PERDERE LA PACE
Il Partito democratico e la nuova stagione politica
di Tommaso Visone
Si è soliti ricordare agli studenti di geopolitica che ben più difficile di vincere la guerra è vincere la pace. Il Partito democratico dopo aver perso, prevedibilmente, la guerra (le elezioni) sta riuscendo nell’inconsueta- per chi fa opposizione in Italia- impresa di “perdere” anche la pace ( il confronto parlamentare e politico che segue alle elezioni stesse).
I risultati ottenuti dal partito sul piano della costruzione istituzionale (statuto, governo ombra, codice etico, manifesto dei valori, ecc.) ed il coraggio dimostrato nel corso della campagna elettorale con i relativi effetti sulla semplificazione del quadro parlamentare avrebbero potuto dare luogo a ben altri scenari in questi primi mesi d’opposizione. Quello che traspare invece a seguito di questo primo periodo di vita del nuovo partito è un profondo deficit politico sul piano dell’iniziativa e della concretezza propositiva(fanno un po’ sorridere le parole di Veltroni recentemente apparse sul Foglio), contornato da uno scontro interno tra leader “sconfitti” (es. Veltroni contra D’Alema e Veltroni contra Rutelli) che, caso quasi unico in Occidente fatta eccezione per il fallimentare partito socialista francese, non pagano politicamente – in termini di leadership interna – la sonora batosta elettorale. Non paghi dell’esiziale anomalia, i nostri, continuano in un confronto a distanza che rasenta il ridicolo (es.quando Veltroni nega di aver pesato sulla sconfitta romana e Rutelli finge un altrettanto poco credibile ingenuità tradita) vogliosi di scaricarsi reciprocamente addosso l’uno con l’altro la responsabilità della debacle nazionale e locale seguita dalla palese erosione di consenso che, dall’inizio della legislatura, sta rafforzando l’opposizione dell’Italia dei valori aiutata, in questo, dal gioco di sponda di una maggioranza ben contenta di trovare un degno sostituto (i giustizialisti) per la prosecuzione della sua personale, sia pur anacronistica, guerra fredda.
L’attuale scenario di rincorsa “differenziata” sull’Italia dei valori è effetto delle premesse poste quando si sosteneva un’apertura onnicomprensiva al dialogo con la maggioranza sull’unica base concreta del “pacchetto Violante” senza tener conto dei saggi consigli di cautela pronunciati da chi (es. Eugenio Scalfari) ne vedeva tutta la problematicità. Parlare di “dialogo” è possibile (e giusto) solo una volta che si è stabilità una propria linea politica su cui basare il confronto, farlo a scatola chiusa non ha alcun senso (su cosa si dialogherebbe? Sulla prospettiva di una sola parte?) ed, anzi, risulta politicamente dannoso come lo sarebbe, per una forza che si autodichiara “riformista” (si rimanda a F.Caffè per la definizione del concetto), la decisione aprioristica in senso opposto: quella del muro contro muro senza alcun spiraglio potenziale. Se il Partito democratico vorrà fare suo in maniera efficace il motto del dialogo dovrà prima presentare delle proposte ai cittadini. Non basta avere un governo ombra se poi non lo si usa, così come non basta, di per sé, la nascita di un partito nuovo al fine di cambiare la qualità della politica italiana. Come sostiene N.Irti, “il partito è strumento per qualcosa, non scopo in sé concluso ed appagato” e questo “qualcosa”- l’unità del disegno politico come indirizzo per la vita collettiva- è esattamente quello che manca all’attuale Partito democratico che non solo, nella maggior parte dei casi, è stato finora incapace di far emergere singole soluzioni concrete da confrontare con quelle della maggioranza ma non ha neanche saputo comunicare (sempre che ce ne sia una, condivisa o quantomeno maggioritaria) la sua visone politica d’insieme sul futuro del Paese. Per raggiungere questo imprescindibile risultato, il Partito democratico dovrà farsi carico di formulare delle proposte coerenti tra di loro e capaci di esprimere una reale alternativa, quando ce ne sarà bisogno, nei confronti di quelle della maggioranza. Solo su queste basi ci potrà essere “un’opposizione riformista di chi non si accontenta di gridare più forte degli altri ma vuole costruire giorno per giorno, come si fa nei grandi paesi europei, una credibile alternativa di governo” (W.Veltroni). Esclusivamente in questo modo il PD potrà dare il via ad una nuova stagione politica. Altrimenti, come sta già avvenendo, alla retorica seguiranno ulteriori e sempreverdi sconfitte.
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