Note sulla Crimea
di Gaetano La Nave
Per precisare qualcosa sulla questione della Crimea rispetto alla disinformazione in corso.
Innanzitutto questa cosa che scrivono i giornalacci di casa nostra che la popolazione della Crimea sia al 90% russa è assolutamente falsa. Ogni in Crimea, che ha meno di 2 milioni di abitanti, solo il 58% della popolazione è di origine etnica russa, ed è il frutto di una costruzione storica. Fino alla Rivoluzione d’Ottobre, infatti, la maggioranza della popolazione della Crimea era costituita dai Tatari (oggi sono una minoranza poco superiore del 12%), i quali per opporsi al processo di sovietizzazione in atto, decisero di proclamare la Repubblica Popolare di Crimea, protesa all’idea di costruire uno Stato autonomo e multietnico.
Ma questa ipotesi venne ben presto stroncata. Infatti, con la seguente Guerra Civile Russa, la Crimea divenne uno degli avamposti della resistenza contro l’Armata Rossa. Le carestie durante e successive al conflitto costarono la morte della metà della popolazione; ed accanto a questo tragico aspetto, si aggiunse poi la politica di pulizia etnica staliniana, in perfetta continuità già con quella zarista iniziata nel ‘700, che si caratterizzò per la deportazione dei Tatari, le fucilazioni di massa di presunti oppositori, e l’ulteriore russificazione del territorio.
Nel 1954, Krusciov, che era ucraino di nascita, in onore del 300° Anniversario del Trattato di Pereyaslav decise che la giurisdizione della Crimea, che era divenuto nel frattempo un Oblast (una sorta di provincia), dovesse essere – anche per prossimità geografica – dell’Ucraina. Questo passaggio non era mai piaciuto all’apparato moscovita. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Crimea decise di rimanere parte della nuova Ucraina indipendente, ma a causa della pressione del precedente ex-apparato filo sovietico le fu concesso lo status di repubblica autonoma all’interno della nuova Ucraina.
A Mosca, importava principalmente preservare la sua base navale di Sebastopoli, che le garantisce attraverso il Mar Nero e il Mediterraneo, la proiezione globale, e così nel 1997 fu varato un primo accordo per il mantenimento.
Nel 2010 quell’accordo è stato prolungato, i russi potevano mantenere le loro basi fino al 2042, in cambio però concedevano forti sconti (circa il 30%) all’Ucraina per l’acquisto di gas, tali sconti comporterebbero per Mosca una perdita stimata di 40 miliardi di dollari sui propri guadagni, considerata però necessaria per il valore delle proprie basi.
Oggi, in caso che la Crimea fosse annessa alla Russia, o ne diverrebbe Stato vassallo (non si sa con quali garanzie per le minoranze ucraine e tatare superiori complessivamente al 42%), i russi riuscirebbero dunque a preservare le loro basi, ma non garantirebbero più all’Ucraina gli sconti previsti per le indispensabili forniture energetiche, costringendo così Kiev a pagare il prezzo pieno.
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