Le liste civiche : dilemmi e opportunità
Quale reazione assumere davanti all’accresciuta popolarità del fenomeno delle liste civiche è assai difficile stabilire.
Le liste civiche non sono una novità nel nostro panorama politico ma mentre si può riconoscere l’utilità della loro funzione in ambito politico locale, oggi esse sono il sintomo del punto di crisi del modello organizzativo storicamente rappresentato dai partiti.
La lista civica adottata nelle elezioni locali è un valido surrogato della lista di partito. Esso è decisamente più permissivo di fronte a contaminazioni di programmi o di persone che, con elasticità più o meno accentuata, si rifanno a idee avallate dai partiti già da molto tempo.
In tale cornice la funzionalità delle liste civiche è facilmente comprensibile per l’ esistenza di problemi locali, difficilmente risolvibili con i criteri di rigidità connessi con i “fondamentali” delle posizioni di principio.
Il motivo principale della loro popolarità e del prevedibile prossimo accrescimento è senza dubbio enfatizzato dal successo imprevisto del movimento di Grillo nella recentissima competizione amministrativa : fenomeno che tuttavia è essenzialmente effetto più che causa della dilagante crisi di credibilità dei partiti.
La sfiducia generalizzata che investe il mondo politico tradizionale, in assenza di prospettive politiche convincenti ( anche il generoso ma disordinato tentativo di “Alba” stenta molto a decollare ) e manifestatosi nell’ elevato assenteismo, induce a individuare il ricorso alla lista civica come l’ unica possibile alternativa all’ ormai declinante “appeal “ di tutto l’ arco dei partiti politici in campo.
L’ ipotesi enunciata da Eugenio Scalfari, favorevole alla costituzione di una lista civica nazionale, da affiancare al Pd, è una implicita ammissione del suo stesso grado di crisi, e induce a ravvisare in essa l’unico antidoto, attualmente possibile, per allontanare un punto di precipitazione di tutto il sistema basato sulla pluralità dei partiti.
Ma forse non è dissociabile, nella teorizzazione di Scalfari, anche una seconda e più realistica considerazione.
Il Partito Democratico, almeno comparabilmente il più radicato nel territorio, ha nella sua struttura organizzativa la sua forza e la sua debolezza , per la naturale resistenza al cambiamento intrinseca ad ogni burocrazia, specie se di antiche origini e collaudate abitudini.
Molti cittadini, professionalmente affermati e politicamente sensibili allo stesso patrimonio storico e ideale ispiratore della sua fondazione, difficilmente trovano , nel Pd, accoglienza favorevole , senza il prezzo di una parziale rinuncia alla personale autonomia di pensiero e di azione.
Perchè dunque, pur nella consapevolezza del rischio di siffatta ipotesi, non osare e concepire proprio nelle liste cosiddette civiche una forma di sinergia competitiva di idee e programmi , felicemente convergenti e addizionabili, nel quadro della politica nazionale, e capaci di attrazione per quelle fasce di elettorato ora specificamente deluse dal Pd e dalla sua involuzione burocratica ?
Ma , è lecito obiettare, non significherebbe – tale scelta – il fallimento stesso della sua ragione originale ?
si a liste civiche (come alcune di quelle che si presentano nei comuni), con persone unite dal programma, no a liste civiche come quelle (e ne abbiamo voste tante), in appoggio a partiti. finalizzate a captare candidature e voti e dirottarli a favore dell’uovo nel nido del cuculo che vi si annida.