L’insostenibile leggerezza dell’amministrazione dei fondi europei per la coesione
di Antonino Tropea (IE Reggio Calabria)
Come noto, i fondi strutturali sono il principale strumento per la realizzazione della politica di coesione europea, ovvero della politica regionale comunitaria il cui obiettivo è per l’appunto il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale, la riduzione delle disparità di sviluppo fra le regioni e gli stati membri, la promozione della competitività delle economie regionali per favorire un costante recupero delle aree più arretrate investendo nelle potenzialità endogene delle regioni. La politica regionale inoltre è l’espressione della solidarietà dell’Unione europea e il motore per il raggiungimento di una maggiore competitività sull’intero territorio europeo.
Per il periodo 2007-2013, la politica regionale dell’Unione Europea occupa il secondo posto nel bilancio dell’Unione Europea, il 36% del bilancio dell’UE con uno stanziamento pari a 348 miliardi di euro su tre obiettivi prioritari: convergenza, competitività regionale e occupazione, cooperazione territoriale europea.
Nonostante i fondi strutturali siano parte del budget comunitario, essi sono spesi sulla base di un sistema di responsabilità condivisa tra la Commissione europea e gli stati membri. La Commissione negozia e approva i programmi di sviluppo proposti dagli Stati e alloca le risorse. Gli Stati membri e le regioni gestiscono i programmi, li implementano scegliendo i progetti, li controllano e li valutano. I progetti scelti sono finanziati dalla Commissione Europea che inoltre monitora e verifica i sistemi di controllo.
Questo punto è essenziale per comprendere le responsabilità che le nostre regioni e lo Stato italiano hanno nell’implementazione dei programmi operativi, i programmi che organizzano la spesa in relazione agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale, conosciuti attraverso i più celebri acronimi POR, PON, POIN.
Responsabilità che purtroppo, nel caso della nostra regione soprattutto – la Calabria – come peraltro anche delle altre regioni del Mezzogiorno italiano, si declinano in termini di notevoli ritardi e criticità nella gestione e nell’avanzamento della spesa dei fondi strutturali, sia il FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – che finanzia infrastrutture, ricerca e sviluppo – sia il Fondo Sociale Europeo – FSE, che finanzia formazione ed occupazione.
Ritardi e criticità già visti nel precedente periodo di programmazione 2000-2006 e riprodotti inspiegabilmente e colpevolmente anche nel periodo corrente 2007-2013.
Un dato su tutti: la spesa certificata del POR FESR Calabria 2007-2013 al novembre 2011 ovvero dopo 4 anni su 6 di programmazione è ferma al 18 %. E’ evidente come tale ritardo, che di fatto priva il territorio regionale di preziose risorse per il sistema socio-economico in termini di aiuti alle imprese nonchè di investimenti infrastrutturali e servizi, sia ancor più grave nell’attuale crisi economica e chiami in causa responsabilità trasversali.
E certamente non si tratta solo di un problema quantitativo, ma anche di qualità della spesa e soprattutto, anche in questo caso, di certezza del diritto.
Le recenti vicende sui bandi turismo della regione Calabria che ha annullato ben due iniziative in avanzato stato di progresso – vi era già la pubblicazione delle graduatorie dei beneficiari – a favore di un settore strategico per lo sviluppo della Calabria, non possono trovare giustificazioni e fare lo scaricabarile sulle responsabilità non serve a rimediare agli errori che incessantemente continuano a verificarsi nella gestione della cosa pubblica.
Con quale prospettiva di governance ci apprestiamo a gestire il federalismo se falliamo in quella che certamente è una prima importante prova di autonomia ed autodeterminazione territoriale quale quella della gestione dei fondi strutturali?
Non è intenzione di chi scrive fare sterili polemiche sulla questione di tali ritardi. Tantomeno interessa imputare tale fenomeno a questa o quella parte politica.
Si tratta piuttosto di una questione che interessa tutte le amministrazioni e che deve essere risolta una volta per tutte. Se si tratta di metodo. Occorre cambiarlo. Se si tratta di mancanza di capacità occorre dotarsene. Se si tratta di mancanza di visione occorre una nuove classe politica.
Quello che è certo è che i ritardi nella gestione della spesa dei fondi comunitari rappresentano questioni cruciali perché attengono strettamente alla storia delle occasioni mancate di sviluppo della Calabria e dell’intera questione meridionale, questioni da troppo tempo irrisolte e di cui purtroppo continuano a farne le spese cittadini ed imprese.
La fase storica che stiamo affrontando vede messa a rischio proprio quella coesione sociale, economica e territoriale obiettivo delle politiche comunitarie. A fronte del razionamento delle risorse disponibili per la spesa pubblica e della contrazione di quella privata, l’unica strada percorribile per rilanciare questo nostro Paese passa per l’efficienza amministrativa e l’efficacia gestionale del sistema pubblico e privato.
Questo significa intervenire isolando e riducendo sprechi, inefficienze, clientele, burocrazia cattiva e soprattutto opportunismo amorale. Insieme occorre puntare senza remore alla valorizzazione del merito, delle idee, dell’impegno e della responsabilità sociale.
Solo così si potranno giustificare i sacrifici che ci attendono, solo così è possibile ripristinare la fiducia nel mercato e nelle istituzioni nonché la certezza del diritto necessari per far ripartire positivamente il ciclo economico e concretizzare le condizioni per la coesione sociale.
In questo percorso diventa essenziale l’efficienza e la qualità della spesa disponibile dei fondi strutturali.
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