittadini dell’Unione verso le istituzioni e verso gli altri Paesi.
Molto tecnici gli interventi della prof.sa Alessandra Lang sulle quattro libertà fondamentali della EU (libertà di circolo delle merci, dei lavoratori, dei servizi e dei capitali), della dott.sa Alice Engl sui Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale (finalizzati al rafforzamento della cooperazione tra regioni ed enti locali, uno strumento di grande attrazione e con ottime dotazioni finanziarie), del prof. Guerrieri sulle regole per sottoporre i bilanci nazionali alla preventiva approvazione europea (a suo dire un ottimo strumento per affrontare la prossima crisi, ma che nulla risolve oggi), del ministro plenipotenziario agli esteri Risi sulla politica estera comune e del generale Del Vecchio sulla politica comune di difesa.
Infine due parole su alcune peculiarità del parlamento europeo. Van Hulten riporta i dati di una ricerca secondo cui i popolari e gli euroscettici sono molto più coesi nelle votazioni rispetto a democratici e socialisti. Prodi e Martinez raccontano di come a Bruxels le decisioni e le votazioni avvengano dopo estenuanti contrattazioni finalizzate a costruire proposte quanto più condivise possibili, nella convinzione delle minoranze di poter solo così incidere sulle decisioni.
Postilla: Martinez ha riferito di aver raccolto prove evidenti di ingenti transiti di dollari dagli USA di Bush all’Europa per far fallire il trattato di Lisbona spingendo per la bocciatura nei referendum di alcuni Paesi. Avete notizie e dati su questo? Io non ho avuto modo di chiedere i riferimenti di tali prove. D’altra parte sarebbe estremamente grave se fosse effettivamente vero e credo che l’opinione pubblica europea dovrebbe esserne portata a conoscenza.
La vera sfera di cristallo: come la rete riproduce e anticipa il senso comune della società
di Michele Mezza e Rocco Pellegrini
Ha vinto la democrazia, ha vinto la gente, hanno vinto i referendari, ha vinto l’opposizione.
Ma sopratutto ha vinto la rete.
Questo è il nuovo spettro che si sta aggirando per il mediterraneo, nelle piazze egiziane, libiche, siriane, tunisine, spagnole, greche ed ora anche nelle urne italiane.
Il popolo della rete è diventato protagonista della scena politica italiana.
I principali osservatori, sorpresi dai risultati delle città come Milano e Napoli, si stanno rassegnando a considerare come plausibile spiegazione l’irrompere di un nuovo strano protagonista: l’elettore in socialnetwork.
Nadia Urbinati, su Repubblica, qualche giorno prima del voto del 12 e 13 giugno, si diceva certa del quorum sulla base della “scoperta” che la TV non è più il domino dei consumi mediatici nel nostro paese. Lo stesso Corriere della sera lunedì 13 giugno in prima pagina annunciava un articolo dall’eloquentissimo titolo “Il web protagonista tra spot ed ironia”.
Gli old media stanno ormai inseguendo i new media.
Il dato che colpisce e stupisce tutti è che nel nuovo mondo digitale i media non siano semplici strumenti di comunicazione, ma ambienti di attivazione, luoghi di relazione, motori di interattività sociale.
Si realizza qui la straordinaria previsione di Marshall McLuhan che già nei lontanissimi, dal punto di vista tecnologico, anni ’70 proclamava che l’utente è il contenuto.
E’ proprio la partecipazione dell’utente nel coprodurre il messaggio il nuovo contenuto ed anche il nuovo contenitore, dei media moderni.
La differenza fra i vecchi e nuovi media sta proprio in questa dinamica che trasforma persino la missione dei media: non più semplici strumenti, per quanto innovativi , di comunicazione ma vere macchine di produzione e di profilazione di soggetti sociali, che vengono trasformati dall’uso delle piattaforme digitali, da Facebook a Twitter.
Il sistema mainstream corre ormai dietro la rete in tutto il mondo non soltanto perché nella rete si arriva prima sui fatti e si creano i trend dei comportamenti sociali, ma soprattutto perché la gente, diciamo la pancia della società che frequenta la rete, sperimenta una libertà ed una potenza di interferenza nei processi decisionali prima di Internet assolutamente sconosciuta perché impossibile.
Questo nuovo “sistema di comunicazione” ha già fatto la differenza nelle elezioni del presidente degli Stati Uniti, come abbiamo documentato nel libro Obama.net, dove raccogliemmo la ricerca sui 4 anni di Obama in rete prima della sua elezione. Un comportamento segnato non dall’uso della rete come megafono, per meglio propagandare la propria candidatura, quanto dalla scelta di puntare sull’area sociale di chi in rete si immerge per lavoro o semplice interesse. Una “nuova classe sociale”, un nuovo ceto che pretende nuove culture di governo e , sopratutto, l’abilitazione a partecipare alle decisioni.
Un fenomeno non dissimile si è affacciato nelle piazze nord africane nei mesi scorsi. A minacciare i regimi al comando sono state folle di giovani, alfabetizzati e connessi che pretendevano un supporto efficiente da parte del proprio governo per competere e vincere sulla scena della propria vita.
L’Italia è diventata laboratorio avanzato di una nuova politica in socialnetwork.
Un’Italia che, forse sorprendendo alcuni osservatori pigri e tradizionali, è già in marcia sulla strada di una trasformazione sociale: 29 milioni di presenze attive in rete, +19% di incremento dell’ e-commerce, +40% di smartphone, 6 ore e mezzo a settimana su Facebook, il 50% delle piccole e medie aziende che già ha adottato soluzione di cloud computing per i propri servizi in rete. Sono dati che ci parlano di un paese nuovo, individualizzato, professionalizzato, competitivo e sopratutto digitale, culturalmente digitale.
Non sono cose nuove queste per noi di mediasenzamediatori.org , la nostra comunity che raccoglie il lavoro della cattedra di Teoria e Tecnica dei Nuovi Media dell’Università di Perugia, che da anni discute appunto delle discontinuità sociali, prima che tecnologiche, della rete.
Mettendo l’utente al centro della rete, possiamo dire, a buon diritto, e potendolo documentare, siamo riusciti a prevedere, con grande precisione l’esito del referendum.
Infatti , già da sabato, cioè il giorno prima dell’inizio delle votazioni mentre dominava la discussione sulla possibilità del quorum, abbiamo fissato il risultato finale della partecipazione al voto in un range che andava dal 55 al 60%. Non ci riteniamo né indovini, né brillanti analisti.
Siamo semplici osservatori dei nuovi fenomeni digitali.
Noi siamo convinti, che se si vuole capire dove vanno le cose nel tempo nostro, bisogna guardare alla rete non diversamente da come nel secolo scorso bisognava guardare alla fabbrica.
In questo spirito abbiamo cercato di usare elementi di statistica inferenziale, molto semplici, per capire le tendenze nei comportamenti di massa e siamo convinti che presto questi giochetti matematici diventeranno scienza “ufficiale” ed influiranno in molti campi, ad esempio nel giornalismo, con fenomeni importanti ed emergenti come il data driven journalism.
La rete, infatti, ci mette a disposizione grandi masse di dati che descrivono i comportamenti delle comunità sociali, delle imprese, dei cittadini nei più svariati campi e che, se correttamente interpretati, ci permettono di inferire cose concrete, molto concrete.
Ad esempio, quando nei giorni passati si discettava del raggiungimento del quorum, abbiamo sviluppato un piccolo programmino. Un programma per acquisire ed indicizzare i dati relativi ai pronunciamenti e alle dichiarazioni in merito al referendum sui principali socialnetwork, Facebook e Twitter.
Al primo campione, relativo a Facebook,abbiamo assegnato il 75% del valore finale ed a quello su Twitter il rimanente 25%.
Il risultato ottenuto ci ha dato una stima del quorum intorno al 58,5% con uno scarto di +-3%.
Non abbiamo diffuso i risultati per puri scrupoli scaramantici, ma ci siamo convinti che la partita fosse vinta con molto anticipo sui tempi reali.
Vuol dire questo che abbiamo un modello di previsione universale? No di certo: una cosa del genere non ha senso.
Ne parliamo semplicemente perché siamo convinti che la rete ci offra strumenti assai potenti e che di qui viene l’innovazione del nostro tempo.
Anche questa cosa dimostra come anche nel nostro paese ormai le comunità di socialnetwork riflettano, sempre più fedelmente, il senso comune di un intero paese.
Esattamente come fu per Obama.
Il divorzio Governo – Paese è evidente. Ecco a noi la (pacata) rivoluzione italiana
I dati che provengono dalla consultazione referendaria, sebbene provvisori, dicono – come Bersani ha già dichiarato – che il divorzio Governo – Paese è enorme ed evidente.
– 57% di votanti (nonostante il lavoro enorme pro astensione sostenuto da Premier e Governo)
– Un range di voto che va da un minimo di 80 % a un massimo del 95% di SI in tutti e 4 i Referendum
E questa è la giornata che certifica un fatto ancora maggiore: l’Italia sta avendo la sua (pacata) rivoluzione del 2011.
Complimenti a noi tutti.
IL 12 E 13 GIUGNO VOTA SI AI REFERENDUM
IL 12 E 13 GIUGNO VOTA SI AI REFERENDUM:
– i primi due sulla PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA
- referendum popolare n. 1
Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Abrogazione;
VOTA SI’ perché i comuni siano liberi di scegliere a chi far gestire la propria acqua
- referendum popolare n. 2
Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma;
VOTA SI’ perché nessuno possa lucrare su un bene primario come l’acqua
– il terzo sulla produzione di ENEGIA NUCLEARE
- referendum popolare n. 3
Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme;
VOTA SI’ perché l’Italia investa sul futuro: fonti energetiche sostenibili, più economiche, più sicure del nucleare
– il quarto sul mantenimento del LEGITTIMO IMPEDIMENTO del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri
- referendum popolare n. 4
Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.
VOTA SI’ perché la legge deve essere uguale per tutti
Non lasciare ad altri il diritto di decidere del tuo futuro.
Quattro sì per dare nuova speranza all’Italia!
E’ importante andare a votare e invitare tutti a fare altrettanto
GLI INNOVATORI EUROPEI
L’harakiri del centrodestra
Se il populismo più becero prevale sulla politica di stampo popolare
In vista del secondo turno delle amministrative di Milano e Napoli la coalizione di governo sembra avere scommesso sulla liquefazione di ogni strategia politica. Già il primo turno aveva rivelato l’insofferenza di tanti moderati nei confronti della retorica dell’estremismo a cui si erano dedicati Berlusconi e i suoi alleati. Evidentemente il messaggio dell’elettorato non è stato recepito con chiarezza. Il presidente del consiglio ha occupato tutti i media televisivi usando toni ed espressioni che mal si conciliano con il suo ruolo istituzionale, così come hanno fatto i numerosi esponenti del governo che hanno paventato fantomatiche invasioni di gay, spacciatori, musulmani e zingari.
Ma non sono queste le preoccupazioni della stragrande maggioranza degli italiani: mentre le ultime statistiche segnalano che un italiano su quattro sperimenta la povertà e la disoccupazione giovanile raggiunge ogni mese un nuovo record temono piuttosto gli effetti catastrofici della mancanza di crescita. Geniale, poi, la sparata della Lega di spostare a Milano alcuni ministeri: una proposta che se tradotta in pratica significherebbe più spesa pubblica e meno efficienza amministrativa.
Il centrodestra, invece di incalzare le proposte di Pisapia sulla base del contenimento della spesa, sembra orientato a scavalcarlo a sinistra offrendo mance elettorali sotto forma di nuovi posti pubblici che i già tartassati cittadini italiani dovranno poi pagare. Una proposta che dimostra il passaggio del PDL dalla rivoluzione liberale al neostatalismo elettorale. E tanto per non farci mancare nulla la Moratti promette condoni sulle multe a Milano e Berlusconi la sospensione degli abbattimenti degli immobili abusivi a Napoli. Anche in questi casi siamo di fronte a provvedimenti che mal si conciliano con la tradizione del centro destra (dov’è finito il richiamo a legge ed ordine?).
L’ultima settimana di campagna elettorale riserverà nuove eccitanti sorprese e l’esito dei ballottaggi è tutt’altro che scontato. Ma di sicuro possiamo dire che questo centrodestra non ha più nulla a che fare, nei toni e nei contenuti, con quello che una forza moderata dovrebbe rappresentare in un grande paese europeo.
Lo spostamento a sinistra del PD e l’evanescenza del Terzo polo che, decidendo di non scegliere, ha rinunciato persino a fare l’ago della bilancia, avrebbero dovuto semplificare il compito al PDL nella riconquista degli elettori moderati. Invece di tornare ai contenuti tradizionali delle coalizioni di centrodestra (liberalizzazioni, contenimento della spesa, sussidiarietà, sicurezza e legalità etc..), si è deciso di procedere sulla strada di un populismo becero e confuso.
Ma in un paese in maggioranza moderato che avrebbe disperato bisogno di una seria politica di stampo popolare e liberale, lo spettacolo che si offre è l’harakiri di un centrodestra che sceglie la strada della guerra civile a bassa intensità. Ben più del candidato della sinistra, è questa decisione che rischia di far avverare la profezia di Bossi: “con Pisapia ci tagliamo le balle”.
Giù le mani dai fondi generati dall’aumento dell’età pensionabile delle donne
E’ in atto un grave furto alle donne italiane, che rischia di passare inosservato:
Il Governo, con l’aumento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego (come da standard europei), si era impegnato ad utilizzare i risparmi che ne derivano – 4 miliardi circa in dieci anni – per interventi dedicati a favorire l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, per la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro e per il fondo non autosufficienza.
Quattro miliardi nei primi dieci anni e, dopo, 242 milioni di euro a regime ogni anno: sono cifre che mai le donne italiane hanno potuto anche solo sognare.
Dobbiamo difendere questo tesoro: consentirebbe alle donne italiane e a tutto il Paese di rimettersi in marcia verso gli obiettivi europei, non solo in termini di equiparazione femminile, ma anche di crescita economica. L’Italia stenta a crescere e non può quindi ignorare ciò che è universalmente riconosciuto: il miglior ricostituente per lo sviluppo è un tasso di occupazione femminile elevato.
4 miliardi in dieci anni per 4 obiettivi:
– un programma pluriennale di investimento pubblico e tracciabile dei “nostri” quattro miliardi
– più servizi per la conciliazione di tipologia diversificata
– più misure a favore dell’inclusione delle donne nel mercato del lavoro a tutti i livelli
– chiara identificazione dei rappresentanti politici e sindacali che realmente si impegnano a sostenere il programma per le donne italiane
Noi che firmiamo questo appello ci mobilitiamo per una azione politica – pubblica e visibile – contro un furto insopportabile per le cittadine di questo paese, irreparabile se dovesse giungere a compimento. Persi questi soldi, sarebbe davvero difficile continuare a parlare di misure per la conciliazione e politiche di inclusione femminile.
Appello congiunto di: A.F.F.I., Amiche ABCD, Arcidonna, Aspettare Stanca, CEMP (Milano, Consultorio familiare privato Laico), Cittadinanza Attiva, Corrente Rosa, Diversamente Occupate, Donne della Banca d’Italia, Donne in Quota, Donne in volo, Filomena,Gruppo Maternità & Paternità, Innovatori Europei, Leipuò, Lucy e Le altre, Ozio Creativo Society, PariMerito, Pari o Dispare, Rete per la Parità,Udi Nazionale, Usciamo dal silenzio, Valore D
Per aderire mandare una mail con i propri dati anagrafici a segretariapod@gmail.com
Energia nucleare e Referendum – Domande e risposte
Le centrali nucleari ci liberano dal petrolio e salvano l’ambiente?
- con l’energia elettrica non possiamo oggi scaldare le nostre case, cucinare, muovere camion, navi, auto, moto, trattori, aerei
- solo rottamando milioni e milioni di impianti di riscaldamento e di veicoli a combustione potremmo evitare di ricorrere ai combustibili tradizionali
- per evitare grandi perdite di energia, le centrali elettriche (nucleari e non) vanno collocate “dove servono” e la loro distribuzione dovrebbe essere capillare
- solo attraverso una capillare distribuzione dell’energia elettrica prodotta, sarebbe possibile sfruttarla efficacemente. Cio’ richiede fattibilita’, costi di realizzazione, riduzione delle perdite elettriche nelle linee, etc
- quindi le centrali elettriche non ci liberano dai combustibili fossili, non riducono le emissioni di CO2, non rappresentano la soluzione alle problematiche energetiche mondiali
- di conseguenza le centrali nucleari (che sono centrali elettriche) non possono risolvere i nostri problemi energetici, non salvano l’ambiente dalle emissioni di CO2, non permettono un’economia “diversa” da quella attuale
Quali sono i reali costi del nucleare?
- L’emissione di radioattivita’ delle scorie si dimezza in migliaia di anni, rendendo praticamente “eterna” la potenziale emissione di radioattivita’ pericolosa. Un tempo enorme che comporta costi spropositati di gestione e rischi difficilmente eliminabili con certezza di emissioni radioattive nell’ambiente
- ad oggi non e’ stata trovata una tecnologia che permetta l’eliminazione “rapida” di queste scorie, per cui insistere su queste tecnologie e’ insensato e coinvolge le generazioni future in un “mutuo” decisamente arrischiato
- i costi delle centrali nucleari vanno quindi ricalcolati aggiungendo tutti i costi di gestione connessi: gestione delle scorie, elettrificazione capillare del territorio, conversione di mezzi e impianti di riscaldamento
- In italia stiamo ancora spendendo miliardi di euro per la dismissione di centrali nucleari chiuse da decenni
Chi investe oggi nel nucleare “attuale”?
- Nessuno. Non c’e’ alcuna corsa alla realizzazione di centrali nucleari basate sulle attuali tecnologie perche’ esse non risolvono alcuno dei nostri problemi energetici ed ambientali
- I motivi sono semplici: costi astronomici, rischi di incidenti, difficolta’ di collocazione. Ecco perche’ tra i tanti paesi industrializzati, perfino gli USA non realizzano piu’ nuove centrali nucleari ma si limitano a mantenere attivi gli impianti esistenti, “a perdere”, in attesa di future e diverse tecnologie, meno problematiche
- il Dipartimento dell’Energia (DoE, fonte certamente difficilmente definibile “ecologista”) indica in documenti ufficiali il progressivo disimpegno degli USA nell’utilizzo di centrali nucleari. Si passa dall’attuale 14.5% per cento al 12% tra vent’anni, attraverso una progressiva e costante dismissione degli impianti esistenti, chiaro “funerale” dell’energia nucleare basata sulle attuali tecnologie
L’energia nucleare e’ rischiosa?
- I rischi esistono e non sono certo “rischi di gioventu’”. Chernobyl, Fukushima sono solo i casi piu’ gravi. Al mondo si sono verificati centinaia di incidenti piu’ o meno gravi, che hanno dimostrato la sostanziale impossibilita’ di utilizzo “sicuro” del nucleare, anche dove e’ stato fatto “tutto il possibile” per evitare incidenti
- i rischi derivanti dalla continua circolazione di materiale radioattivo sono grandi e legati a diversi fattori (incidenti, calamita’, terrorismo, uso improprio, etc)
- la capacita’ di evitare incidenti derivanti da guasti, errrori umani e calamita’ naturali, non aumenta con il passare del tempo. Pertanto la tecnologia nucleare attuale si dimostra di fatto intrinsecamente rischiosa
- l’indubbia efficienza nipponica, la loro capacita’ di convivere con i terremoti e la grande capacita’ di gestione delle tecnologie non e’ stata sufficiente ad evitare che un evento prevedibile e previsto causasse un disastro di proporzioni ancora difficilmente misurabili, con effetti locali e globali ancora da stabilire
- con le centrali elettriche tradizionali non c’e’ possibilita’ di incidenti di cosi’ grande impatto
- un disastro nucleare ha effetti planetari, non solo locali
I molti problemi aperti
- ogni centrale ha lunghe fasi di manutenzione che bloccano la produzione continuativa per tempi non indifferenti, per cui le centrali devono essere realizzate in numero sovrabbondante per poter garantire una produzione continuativa dell’energia necessaria. Questa ridondanza aumenta ulteriormente i costi
- l’energia elettrica richiede capillari linee di distribuzione, non sempre realizzabili. L’energia deve essere prodotta quindi “nei pressi” dell’utilizzatore finale. Il trasporto su lunga distanza ha costi notevoli e non sempre e’ possibile realizzarlo
- il combustibile nucleare ha altissimi costi di produzione, trasporto, trattamento, riciclaggio, stoccaggio, oltre che di sicurezza, per impedire che venga trafugato od utilizzato in modo improprio
- esattamente come per i combustibili tradizionali esistono problematiche commerciali e geo-politiche non indifferenti
Riflessioni per il referendum
- forse in futuro le tecnologie nucleari potranno darci risposte a molti problemi. Oggi “questo” nucleare costa troppo, e’ rischioso e puo’ essere sostituito da altre fonti di energia elettrica meno problematiche
- solo in questo modo potremo evitare scelte “di mercato” del tutto lontane dagli effettivi interessi e necessita’ delle persone
Ai referendum del 12 e 13 Giugno diciamo quindi un chiaro e forte SI all’abrogazione dei progetti nucleari del governo