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UE E PARTENARIATO ORIENTALE

europaL’Ue e il Partenariato orientale: tra sfere di influenza e soft power, i paesi del Caucaso sono fuori dall’ allargamento

Di Alessia Centioni – Innovatori Europei Europa

La Commissione europea ha annunciato la nascita di un nuovo e ambizioso progetto: si tratta del Partenariato orientale attraverso cui saranno potenziate le relazioni politiche, economiche (in particolar modo quelle legate all’energia) tra l’Unione europea e Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaijan e Bielorussia.

La prospettiva europea, indirizzata ad una nuova generazione di accordi di associazione, tende a realizzare sia un’integrazione maggiore tra le economie di questi paesi e quelle degli Stati membri, sia la semplificazione normativa legata allo spostamento delle persone, nonché la stabilità degli scambi delle risorse energetiche.

Ed è proprio in materia di energia e di assistenza finanziaria che si ravvisa l’affare più significativo della nuova strategia di associazione con i paesi dell’Europa orientale. Per realizzare i benefici di un’intesa economica tra l’UE e i “sei” sarà necessario un forte e reciproco impegno politico per garantire un futuro più stabile e sicuro all’Europa e alle regioni caucasiche.

Mentre Barroso respinge l’interpretazione di chi vede nel partenariato la divisione dell’Europa orientale in sfere di influenza, il Presidente della Commissione, ribadendo le buone relazioni tra Bruxelles e Mosca, parla al contrario di soft power e della capacità di attrazione degli accordi tra l’UE con i “sei”. Tuttavia la Russia continua ad essere considerato un paese “riluttante” come indica lo studio CEPS (“La politica di vicinato due anni dopo: è il tempo di PEV-plus”), e per questo il Cremlino richiede un trattamento speciale, non considerandosi semplicemente paese vicino, bensì partner strategico dell’Unione europea.

Per la Commissaria alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner “il partenariato garantirà un’integrazione più approfondita nell’economie dell’Unione e regole più semplici per i cittadini dei paesi partner che viaggiano nell’UE”, e aggiunge che ,“l’approccio dell’ UE continuerà ad articolarsi in programmi su misura per le esigenze dei singoli paesi, benché su scala diversa e con l’aggiunta di una forte dimensione multilaterale. Con questo nuovo pacchetto di misure offriamo anche un sostegno più approfondito per aiutarli a conseguire i loro obiettivi”.Gli accordi prevedono una struttura molto efficace per rafforzare le relazioni tra l’UE e i partner dell’Est nonché un rilevante stanziamento di fondi che raggiunge i 350 milioni di euro e riprogramma quelli già stanziati per arrivare entro il 2013 a 600 milioni di euro. I punti fondamentali degli accordi dell’Unione con i “sei” prevedono la gestione integrata delle frontiere, il sostegno per lo sviluppo di piccole e medie imprese, lo sviluppo dei mercati regionali dell’energia elettrica e la promozione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, la realizzazione del corridoio energetico meridionale e la cooperazione per risposte congiunte alle calamità naturali.

Se nel secolo scorso, l’integrazione economica in Europa, ha dato vita ad un mercato comune del carbone e dell’acciaio per scongiurare il riarmo nel vecchio continente e per equilibrare l’assetto politico, militare ed economico delle potenze nel dopoguerra. Oggi l’integrazione economica rappresenta la possibilità di mettere in comune (o almeno sottrarre al monopolio) l’energia globale e accelerare il processo di democratizzazione in alcuni paesi; l’ambizione del partenariato di costruire una zona di libero scambio di beni e servizi tra UE e i “sei”, e successivamente tra i paesi dell’area caucasica, comporterà nel medio periodo il riassetto politico dell’Europa orientale. Nonostante le più vicine relazioni che sono in procinto di instaurarsi tra Ue e i paesi caucasici, è da escludersi la possibilità di convertire gli accordi di associazione in accordi di adesione, come avvenne per i paesi ex-sovietici; la prima spiegazione a tale impossibilità è abbastanza evidente, giacchè quattro dei sei paesi vivono in uno stato di guerra, come avviene in Bielorussia, dove vige un regime repressivo assai lontano dai parametri dell’aquis comunitario che ne permetterebbe l’ingresso nell’Unione.

Fa eccezione l’Ucraina, unico paese potenzialmente candidato all’allargamento. L’adesione dell’Ucraina all’UE è tuttavia ancora molto lontana a causa della forma di governo presidenziale semi-autoritaria e della conseguente crisi istituzionale. La riforma costituzionale e giudiziaria, fortemente incoraggiata dall’UE, consentirebbe di giungere ad una maggiore stabilità politica, eliminando i frequenti contrasti interistituzionali risolti troppo spesso a colpi di autoritarismo. Ad oggi l’Ucraina non mostra ancora di aver intrapreso la strada della stabilità al contrario della Georgia, dove l’unità politica è senza dubbio maggiore. Qui la lotta alla corruzione e il tentativo di garantire la trasparenza delle elezioni riflettono l’intenzione di intraprendere il cammino di democratizzazione europea.

La Georgia si aspetta molto dall’UE e conta sul sostegno delle strutture transatlantiche per raggiungere la fine del conflitto, concludere accordi commerciali e ottenere maggiori aiuti. Realizzare una maggiore integrazione con l’UE fino a diventarne stato membro; disattendere le aspettative georgiane potrebbe aggravare una situazione già molto delicata, per la stabilità nel Caucaso e per l’Unione europea che non può perdere questa partita dove in gioco ci sono energia, diritti umani e libertà fondamentali.
Ragioni di carattere politico rafforzano l’impossibilità di adesione da parte di Azerbaijan e Armenia, paesi che hanno manifestato l’intenzione di orientarsi verso altre direzioni. Vista la posizione geografica dell’Azerbaijan, vicino alla Russia e sensibile alle sfide che arrivano a sud dall’Iran, la futura politica del paese, sia interna che estera, sarà determinata dalla gestione delle risorse energetiche e dagli assetti geopolitici che ne deriveranno. Il controllo delle risorse energetiche e delle vie di trasporto strategiche nella regione del mar Caspio possono conferire al governo azero una maggiore forza negoziale, e accrescere l’apertura politica e lo sviluppo nonostante la corruzione, la repressione dell’opposizione politica e del diritto di informazione facciano parte di un’evidente instabilità interna e di standard democratici non ancora raggiunti.

L’Armenia rappresenta un grande interesse per l’UE, tuttavia il suo impegno ad avvicinarsi ai parametri di democrazia europea sono ancora insufficienti; permangono forti contrasti tra governo e opposizione caratterizzati da un’aspra tensione tra le forze politiche, nonché violazioni dei diritti e delle libertà civili. Il passo verso l’Unione europea è ancora molto lontano. Più che alla NATO e all’UE, l’Armenia sembra guardare alla più vicina Russia.

La futura politica europea di vicinato PEV ha l’obiettivo di garantire la stabilità dei rifornimenti energetici e promuovere la diffusione dei valori fondamentali dell’UE, vale a dire democrazia, diritti umani, libertà civili e trasparenza; il destino dei paesi ex-sovietici dipenderà dal testa a testa tra Unione europea e Russia o da chi saprà offrire un’alternativa democratica?

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