Il collo della Giraffa
di Michele Mezza
Perchè Renzi oggi è come Tony Negri ieri.
Ci si accapiglia sulle candidature all’interno del PD. In realtà è un pacchiano tentativo di qualche boiardo di posizionarsi di fronte al prossimo leader.Ma perchè Renzi appare irresistibile? e perchè nel caso solo Letta potrebbe in qualche modo contrapporsi? In sostanza perchè sembra esaurirsi la vena delle personalità provenienti dalla cultura comunista, o più in generale della sinistra del lavoro?
Io penso che si tratti di una svolta drastica, e inevitabile. Renzi oggi è forse il vessillifero di una leva di personalità che si distaccano dal tronco della sinistra in virtù della capacità di leggere e interpretare il nuovo.
Non è la prima volta che accade.
Togliatti usava per definire il PCI la metafora della Giraffa, come abbiamo rilevato nel libro Avevamo la Luna: un partito ben piantato nella società, con zampe forti, ma un lungo collo che gli permette di vedere lontano. Ad un certo punto questo collo sembra entrare in conflitto con le zampe.
Il momento in cui ciò diventa esplicito è proprio quello che nel libro chiamiamo il cronotopo del 62. In quell’anno virtuale che inizia nel gennaio del 1960,con la prima giunta di centro sinistra a Milano, continua con i moti del 60/62, con i ragazzi dalle magliette a strisce in piazza, si allunga nel concilio vaticano II, e poi nel convegno del Gramsci del marzo 62, per concludersi , il 31 agosto del 1964 con la cessione della divisione elettronica dell’Olivetti, il cui profeta Adriano, già nel 59 parlava di informatica come tecnologia di libertà, la sinistra italiana si trova spiazzata da uno sviluppo tecno sociale che indica chiaramente come la fabbrica non sia l’ordinatore del paese.
Sappiamo bene come andò allora: l’apparato ideologico del partito rimase al riparo della cultura togliattiana che intrecciava l’ideologismo piccolo borghese con una matrice di aristocrazia operaia sempre più anacronistica. Un equilibrio che salvaguardò il partito dalle degenerazioni sovietiste, guidandolo nei meandri di una geopolitica in cui si alternava il legame con Mosca alla natura nazionale del partito. Un capolavoro diplomatico che comportò la rottura dell’osso del collo. Infatti chiunque cercava di inerpicarsi lungo la propaghine della giraffa, veniva fatto ruzzolare.
Trentin a Magri , per citare i due più brillanti eterodossi disciplinati, che si piegano alla logica internazionale, e congelano le loro visioni sul neo capitalismo. Proprio Magri, nel suo Libro il Sarto di Ulm, riprendendo quel dibattito così riassume la sua posizione:
La più grande novità che il capitalismo ha introdotto nella storia della società riguarda certamente il lavoro: da un lato la progressiva trasformazione di tutto il lavoro vivo in salariato, l’incorporazione incessante del lavoro vivo in capitale sua incorporazione in un sistema di macchine. Un’occasione storica assolutamente nuova si offre per la liberazione umana: sia come liberazione dal lavoro che come liberazione del lavoro.
Un’intuizione costata cara a Magri. Ancora più cara costò la lucidissima intuizione di Romano Alquati che con i primi sociologi socialisti nel 62 aveva progettato una preveggente con ricerca sul lavoro operaio all’Olivetti, da cui si ricavava che nella nascente informatica ogni operaio tendeva a diventare auto-imprenditore di se stesso. E ancora più tardi Tony Negri, prima della deriva insurrezionalista, comincia a ragionare sulla dissoluzione della fabbrica e le nuove forme di conflitto capitale cittadino. Tutti questi colli di giraffa vengono mozzati, perchè insidiosi nella loro tenace intelligenza in grado di svelare che il re leninista era già nudo 40 anni fa. Non parliamo poi di quelle ridicole protesi in miniatura che furono i gruppi del decennio 70/80, che equivocarono il tramonto della centralità operaia per l’alba di una possibile rivoluzione in occidente, lasciando nel frattempo campo libero a chi, attraverso il vero scambio consumo consenso, cominciava a costruire il proprio impero, in America con il computer, in Italia con la TV. Ora siamo dinanzi ad un nuovo collo che si protende: Renzi infatti non appare molto diverso dal Tony Negri di metà degli anni 60: anch’egli intuisce un cambio di paradigma e dannunzianamente butta il suo cuore oltre l’ostacolo, perchè si vede solo.
Le zampe del partito di massa sono ormai tutte ingessate: questa è forse l’unica speranza che ci rimane per confidare che non finisca anche questa volta come 50 anni fa.
Oggi Renzi a differenza di Trentin, Magri, e Alquati, dispone di una base sociale diversa: intraprendente, autonoma e autoorganizzata con la rete. Non dispone ancora di un pensiero lungo, di un modello di valori e di conflitti adeguati. Sta a quello che rimane della sinistra giocare la partita: dare un’anima modernamente alternativa alla sensibilità digitale di Renzi. Senza rimpiangere giraffe e giaguari. Lo zoo è chiuso, per fortuna.
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