La fine dell’Italia. Messico e nuvole.
di Alberto Forchielli, Mandarin Capital Partners
È come dice la famosa canzone: “Messico e nuvole, / la faccia triste dell’America / e il vento suona la sua armonica / che voglia di piangere ho…”
Ma non bisogna cedere allo sconforto, anche se non ci sono alternative, come ho detto a “Piazza Pulita” dello scorso 23 maggio. Tanti amici sui social si sono lamentati che i cinque minuti di intervista con il bravo Corrado Formigli sono troppo pochi. Ma datemi retta, per la mia poca pazienza è meglio un faccia a faccia di cinque minuti tra me e lui che due ore seduto accanto a un manipolo di politici “cioccapiatti” che si urlano in faccia le loro opinioni farneticanti.
Ribadisco quello che ho detto a Formigli sugli effetti della globalizzazione per il nostro Paese. Inevitabilmente in Italia avremo un grosso settore economico del tutto informale dove ritroveremo le filande con duemila emigrati che lavoreranno con l’imprenditore straniero. Ossia, l’Italia come il modello Messico. Da qui la famosa canzone “Messico e nuvole”.
Mi spiego. Nell’Italia del futuro ci sarà un settore moderno, fatto di eccellenze, come l’oleodinamica a Modena, le macchine impacchettatrici a Bologna, i vini della Franciacorta, eccetera, eccetera. Poi avremo una grossa area di “nero”, con grandi aziende al suo interno e con le forze dell’ordine che chiuderanno gli occhi per far sì che la gente non vada a delinquere. Infine ci sarà il terzo settore che sarà a fortissima criminalità. E l’unica possibilità che abbiamo dinanzi a questo scenario futuro sarà quello di cercare di tenere bilanciate queste tre macro-realtà. Il Messico di oggi funziona così. E questa, purtroppo, è l’Italia di domani. E non chiedetemi di essere ottimista.
Anche se questo quadro è a tinte fosche ed è inevitabile non dobbiamo però piangerci addosso. Dobbiamo invece cavalcarlo e cercare di bilanciarlo.
L’inevitabilità è legata al fatto che ormai non ce la facciamo più a tornare nel mondo che corre. Quello, per intenderci, dell’innovazione e dell’alto valore aggiunto. In questo ambito elitario si salva un pezzo di Germania. Si salvano i Paesi Scandinavi. Si salva l’Inghilterra perché è finanza. Si salvano in parte gli Stati Uniti d’America perché hanno questi grandi ecosistemi innovativi. Viene fuori l’Asia, anche sotto l’aspetto innovativo grazie a Singapore, Shenzhen e Pechino in Cina e al distretto indiano di Bangalore. La Francia non so se riuscirà a salvarsi ma il Sud Europa e i Balcani sono segnati perché non hanno più da tempo la capacità di innovare.
In sintesi, l’Europa è spaccata in due: il nord si salva e il sud affonda verso la Turchia. Con l’Italia che conterà qualche distretto d’eccellenza, isole felici, che però vivranno all’interno di parchi industriali controllati.
Mentre il governo fa quello che può, ma non può bastare, il problema Italia è più antropologico che politico. È come perdere una partita 7 a 0 e fare 2 gol a dieci minuti dalla fine. La partita è persa. Dobbiamo avere la consapevolezza che sopravvivremo soltanto se sapremo gestire questo enorme Paese a tre teste, tenendolo bilanciato. E l’ordine pubblico e la lotta alla criminalità grande e piccola, in tutto questo, avranno un ruolo fondamentale affinché l’Italia non venga travolta dalle diseguaglianze che la globalizzazione porterà sempre di più o divorata dalle mafie, perché la dittatura che veramente temo è quella del Capo Cosca. Il controllo del territorio è decisivo.
Quindi, in conclusione, dovremo tollerare e cavalcare un sistema informale dell’economia che diventerà sistemico e organizzato. Il mondo è disumano, gli interessi in ballo sono enormi, e noi siamo formiche. Insomma, Messico e nuvole. Con moltissime nuvole all’orizzonte.
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