Ciò che Matteo Renzi ignora
di Salvatore Viglia (pubblicato su L’Unità)
L’immagine comunicativa in manica di camicia stile Mormone della domenica piuttosto che look Obama da convention non può né riesce a colmare un vuoto sostanziale che lo separa da Bersani.
Non tanto nei contenuti, ma nella disinvoltura con la quale non considera i “conti” da fare nella formazione di una futura maggioranza di governo sta la mancanza.
Il suo vulnus è tutto qua se non si considera la critica a volte acerrima, lesionista di cui egli si fa paladino contro il “papà” Bersani come se parlasse ad un ministro del cavaliere.
E’ stato finanche troppo facile citare l’imbarazzo Casini perché Matteo prescinde troppo facilmente dal considerare situazioni nazionali politiche contingenti.
Altrettanto semplicistico è sembrato l’atteggiamento di poca analisi con la crisi globale che pospone irrimediabilmente le motivazioni ideologiche agli aggiustamenti urgenti del dissesto economico europeo.
Pur chiamato Matteo da Bersani, ha continuato a denominare, nel discorrere diretto, “segretario” Pier Luigi.
Anche questa questione non di poco conto dal momento che è un aspetto sottovalutato dal punto di vista dell’impatto mediatico.
Significa molto non alla stregua della cravatta nera su sfondo bianco, ma significativa di una impostazione partitica vecchia, antiquata, che contrasta con il nuovo e che è sintomatica di una formazione della quale egli non si è spogliato ancora nonostante l’assillo della rottamazione che auspica.
CARO MATTEO RENZI, LE PAROLE SI…LASCIANO DIRE ED ANCHE… CONDIRE CON GLI AGGETTIVI, MA NON CI SI PUO’ IMPROVVISARE CAPO DEL GOVERNO
Il faccia a faccia di ieri fra Bersani e Renzi è stato – non v’è dubbio alcuno – molto interessante, tuttavia io penso che alle parole ben dette, con irruenza pari a quella di un torrente in piena, da parte del Sindaco di Firenze, abbia fatto riscontro una razionalità pacata e, fors’anche di autoimposta ed intelligente “comprensione” al giovane avversario, da parte di Pierluigi Bersani. Così come, noi genitori, siamo soliti fare con i nostri figli quando mostrano di saperne più della precedente generazione: è noto infatti che, da quando mondo è mondo, è sempre esistita la conflittualità fra gli adolescenti e la famiglia. Ed in Bersani ho visto appunto il “Pater familias”, in Renzi il “Filius familias…”, con qualche malcelata intemperanza dialettica da parte di quest’ultimo a cui Bersani ha cercato intelligentemente di non dare importanza (bella pazienza contare i miei 2000 e rotti giorni di governo, docet !)
Non ho potuto condividere la demagogia dialettica di Renzi, specie quando si riferisce allo stop ai finanziamenti ai partiti ed ho apprezzato di più l’onesta ragionevolezza di Bersani quando ha detto che la politica non deve essere fatta solo dai ricchi, come è successo con il berlusconismo, per cui un minimo di aiuto onesto e trasparente ci deve essere per non ripetere questo tipo di errore.
Le tante belle parole di Renzi, a cui hanno fatto eco diversi applausi, forse hanno colpito di più dal punto di vista della metabolizzazione mediatica, quelle di Bersani invece, più pacate e di certo con risvolti dalla realizzazione programmatica più immediata rispetto al “rischio politico di tipo imprenditoriale” di Renzi, tra l’altro in una congiuntura che non consente di sbagliare neanche di un et, hanno convinto di più.
Ed è proprio per questo che Bersani, molto probabilmente, sarà il nuovo capo del governo. Del resto, andrebbe anche detto, che risulta difficile pensare a Renzi, con tutto il rispetto per la persona, accanto agli attuali capi di governo europei, mentre per Bersani questa remora assolutamente non esiste. Infatti quest’ultimo ha già il peso politico e la competenza di uno di loro !
ARNALDO DE PORTI
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