Il “ mantra “ di Barbara
di Pierluigi Sorti
Il rifiuto di ospitalità mediatica ai dubbi sui grandi percorsi politici predeterminati dai potenti, la sacralità di decisioni quando esse riguardano vaste aree di popoli ed il loro stesso futuro : in sintesi l’illegittimità o l’ irrisione del dissenso nella perentorietà del mantra che, nell’ inconscio collettivo, suona così “ non c’ è alternativa “.
Questo, sinteticamente, il messaggio che Barbara Spinelli ( “la Repubblica” di sabato 12 ottobre ) denuncia nel riscontro della fatale meccanicità con cui si svolge il processo di unità europea .
Con una attraente sequenza concettuale, anche se più attinente all’ intuizionismo di H. Bergson che alla logica di Aristotile, l’ editorialista procede con sicura speditezza, senza esimersi dal rischio del rivisitare la storia anche ricorrendo ai “se “ retrospettivi.
“Il chiedersi come sarebbe il mondo che viviamo se la crisi che ha lambito l’ Europa, cinque anni fa , fosse sta affrontata in modo diverso “, è specificamente il quesito non solo legittimo ma addirittura inevitabile, considerando che, tale crisi essendo tuttora in corso, le vie intraprese per il suo superamento hanno, con evidenza, rivelato tutta la loro inadeguatezza.
E’ un presupposto che, se condiviso, ci consente anzi regredire più indietro nel tempo e affrontare un quesito relativo a un capitolo dimenticato, non senza stranezza, e propedeutico all’ introduzione della moneta unica europea.
Ci riferiamo specificamente al meccanismo con cui 17 paesi europei , accettarono di sostituire le loro rispettive monete con l’ Euro.
La regressione progressiva dell’ economia europea, difficilmente può accontentarsi della spiegazione che individua l’inevitabile contrappasso per i paesi, fra cui indubbiamente il nostro, che usavano ricorrere all’aumento simultaneo del debito e dell’ inflazione.
Non siamo certo convinti né tanto meno in grado di dimostrare che il cambio adottato per la lira sia stato calcolato con sottovalutazione della moneta italiana.
Nel quadro di una ipotesi, da taluni legittimamente avanzata, di revisione e di aggiornamento degli accordi europei finora vigenti, sarebbe tuttavia legittimo asseverare che effettivamente non ci siano stati errori eventuali nelle proporzioni di cambio, a suo tempo adottate, fra le varie monete aderenti all’ euro.
E’ infatti intuitivo che un eventuale, anche minuscolo errore di sotto valutazione nella comparabilità di una moneta, questo avrebbe generato una diminuzione ingiusta e tuttora persistente del patrimonio nazionale tutto, subito incolpevolmente da ogni cittadino e destinato a prolungarsi per un lungo periodo nel tempo.
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