Art.18 : simbolo, sintomo, pretesto o illusione
di Pierluigi Sorti
E’ tutt’altro che infrequente che un tema ( non necessariamente il più importante ) possa rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso dei rapporti politici e sociali.
La scelta del governo di procedere alla modifica dell’ art. 18 dello statuto dei lavoratori è, al riguardo, altamente emblematica, con aggiuntive caratteristiche cui l’ opinione pubblica era da tempo disabituata.
Le posizioni in campo sembrano sempre più ispirarsi a tematiche che riportano ai grandi contrasti ideologici dei primi due decenni della nostra repubblica, ai tempi di una sovranità nazionale, non solo italiana, influenzata dalla guerra fredda quando le linee di divisione fra i partiti politici riflettevano lo schema sociale delle divisioni di classe.
Padroni e lavoratori, potere di licenziamento e regolamento dei contratti collettivi, pubblico impiego e dipendenti dalle imprese private, economia statale, libera iniziativa e tutele sindacali.
Si mescolano le contraddizioni : il Pd, da tempo incapace di iniziativa propria, subisce la spinta della Cgil e ritrova in archivio reperti di lotta di classe, con dilemmi sintomatici sul possibile aprirsi della faglia della sua unità interna.
Il Pdl che nell’ art. 18 ritrova il facile pretesto di una demarcazione precisa fra schemi moderni ed europeisti (con il tramite cortese del Presidente del Consiglio ) e quelli legati all’ archeologia dell’ ideologia comunista.
Il leghismo regredisce pretestuosamente alle sue origini e nel governo Monti ravvisa il duplice morso della tenaglia romana e di quella plutocratica europea e internazionale.
L’ Idv , a sua volta, ravvisa più ampi spazi di manovra e punta su una fetta cospicua dell’ eredità elettorale del malcontento sociale che, sempre di più, appare invece in preda al disorientamento e alla diffidenza verso il sistema dei Partiti.
I sindacati che, nonostante i presupposti ( la guerra fredda ) della loro genesi siano ormai da lungo tempo venuti meno, pagano il lungo sonno della loro incapacità a formulare minime ipotesi del loro ricongiungersi e della irrazionalità del loro permanere divisi.
Pigri nei loro sforzi di analisi delle trasformazioni indotte dalla globalizzazione, si trovano, sempre più disuniti a fronteggiare le iniziative altrui, con l’ unica eccezione, almeno sul piano della combattività, della federazione dei metalmeccanici della Cgil.
I sindacati, appaiati con i loro anacronismi al mondo dei partiti sono l’ uno e l’ altro dimentichi rispettivamente dell’ art. 39 ( democrazia dei sindacati ) e dell’ art. 49 ( democrazia dei partiti ) e soffrono di analoghi fenomeni di senescenza per un ricambio direzionale sempre basato sulla cooptazione.
E si illudono coloro per i quali episodi in gran parte occasionali come il dibattito sull’ art. 18 potrebbero ripristinare, anche solo approssimativamente, un clima generale, ormai scomparso, come quello leggendario dei tempi della Trimurti.
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