Innovatori Europei

Significativamente Oltre

Come si risponde al Partito Amazon di Grillo?

di Michele Mezza

Per fortuna che c’e’ la crisi.

E’ davvero il caso di dirlo dinanzi allo sfacelo politico. La crisi, con la sua salutare azione di disillusione per chiunque ancora spèeri di sopravvivere con le vecchie ricette, è oggi l’unico motore del cambiamento.

Un motore che in assenza di una spinta consapevole ed autonoma della comunità nazionale, può comportare, come tutte le rivoluzioni passive, uno sbocco conservatore.

I dati elettorali ci confermano che i problemi sono grandi, ma tutto è possibile, perfino una positiva ripartenza.

I dati ci segnalano alcuni scenari di fondo:

– Una destra  senza contenitore, dove  i flussi elettorali tracimano in cerca di vettori.Il letto del fiume non è a secco, anzi, ma non ci sono argini.

– La sinistra ha invece solo contenitori, senza spinta dell’acqua, che compress da argini alti ristagna ma non spinge.

– Infine il segnale di una irriducibilità fra ceti socio anagrafici e una leva politica che non si intendono. Sembra che parlino lingue diverse: grillini, localisti, leghisti vari, continuano a declinare una domanda di rappresentanza senza assistenza, e la politica risponde con un’offerta di assistenza senza rappresentanza.

Ancora una volta l’insorgenza del malessere non deve essere confuso con la patologia. Grillo è la Bonino di turno, che ricordate, arrivò alle europee fino al 9% nazionale.

Con due differenze: la rete come forma, la lunga coda come organizzazione. Grillo infatti unifica un caleidoscopio di differenze: Parma, Vicenza, Genova,Sicilia, sono facce di un movimento assolutamente estranee l’una alle altre. Il modello è esattamente la lunga coda di Andersen: ogni prodotto trova la sua nicchia, ogni consumatore chiede un prodotto differente. Grillo apre la sua Amazon elettorale e coagula la differenza dandole un respiro nazionale. Il linguaggio e la forma di tutto questo particolarismo è la rete, che significa, estraneità alla TV, lontananza dal palazzo, selezione delle professionalità. I partiti imbarcavano gli avvocati, Grillo fa eleggere gli informatici.

Il sintomo è ormai chiaro:si apre la stagione della generazione che non ha nulla da chiedere. Si spara sul malaffare perchè non si ha niente da chiedere di concreto e personale.

I grillini, come i designer di Milano, o i gastronomi di Slow Food, o  i ricercatori della Normale, non chiedono nulla alla politica perchè giocano su scenari globali, dove la negoziazione parte dai livelli di sapere che si possono scambiare.

La destra cercherà ora di rispondere con la ricetta del 94 di Berlusconi: raccogliamo i cocci o vincono i cosacchi.Casini sarà costretto a starci, e la Chiesa si giocherà le suggestioni di Todi sull’altare di una nuova sacra alleanza(Fini, come previsto, sotto i ponti).

La sinistra replicherà, con uno slogan simmetrico: compattiamo l’alleanza possibile per non far vincere Berlusconi. Tutti  e due  si perderanno al centro, mentre le rispettive basi sociali si dispiegheranno nelle fascie laterali, dove i conservatori cavalcheranno il populismo anti democratico, e i riformatori la conflittualità territoriale.

Il vero buco nero, più che le fanfaronate sui conti dei partiti, sta proprio nell’incapacità di declinare i nuovi linguaggi dell’autorappresentazione: la rete , come spiega Castells, nasce dal protagonismo dell’Io.

Chi federera’ le moltitudini degli infiniti io? la cultutra di massa non sa rispondere. Il lavoro non trova legami da annodare.

Solo la ricomposizione di alleanze locali, fra saperi, amministrazione e competizione, può comporre le tre esse di un programma plausibile: sussidiarietà, solidarietà, sviluppo.Obama sta traducendo in inglese i tre termini. In Europa chi raccoglie la sfida?

Manifesto Donne per Giuseppina Bonaviri candidata sindaca di Frosinone

Manifesto Donne per Giuseppina Bonaviri candidata Sindaca di Frosinone

Noi sosteniamo la candidatura di Giuseppina Bonaviri,

una donna impegnata, un’intellettuale, una mamma che lavora e conosce i mille e più ostacoli che ogni giorno devono superare le donne che vivono in Italia.

Una donna che ha fatto una scelta coraggiosa: si è candidata da sola, senza Partiti alle spalle, creando liste civiche composte per la maggior parte da donne e da giovani, i grandi esclusi del nostro tempo, le uniche risorse che abbiamo oggi per rinnovare la classe politica di un Paese in ginocchio.

Una scelta di attività politica come servizio alla sua città, con un programma innovativo e ambizioso: gestione dei beni comuni della città come patrimonio di tutti non negoziabile; trasparenza dei bilanci e codice etico per l’amministrazione della cosa pubblica; meritocrazia e pari opportunità come cardini dell’accesso alle cariche pubbliche e l’ascesa ai vertici; etica nella politica quale elemento imprescindibile per il funzionamento di un Paese; creazione di una città a misura di donne e di giovani; e molto altro.

Facciamo a tutti un appello: non votate più i soliti noti. Votate con il cuore tutte quelle persone in cui ritrovate uno spirito di servizio per la comunità ed un umano sentire che si avvicina al vostro e che senza grandi proclami o promesse è portato a risolvere in modo pragmatico e serio le difficoltà che ci troviamo a vivere.

Giuseppina Bonaviri è sicuramente una di queste persone e il suo coraggio e la sua volontà ne fanno un punto di riferimento ed un esempio di impegno sociale per tutte le donne.

Ecco le prime firme:

Paola Diana, Fondatrice PariMerito e NEXT Network

Barbara La Rosa, Presidentessa Empatia Donne

Maria Cristina Terenzio, NEXT Network

Raffaella Baraldi, Presidentessa Associazione Lei Può

Rosanna Oliva, Presidentessa Rete per la Parità

Paola Caporossi, Direttrice Fondazione Etica

Francesca Chialà, Fondatrice NEXT Network

Luisa Pezone, Fondazione Mezzogiorno Europa e Innovatori Europei Napoli

Alessia Centioni, politologa e Innovatori Europei Brussels

Claudia Bettiol, Fondatrice European Common Goods

Serena Romano, Presidentessa Corrente Rosa

Fucsia Nissoli Fitzgerald, imprenditrice USA

Flavia Marzano, Presidentessa Stati Generali dell’Innovazione

Prof. Rawdha Zaouchi-Razgallah, Tunisia

Flavia Baldassarri, Ricercatrice Università degli Studi di Perugia

Simona Rodano, Manager di Incanto Productions

Angela Creta, Ricercatrice Università La Sapienza di Roma

Stefania Schipani, Economista Istat

Lisa Del Percio, Manager Alitalia USA

Maria Gina Aiello, Italian cultural foundation – Rhode Island – Usa

Ketty Trimarchi, amministratore Delegato gruppo RSA

Arcangela Aiello, stilista di moda

Sonia Fatnassi, Manager

Melania Fitzgerald, attivista politica italo americana

Patrizia Missagia, Manager della comunicazione

Giusi Conti, Presidentessa gruppo Sojuma Tvl

Tatyana Lorenzini, attrice

 

1° Maggio e Politica del lavoro

In occasione della festa dei lavoratori, ecco alcune nostre considerazioni sul tema, nate da una discussione interna, coordinata da Luca Lauro:

Il lavoro è un bene pubblico, questa è la premessa di una corretta politica del lavoro, anche quando è lavoro privato.

La fase storica che stiamo vivendo è caratterizzata da un grave errore di valutazione da parte dei protagonisti siano essi i decisori quanto i rappresentati, l’idea che essere disoccupato sia un problema solo del singolo e non della società;

questa errata  valutazione sta de-strutturando le coscienze individuali e collettiva, condizionando negativamente la cultura occidentale e neanche l’eco della più importante disposizione della Costituzione, che dice l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, resiste a questo andazzo mediatico, sociale ed economico.

L’articolo 1 della Costituzione infatti intende ora come allora affermare e chiarire agli italiani qual’è la direzione verso cui guardare tutti senza esistazione e quali sono i valori i beni fondamentali che condividiamo in vita come nella morte:

la Res-pubblica, la ricchezza di tutti, la Demos-crazia il governo di tutti, il Lavoro, il fare di tutti.

Quindi sebbene il lavoro sia la più importante risorsa dell’economia la sub – cultura di oggi tende a considerarlo sempre di più come un problema anche da parte di chi ha le responsabilità pubbliche e politiche, proprio a causa di una radicata visione miope della realtà, che finisce per essere l’unica visione.

L’attuale politica del lavoro impostata dal governo in carica conferma questa impostazione:

si parte dall’assunzione di un obiettivo politico che è senza dubbio economicamente legittimo e opportuno, come l’aumento della produttività di sistema per essere concorrenti sui mercati internazionali, superare la crisi e rilanciare lo sviluppo, ma ciò dovrebbe avvenire con l’aumento delle ore totali di lavoro da un lato e la riduzione dei lavoratori impiegati nel processo economico dall’altro, lasciando a casa braccia e cervelli per una politica del lavoro asservita alla logica di poteri forti e circoscritti sia politici che  finanziari.

E’ evidente che lo stesso risultato può essere raggiunto in maniera più efficiente e meno rischiosa aumentando gli occupati, sicchè l’aumento dell’occupazione deve ritornare ad essere un obiettivo prioritario.

La verità è che l’attuale politica non ha il coraggio di attuare una vera riforma del lavoro che renda disponibile le forze sane alle parti di sistema produttivo che più ne hanno bisogno e allo stesso tempo non crea le condizioni per aggiornare e migliorare le professionalità che sono rimaste indietro, anche per la mancata innovazione dei processi produttivi ed economici in cui i lavoratori sono già impiegati:

la politica del lavoro deve ritornare ad essere politica di investimento nelle risorse umane, siano esse quelle di nuova entrata nel sistema siano esse quelle già coinvolte; tutti devono essere motivati a guardare nella stessa direzione e con fiducia dando un proprio contributo;

concretamente, le imprese che assumono a tempo indeterminato devono ricevere sgravi fiscali duraturi, ma altrettanti devono essere i benefici riconosciuti alle imprese che investono in programmi di formazione per aggiornare il livello professionale delle proprie risorse umane.

Questo nuovo trend non tarderà a ridare all’economia quello stimolo di cui ha bisogno da troppo tempo.

Sarà questo un tassello importante per riconoscere all’impresa quel ruolo sociale che merita quando lavora lealmente nel rispetto delle leggi e che deve aiutarci a superare l’idiota e fallimentare contrapposizione ideologica impresa/lavoratori che ancora ci impedisce di formulare soluzioni corrette ad un problema di sistema economico, tramite la politica del lavoro.

Quasi un centinaio i partecipanti alla “biciclettata bonaviriana” oggi a Frosinone

Quasi un centinaio i partecipanti alla “biciclettata bonaviriana” oggi a Frosinone

Un’altra bella e serena mattinata in mezzo alla gente, in una calma ma viva Frosinone.

Dopo il successo di ieri di #salviamoiciclisti – movimento che sosteniamo vivamente – che ha visto decine di migliaia di biciclette a Roma, Londra e altre grandi città, oggi le biciclette della Bonaviri, quasi un centinaio ad inizio giornata, hanno girato per tutta la città.

Nel contempo sono stati quattro i banchetti fissi allestiti nella parte bassa di Frosinone, dove i candidati consiglieri e la Bonavir hanno discusso con la cittadinanza.

C’è una bella atmosfera in città. Ma ce lo aspettavamo in realtà.

A una settimana dal test elettorale siamo contenti e consapevoli del nostro lavoro fatto di sobrietà, contatto con la gente e di proposta di temi politici nuovi per un serio e sostanziale cambiamento nella nostra “piccola capitale”.

Un percorso indipendente e puro – il nostro – che siamo sicuri la gente – almeno una parte di Frosinone – abbia già molto compreso.

www.bonaviriafrosinone.wordpress.com

bonaviriafrosinone@gmail.com

Clonare @fabriziobarca

 di Alessandro Aresu (su Lo Spazio della Politica)

Negli ultimi giorni ha preso piede il rumor giornalistico-politichese (a partire dall’articolo di un quotidiano maestro di questo genere ) secondo cui il Ministro della Coesione Territoriale Fabrizio Barca potrebbe essere un nuovo Romano Prodi, capace di unire i delusi di questa stagione politica in un progetto di rilancio dell’Italia.

Questa notizia mi ha sorpreso, perché avevo deciso, a partire da uno scambio di battute su Facebook con Massimo Preziuso, di dedicare a Barca una nuova puntata della serie di profili de Lo Spazio della Politica che propongono la “clonazione” delle personalità italiane che ci hanno colpito (una storia cominciata qui). Finora non ho mai preso posizione sulle figure da clonare e non vorrei basarmi su indiscrezioni giornalistiche, ma su un altro livello di approfondimento. Prima, una breve nota sulla serie della “clonazione” dello Spazio della Politica: cerca di essere un esercizio con una morale, perché l’attenzione per le personalità (senza che diventi un’ossessione) vuole dare l’idea di una cultura dell’esempio. Ognuno di noi si porta appresso un pantheon di maestri diretti e indiretti, consapevoli e non consapevoli. Non è possibile basare un percorso e una visione del mondo solo su di sé e vale la pena di stare in dialogo, se si vuole crescere.

La stessa descrizione del ministero di Barca, per la coesione territoriale, è il primo passaggio  su cui vale la pena di soffermarsi. Direi che, prima dei colpi giunti dalle recenti vicende, è stata la scelta politica con cui Giorgio Napolitano ha allungato le celebrazioni dell’Unità d’Italia e tolto la stagione leghista dall’agenda. Al posto del federalismo, la coesione: si tratta di un ministro senza portafoglio, ma il messaggio che fornisce è opposto a quello della retorica della rivendicazione di indipendenza per una parte dell’Italia rispetto a un capro espiatorio, sia nella prospettiva del Nord che nella prospettiva del Sud. Allo stesso tempo, con Barca Napolitano ha recuperato una figura che, rispetto ai colleghi ministri, presenta alcune particolarità. È vero, proviene dall’amministrazione pubblica come molti altri. Troppi, a mio avviso, non solo perché Lucio Caracciolo è meglio di Terzi ma per un motivo che non riguarda le nostre preferenze faziose: quando hai un problema di inefficienza della spesa pubblica l’amministrazione centrale è pienamente coinvolta, ed è utopico pensare che si impegni seriamente per l’autoriforma, a partire dall’autocritica necessaria per ogni processo di questo tipo.

Il padre di Fabrizio Barca, Luciano, è stato responsabile economico del PCI, e lui è stesso è stato membro di quella fucina di classe dirigente che è stata la Federazione dei Giovani Comunisti Italiani. Più ancora che sulla sua collocazione politica, tuttavia, vorrei soffermarmi su tre punti. Il primo riguarda proprio la necessità di riempire di contenuto l’espressione continuamente ripetuta, “classe dirigente”, nel contesto della storia dello sviluppo e dell’impresa in Italia. Un profondo conoscitore della società e dell’impresa italiana, Giulio Sapelli, ha pubblicato un pamphlet critico sul governo dei professori (si può leggere per intero su Linkiesta), in cui se la prende contro la “crudeltà istituzionale” del governo e scrive:

I professori italiani, come quelli europei e di tutto il mondo, vivono nell’iperuranio dell’astrattezza, in primo luogo gli economisti che troppo spesso sono solo professori e non intellettuali, con conseguenze ancor più umanamente devastanti: concepiscono i soggetti umani come cavie e non come persone.

Chi, come lo stesso Sapelli, ha letto “Storia del capitalismo italiano”, sa che questa definizione non si applica affatto a Barca, che i suoi lettori conoscono come intellettuale. In quel testo, l’economista parte dal progetto incompiuto di Raffaele Mattioli (che nel 2012 compie quarant’anni) dell’Associazione per lo studio della classe dirigente dell’Italia unita e compie un’analisi pregevole della fase “gloriosa” del capitalismo italiano secondo la categoria del compromesso senza riforme. È un saggio che consiglio a tutti quelli che sono interessati a capire le occasioni mancate dello sviluppo italiano, in un volume che spicca anche per la capacità del curatore di aggregare alcuni dei migliori studiosi che aiutano a comprendere il nostro Paese, da Franco Amatori a Marcello De Cecco. Analisi di questo genere segnalano, tra l’altro, che la risposta alla domanda cruciale “Come è fatta l’Italia e come è possibile cambiarla?” non deve giungere necessariamente dai consulenti di Boston Consulting Group o di McKinsey. Non è obbligatorio pagare profumatamente questa gente affinché ci insegni a pensare e a vivere sotto forma di report. La risposta può giungere anche da chi l’Italia l’ha girata di persona e, come nel test dell’ultimo libro di Charles Murray, ha magari messo almeno una volta piede in un capannone o in una stalla. E può venire da quei serbatoi, come la Banca d’Italia, in cui il nostro Paese, tra pregi e difetti, ha mostrato di poter produrre classe dirigente. Senza alcuna stupida presunzione autarchica e avendo sempre davanti l’errore del dopoguerra, quella “rinuncia a disegnare un meccanismo istituzionale che assicuri il rinnovamento del ceto dirigente”, altrimenti il “compromesso senza riforme” si trasforma in “nostalgia senza progetto”. Confortati da nuove testimonianze, ci ritroviamo ancora a celebrare il grande Raffaele Mattioli, senza sapere che fare, un po’ sconfortati.

Il secondo punto per cui abbiamo bisogno di “Clonare Fabrizio Barca” riporta all’articolo di Chiara Mazzone che abbiamo pubblicato a gennaio, “Ce la faremo a spendere i fondi europei nel 2012?”, a cui rinvio per maggiori approfondimenti. L’innesto tra interesse nazionale e politica europea è uno dei punti su cui Lo Spazio della Politica cerca di spendersi di più, fin dai contributi di Moris Gasparri e Matteo Minchio al nostro lavoro collettivo sull’Europa di tre anni fa. Già nel 2003, su Limes, Barca invitava a “prendere sul serio la politica di coesione comunitaria, attiva, con i suoi 30 miliardi di euro annui di dotazione” suggerendo per il Paese una mappa in quattro punti: per la competitività di tutte le regioni, meno aiuti di stato e addizionalità, difendere la “Maastricht del Mezzogiorno” e riformarne le regole, contenere il contributo finanziario netto dell’Italia. Dopo dieci anni, giornali come “Il Corriere della Sera” indicano con un cronometro il tempo trascorso dall’impegno dei presidenti delle camere per la riforma sul finanziamenti ai partiti. È un tema di rilievo e sentito fortemente dai cittadini, come quello che riguarda la legge elettorale. Allo stesso tempo, noi pensiamo che sia altrettanto urgente, seppur più faticoso da inserire nel dibattito pubblico, il cronometro dei fondi europei. Un tema non percepito, ma cruciale, perché dietro quel cronometro vi sono grandi, medie e piccole opere infrastrutturali, nuove imprese, percorsi di formazione, posti di lavoro, oltre alla questione dell’efficienza della nostra amministrazione pubblica. Dobbiamo anche pensare a questo, magari in una pausa dei nostri continui litigi, e a Sergio Fajardo, ex sindaco di Medellin, che negli edifici riqualificati nelle zone degradate delle città faceva appendere lo striscione “le vostre tasse sono qui!”. Anche questo sarà un mattoncino della coesione, che vince quando è più concreta della paura e del generico auspicio della bellezza della tassazione, e quando non si riduce al semplice catalogo delle cose da fare.

Infine, e questa è la ragione del titolo, il terzo motivo per cui vale la pena di clonare il ministro Barca riguarda il suo uso di Twitter. Il ministro è su Twitter dal 5 dicembre 2011 e la lettura integrale delle sue comunicazioni (la parte curata dallo staff è molto minoritaria, anche se presente per la cronaca live degli eventi) dà una buona prospettiva sulla sua attività di governo, dal racconto delle diverse città e strade italiane che ha visitato, al suo profilo di studioso (vedi i tweet sul servizio dell’Economist sull’ascesa del capitalismo di stato, qui il dibattito) per giungere poi al punto più importante, l’interazione con i cittadini, oltre che con i giornalisti e le altre autorità. Questa parte del profilo di Barca, con un po’ di buona volontà, non sarà poi difficile da clonare.

Innovatori Europei nel libro “Lobbying & Lobbismi”

Il valore del lobbying per la democrazia e la crescita dell’Italia. Spesso denigrata in Italia, nel suo libro Gianluca Sgueo illustra le virtù di un’attività lobbistica regolamentata e riconosciuta, suggerendo le regole per farla funzionare in modo efficiente e trasparente

Le cronache degli ultimi anni in Italia, il caso Bisignani, ultimo in ordine di tempo, e l’opposizione alle proposte di liberalizzazioni avanzate dal governo Monti, hanno rafforzato le connotazione negative associate alle lobby, viste come raggruppamenti di affaristi, difensori di caste e faccendieri. Nel suo volume Lobbying & lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale (Egea 2011, 263 pagg., 24 euro) Gianluca Sgueo mostra invece come fare lobbying può essere un’attività trasparente e regolamentata con un ruolo fondamentale per il buon funzionamento della democrazia e dell’economia, disegnando le linee guide per favorire in Italia una crescita culturale nei confronti del lobbying e instaurare un sistema efficace e funzionale.

Come sostiene infatti nella sua prefazione Giuseppe Mazzei, direttore dei Rapporti istituzionali del Gruppo Allianz, in Italia permane “la congiura dell’ignoranza…dove la parola lobby è usata quasi sempre a sproposito come sinonimo di attività illecite o traffici immorali.” Mentre invece “il lobbismo corretto e ben regolamentato è un elemento cruciale per migliorare la competitività del sistema imprenditoriale e in genere del sistema democratico.”

Nel volume infatti Sgueo illustra in maniera vivace e dettagliata la funzione dei lobbisti in una democrazia contemporanea, funzione che fa parte del meccanismo che favorisce una democrazia partecipativa in cui viene incentivato il coinvolgimento dei cittadini nell’assunzione delle decisioni. Il fenomeno viene così fotografato, con esempi tratti sovente dal mondo anglosassone, illustrando i benefici ma anche i problemi senza timore di sottolineare aspetti e esempi negativi. Benefici che in termini di ritorno economico sono stati valutati dalla University of Kansas in uno studio che ha preso in considerazione un’attività di lobbying di 300 milioni di dollari che ha avuto un  ritorno di 220 volte il capitale investito.

Sgueo ripercorre con interviste e resoconti il ruolo delle lobby nelle campagne elettorali e nei processi democratici negli USA e Gran Bretagna, trovando in Italia pochi casi positivi da illustrare, come i risultati ottenuti dalla regolazione sul lobbying predisposta dalle Regioni.

La categoria in Italia attraversa infatti una profonda crisi di legittimazione, con le lobby dipinte come centri di potere finalizzati a raggiungere scopi non leciti o non negli interessi dei cittadini. Una crisi aggravata dalla mancanza di una regolamentazione organica, dall’assenza di un regime di trasparenza, dalla delegittimazione della politica e dei partiti e dalla mancanza di rappresentazione degli interessi del tessuto imprenditoriale prevalente, quello delle Pmi. Gli imprenditori, soprattutto quelli più piccoli, non si sentono rappresentanti dalle associazioni tradizionali e scalpitano per avere più peso.

Un sistema incompiuto che, secondo Sgueo, è specchio “dell’incompletezza di un intero sistema decisionale, di una ‘democrazia incompiuta’… Regolare coerentemente il lobbying significa dare alla nostra democrazia maggiore spessore, riconoscendo alla società civile il libero esercizio di iniziativa e, superando definitivamente il mito dell’interesse pubblico, ponendo il decisore a livello dei cittadini o delle imprese portatori di interessi.”

Sgueo entra poi in dettaglio sull’insieme di norme e approcci che va introdotto per dare al lobbying la sua giusta collocazione e dignità in Italia. La positività del lobbying può esistere infatti solo a condizione di fare e osservare regole. Ciò che serve in primo luogo, secondo Sgueo, è “una legge che disciplini le modalità di accesso alla categoria dei lobbisti, che ne definisca le modalità d’azione e la deontologia… Una definizione corretta del confine tra ciò che è lecito e non lecito fare nell’esercizio di pressione sul decisore pubblico è il problema più importante.”

Serve poi, secondo Sgueo, un investimento serio sulla formazione e selezione dei lobbisti con un sistema che prepari i futuri professionisti e che premi i più meritevoli. “L’ultimo passaggio potrebbe e (dovrebbe) essere l’integrazione ‘ufficiale’, e non più ufficiosa, delle pratiche di lobbying nel sistema democratico,” conclude Sgueo.

Gianluca Sgueo, giornalista, è ricercatore presso il Center for Social Studies dell’Università di Coimbra, docente presso l’Università degli Studi della Tuscia e direttore dell’Area Istituzioni di I-Com.

 

Riflessione sul Mediterraneo a Frosinone con la candidata Bonaviri

La Bonaviri tra la gente e una riflessione sul Mediterraneo

In una giornata passata tra la gente nelle pozzanghere di Frosinone, la Bonaviri ha anche dibattuto con Luca Lauro e Massimo Preziuso di Innovatori Europei e altri amici sul tema del Mediterraneo e in particolare sulle opportunità commerciali per le imprese e i lavoratori del Frusinate.

Ve ne proponiamo una sintesi:

1 – Innanzitutto vi sono dei motivi di carattere generale a giustificare l’interesse delle imprese italiane rispetto ai paesi che sonostati recentemente attraversati dalla primavera araba:

sono stati rimossi importanti regimi che, facendo da tappoalla democrazia, infarciti da una corruzione spesso internazionale, hanno impedito per decenni uno sviluppo possibile nell’agricoltura come nell’industria, partendo dal fatto che si tratta di paesi ricchi di materieprime energetiche in primis petrolio e gas naturale.

Il passaggio a forme democratiche di partecipazione sta ulteriormente stimolando la progettazione di nuove infrastrutture economiche ela stessa Unione Europea, che da tempo ha varato progetti finanziari di cooperazione per lo sviluppo del Mediterraneo, è particolarmente interessata agli esiti economico sociali che si avranno nell’area: in questo momento arrivare lì per primi potrebbe significare conquistare delle quote di mercato solide e durature, anche per il fatto che leimprese e i gruppi di diversi paesi occidentali, hanno seguito negli scorsi mesi le direttive delle proprie ambasciate e si sono ritirati temendo il peggio dalle rivoluzioni in corso.

In tal senso gli italiani sono visti particolarmente di buon occhio in tutto il nord africa e nello stesso Libano dove un contingente di 2000 uomini presidia stabilmente la zona assegnata per favorire gli equilibri di pace con Israele.

2 – Si verifica spesso un errore di valutazione da parte delle imprese intente ad escludere le aree di conflitto dalle proprie rottecommerciali:

il fatto che siano in corso dei conflitti o che si siano dapoco placati non significa che l’economia si sia fermata, al contrario lestesse dinamiche politiche che hanno portato ai conflitti segnano il ribaltamento degli equilibri preesistenti e per tali motivi rivitalizzano gliscambi, la ricerca di nuovi fornitori, prodotti e partner commerciali senza considerare che prima o poi si scatenerà il business della ricostruzione,e in tale momento esserci da prima significa rimanere per sempre; nei paesiislamici spesso è importante essere accreditati prima istituzionalmente peravere un buon seguito con gli affari privati, percui il ribaltamento dellesorti politiche offre nuove importanti opportunità a chi per primo saprà dialogare e conquistarsi l’amicizia delle nuove leadership.

3 – L’interesse nazionale ad accrescere e fortificare le relazioni commerciali con paesi ed interlocutori le cui principali voci di esportazione corrispondano con quei beni di cui abbiamo più bisogno, e chiaramente in primis il petrolio e il gas naturale:

infatti bisogna considerare che il business porta altro business per cui, avere rapporti con paesi ricchi di energia è molto meglio che scambiare con paesi trasformatori a basso prezzo come la Cina, che se da unlato ci riempie gli scaffali di merci economiche (facendoci concorrenza) dall’altro non placa il nostro bisogno di materie prime che dovrà comunque essere soddisfatto importando da un’altra parte, con la conseguenza dipeggiorare l’equilibrio generale della bilancia commerciale.

4 – L’amicizia con i paesi del mediterraneo potrebbe favorire finalmente in futuro rotte di scambio umano non più per necessità ma per turismo, grazie allo sviluppo economico sociale di quei territori che farebbero a loro volta da cuscino di assorbimento per le migrazioni provenienti dal centro africa.

 

5 – A fianco a queste motivazioni di carattere generale vene sono altre particolarmente apprezzabili per le imprese italiane.

Ovviamente la prima è data dalla prossimità dei mercati che si affacciano sul mediterraneo: significa che essi sono geograficamente meno distanti, il che equivale a costi e rischi proporzionalmente inferiori rispetto al raggiungimento delle merci verso altri paesi più lontani, ma anche che sonoculturalmente più vicini, laddove spesso sono rintracciabili matrici storiche comuni come quelle determinate dal passaggio storico dei saraceni nel suditalia e che rendono le popolazioni islamiche spesso più sensibili alle proposteitaliane rispetto a quelle più economicamente vantaggiose provenienti dalla Cina e dall’estremo oriente, i nostri maggiori competitor assieme alla Germania nel commercio internazionale. La minore distanza oltre a rendere i trasportidi merci e persone più economici permette anche una maggiore e migliore gestione di possibili investimenti italiani in loco.

6 – Le imprese del Frusinate hanno rivelato un forte dinamismo sui mercati esteri a partire dal 2006:

il confronto dei saldi normalizzati import/export con i dati nazionali, ne fa una provincia in enorme crescita sulla quale sarà beneinvestire con politiche mirate di sviluppo.

Nel 2006 le esportazioni dal territorio provinciale verso l’estero contavano circa1,900 mld di euro e nel 2011 hanno registrato 4,165 mld di euro, sonopraticamente raddoppiate, il che significa che c’è una forte vitalità imprenditoriale che va correttamente guidata dove possa avere dei riscontri disviluppo e stabilità in termini di relazioni commerciali; in particolare nell’ultimo anno sono stati particolarmente attivi i settori delle bevande, degli articoli in pelle, degli articoli ingomma e materie plastiche e degli autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, tutte categorie merceologiche che possono trovare ampi sbocchi nei mercati che si affacciano sulla sponda meridionale del mediterraneo.

Queste considerazioni per dire che anche grazie a rinnovate relazioni con il Mediterraneo Frosinone può ambire al ruolo di “piccola capitale”

Elezione Hollande in Francia interessa l’Italia e la UE

di Gianni Pittella (su www.trentamag.com )

 

Il nostro paese deve guardare con grande attenzione al primo turno delle elezioni presidenziali che si terranno domani in Francia. Lo dico non per un interesse politico di parte, ma perche’ la Francia, l’Europa e l’Italia hanno bisogno che il socialista Francois Hollande sia eletto il prossimo 6 maggio Presidente della Repubblica francese.

E’ un sentimento che so essere condiviso anche da molti esponenti italiani di centrodestra e il motivo è chiaro: la Presidenza Sarkozy ha contribuito ad indebolire i valori europei in nome di una visione fragile e confusa dell’Europa. Troppo spesso ha seguito passivamente le indicazioni di Angela Merkel, costringendo l’Europa ad un’austerita’ forzata che deprime l’economia. L’Europa di Sarkozy e’ l’Europa della crisi senza fine, della disoccupazione di massa, dell’impotenza della politica di fronte alle forze finanziarie. Con Francois Hollande e’ possibile voltare pagina e ridare fiato all’Europa della crescita, dell’occupazione e dello sviluppo.

Per sostenere la crescita di lungo periodo e’ fondamentale riprendere lo spirito della lettera che 12 governi, tra cui l’Italia, hanno inviato in febbraio a Barroso e Van Rompuy: bisogna completare il mercato interno per sostenere la crescita di lungo periodo superando le strozzature che oggi esistono nel mercato unico. Il completamento del mercato interno consentira’ non solo una maggiore crescita ma permettera’ anche di superare quelle asimmetrie macroeconomiche che oggi minano la zona euro. Mi riferisco all’esistenza di un dualismo economico tra un blocco germanico economicamente centrale e prospero e una periferia mediterranea, fragile e deindustrializzata.

E’ necessario andare oltre l’austerita’ imposta dal Fiscal Compact, come sostengono i socialisti francesi, il nostro gruppo S&D al Parlamento di Strasburgo e tutti i partiti nazionali aderenti alla grande famiglia del Partito socialista europeo.

Il capo-economista del Fmi, Olivier Blanchard, ha giustamente parlato di una schizofrenia dei mercati finanziari: non si puo’ infatti chiedere allo stesso tempo una maggiore austerita’ assieme a una maggiore crescita, come certi operatori finanziari stanno facendo. Con l’austerita’ fine a se stessa infatti non si crea crescita, ma recessione. I conti pubblici vanno certamente risanati, ma solo nuovi investimenti destinati a sollecitare la crescita dell’economia garantiranno la sostenibilita’ delle nostre finanze pubbliche. Per questo vincolare la nostra capacita’ espansiva introducendo il pareggio di bilancio addirittura nella Costituzione e ratificare il Fiscal Compact senza modifiche e’ un errore. Migliorarlo non e’ solo una scelta giusta ma e’ anche un atto di realismo politico legato ai futuri, probabili, equilibri politici europei. Se davvero Francois Hollande sara’ eletto presidente della Repubblica in Francia, la Francia chiederà un miglioramento di questo patto in modo da ricalibrarlo in senso piu’ favorevole alla crescita. Il Fiscal Compact sara’ quindi ridiscusso e l’Italia deve riposizionarsi su questi temi sin da ora”.

Nel breve periodo, di fronte al disordine dei mercati, dobbiamo ottenere che la Bce giochi appieno il suo ruolo, utilizzando efficacemente gli strumenti di politica monetaria. Deve essere riattivato il Securities Markets Programme per dare ossigeno alle finanze pubbliche dei paesi in difficolta’, continuare ad attuare politiche monetarie non convenzionali, per fornire liquidita’ al sistema bancario e produttivo. I tassi di interesse di riferimento vanno ridotti per sostenere gli investimenti e contrastare la stagnazione economica.

R-Innovamenti al femminile (alle amministrative di Frosinone)

R-Innovamenti femminili (alle amministrative di Frosinone)

di Massimo Preziuso (su L’Unità – Rubrica R-Innovamenti)

Continuiamo a parlare di R-Innovamenti. Oggi di uno molto particolare: quello femminile. Le donne – in questa profonda crisi sociale, economica e politica – stanno emergendo, in mezzo a mille ostacoli, quale vero “fattore di crescita” per il Bel Paese. Ne so qualcosa anche io, che credo nel Fattore D, all’interno di Innovatori Europei, nato proprio attorno al tema della rappresentanza delle Donne e dei Giovani. Ebbene, in queste settimane, sto vivendo una bella e stimolante esperienza, sostenendo a Frosinone la candidatura di un Sindaco Donna: l’innovatrice Giuseppina Bonaviri.

Dopo una militanza di sei anni nei Partiti del centro – sinistra locali e regionali, Giuseppina ha scelto di candidarsi da indipendente a Sindaco della sua città con liste  di “civismo puro”, fatte di molte Donne e tanti Giovani. Perchè da indipendente? Perchè – lei dice – “i Partiti – nei fatti – oggi non rappresentano più quella “casa comune” a cui tanti si erano avvicinati negli anni e decenni passati per condividere e alimentare un “senso di appartenenza” condiviso”.

In queste settimane che ci separano dal voto, con Giuseppina stiamo sperimentando se  e quanto oggi i cittadini sentano l’esigenza di un serio cambiamento: esso infatti può partire solo da una rinnovata partecipazione di una sana e competente società civile alla politica, nella difesa del bene comune.

Perchè Giuseppina è un caso esemplare di R-innovamento femminile?

Giuseppina ha effettuato un percorso unico da intellettuale calata in contesti di politica territoriale.

Figlia di un pluri candidato Nobel alla letteratura, neuroscienziata, madre di 4 figli, è riuscita in questi anni a calarsi sempre più nel contesto della politca frusinate, pur mantenendo relazioni di altissimo livello nel mondo della cultura e della professione, italiana e internazionale.

Oggi, con il contributo degli Innovatori Europei propone una iniziativa di discontinuità territoriale candidandosi a sindaco di Frosinone come indipendente (Elezioni Amministrative 6/7 Maggio 2012) con liste civiche che guardano a temi forti – il Bene Comune, il Genere e le Generazioni, il Mediterraneo, Etica e Politica – visti quali uniche direttrici di sviluppo per l’Italia.

Due idee forti di Giuseppina?

Le donne “dall’utero pensante” quali motori di futuro

La politica di “genere e generazioni” baricentro di rinnovate capacità e visione politica

Per chi volesse sapere di più di questo esperimento di “puro civismo”, ecco il blog elettorale di Giuseppina: www.bonaviriafrosinone.wordpress.com

Ed ecco il suo Gruppo su Facebook con 3000 fans: https://www.facebook.com/#!/groups/bonaviriafrosinone/

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