Il voto 2.0 nell’era dei big data
Il movimento del denaro, più della sua accumulazione, era il nuovo motore dell’economica. E bisognava dargli un sistema metrico. La stessa necessità emerge ogni volta che si afferma un sistema valoriale: il potere, il consenso, il calore, la velocità, la potenza, la luce, la gravità. E, ormai da vari anni, la creatività e la tecnologia. Il Nasdaq, il mercato dei titoli tecnologici, ha avuto la forza di staccarsi dall’Indice Dow Jonas di Wall Street proprio in virtù di una diversa natura qualitativa delle aziende che misura.
Ora si stanno mischiando le acque, e, a esempio, consenso, sapere, e comunicazione, convergendo, danno corpo a una nuova forma di relazione umana: la significanza di rete.
Si tratta di un indice che, a secondo di un diverso mix fra fattori e indicazioni di contatto e di attenzione in rete, mostra il peso, la rilevanza, l’influenza di un soggetto nella comunità on line proporzionalmente alla pervasività che la rete sta assumendo nella nostra vita, invadendone tutte le dimensioni- personali, economiche, famigliari, culturali, didattiche, politiche- i nostri click stanno diventando un alias della nostra identità.
Da tempo ormai a livello comunicazionale e commerciale, la pista che tracciamo con i nostri movimenti digitali, viene ripercorsa e scandagliata dai grandi sistemi di “profilazione”, che ci identificano, analizzano, e scompongono, in base alla metabolizzazione dei dati che è utile realizzare. Ma questo è solo un aspetto della nostra vita social. Sempre più la rete è quello che Stefano Rodotà, per rimanere in Italia, ha codificato come il nuovo spazio pubblico, come l’agorà dove la nostra vita sociale scorre e si manifesta. La rete è specchio delle nostre opinioni, dunque anche indice.
Forse il primo caso clamoroso dove la misurazione della presenza digitale dell’opinione pubblica coincise perfettamente con la manifestazione del consenso popolare furono le elezioni presidenziali americane del 2008, quelle che decretarono il trionfo dell’allora debuttante Barack Obama. Il grafico che vedete sotto, mostra il differenziale nelle presenze e significanze di rete fra i due contendenti- lo stesso Obama e il senatore repubblicano Mc Cain -il giorno prima del voto, 3 novembre. Il dato coincise impressionantemente con il voto popolare. Fu la certificazione che la rete è la vita.
Da allora molti voti sono passati nelle urne. E sempre più la forbice fra le due dimensioni -virtuale e reale- è oggi praticamente chiusa.
Se retroattivamente andiamo a misurare la significanza -ossia quel complesso indice che misura le dinamiche di rete in base a valori quali fiducia, prestigio, influenza, presenza e dinamismo -ci accorgiamo che praticamente nella sfera occidentale la rete registra e anticipa le urne, sempre. Nelle successive elezioni di medio termine americane e poi nelle presidenziali del 2012, e ancora in Europa in Francia e in Germania, i trend tendono ad assimilarsi.
Con la differenza che mentre sondaggi e risultati finali rimangono dati numerici assoluti ma non analitici, la rete si articola subito nelle diverse componenti dell’indice unitario, permettendo una comprensione del processo di formazione del dato.
L’Italia non fa eccezione. Tutt’altro. Da tempo seguo sulla comunità www.mediasenzamediatori.org le elaborazioni sulla significanza di rete che elabora Rocco Pellegrini sui principali personaggi politici italiani.
Ora dalla politica si passa ai fenomeni sociali: quanto contano i negozi di Roma? quanto pesano sul mercato globale i ristoranti di milano? le università italiane sono più o meno dinamiche di quelle spagnole? e i servizi di economy sharing tedeschi sono più usati di quelli inglesi?
Domande che determinano il nuovo valore aggiunto di un territorio, incrementando la così detta value placement di un brand geo referenziato.
Il big data ormai determina, costituisce e anticipa il trend socio economico di una città o di un intero paese. A questo punto la domanda è: può ancora rimanere una pratica esoterica da stregoni occulti? questi dati che ormai battono moneta possono ancora essere abbandonati alla discrezionalità di questo o quel software?
Veniamo alle prossime elezioni amministrative. I dati di rete sono impressionanti. A Roma Giacchetti non vale la metà della Meloni. A Napoli la Valente non riesce nemmeno a essere apprezzata dai sistemi digitali. A Milano la differenza fra Sala e Parisi è maggiore di quanto accreditato dai tradizionali sondaggi. Possiamo lasciare queste proiezioni a chi ci costruisce su proprie strategie professionali.
Il prestigioso istituto di rilevazioni Gallup, il padre di tutti i sondaggisti, da tempo ha chiuso la sua sezione delle rilevazioni statistiche, perchè ormai il mercato è invaso e superato dal big data.
È necessario che l’Authority delle comunicazioni si appropri di questa materia e la disciplini, rendendo intellegibili e trasparenti le elaborazioni e dando all’intero settore una rilevanza istituzionale. Il voto aumentato sta ormai contando non meno del voto reale. E la democrazia si deve organizzare.
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