Alla nostra energia ci pensi Iddio!
di Andrea Bonzanni su Lo Spazio della Politica
Sono passati solo tre mesi dal referendum abrogativo sul nucleare ma sembrano secoli. Gli studi televisivi e le pagine dei giornali di quei giorni, croce e delizia di noi geeks dell’energia, non ci sono più. I discorsi sopra i massimi sistemi (energetici) si fanno al massimo in qualche convegno. Vox populi vox dei, è vero. E il popolo il suo verdetto l’ha dato. Ma i temi sollevati in quei giorni, al netto delle tirate di Celentano e soci, non possono essere seppelliti da una croce su una scheda elettorale e dall’abrogazione di un paio di commi di un decreto-legge.
Bocciata dalla volontà popolare la discutibile opzione nucleare, continuare con il business as usual non è tra le possibilità da annoverare. Vi sono impegni vincolanti di riduzione delle emissioni di CO2 che l’Italia, in quanto membro dell’Unione Europea, ha sottoscritto e deve rispettare. Vero è che a noi questi obiettivi non sono mai piaciuti: la voce grossa di Stefania Prestigiacomo al Consiglio europeo dei ministri dell’ambiente nel 2008 è stata una delle ultime battaglie italiane in seno alle istituzioni europee. I Polacchi, orgogliosi delle loro miniere di carbone, ci sono anche venuti dietro, ma gli altri hanno preso una strada diversa e con buona pace dobbiamo adeguarci.
Gli obiettivi per il 2020 saranno raggiunti più per cause contingenti che per meriti della nostra politica energetica. La caduta e stagnazione del PIL, cui la domanda di energia è fortemente correlata, ci dovrebbe permettere di ridurre le emissioni di CO2 del 20%. La quota del 20% di fabbisogno energetico coperta da energie rinnovabili sarà composta per oltre la metà da centrali idroelettriche, vale a dire da investimenti in larga parte realizzati dalla buona vecchia ENEL pubblica, più o meno nel neolitico.
Ce la siamo cavati, verrebbe da dire. Ma non basta. L’Unione Europea, cui certo non mancano ambizione e visione di lungo periodo, ha rilanciato e proposto una riduzione delle emissioni di CO2 tra l’80% e il 95% nel 2050. Un gruppo di 15 esperti sta preparando una Roadmap con scenari e opzioni su come raggiungere l’obiettivo. La pubblicazione del documento è prevista per la fine di novembre, poi inizierà il lungo e intricato iter legislativo europeo.
La battaglia delle idee e degli interessi è già cominciata. Nucleare, rinnovabili, gas naturale e carbone, soli o « puliti » da tecnologie di cattura e sequestro del carbonio sono ai blocchi di partenza, con i loro pregi e difetti, simpatizzanti e nemici, paesi, industrie e partiti di riferimento.Anche a livello nazionale le posizioni sono ben definite: la Germania industriale spinge forte sull’innovazione tecnologica sperando che il resto d’Europa compri tecnologia tedesca. La Gran Bretagna dei commercianti e dei finanzieri punta sulle interconnessioni e mira ad esportare l’eolico del Mare del Nord verso il continente. La Francia con il nucleare è grossomodo a posto così. La Polonia fa blocco e ambisce a ergersi alla testa di un gruppetto di scettici centro-orientali per strappare qualche concessione, magari sul budget 2014-2020 in corso di discussione.
L’Italia è assente ingiustificato. La totale latitanza di un paese fondatore, quarta economia dell’UE, da un dibattito di tale rilevanza rispecchia la debolezza e l’isolamento di cui ahimè soffriamo nell’Europa di oggi. Ma se nel 2050 l’attuale governo, i suoi ministri e (quasi) tutti i parlamentari non ci saranno più, ci sarà ancora un paese che godrà o piangerà delle politiche adottate in questi mesi. Nel settore energetico si parla di foresight e lock-in : le decisioni prese oggi avranno un impatto sui prossimi 20, 30 e 40 anni.
Sarebbe facile prendersela solo con il governo che non governa, che pure ha le sue gravi colpe. Ma su questi temi, una mancanza di progettualità è dovuta anche alla scarsa qualità del dibattito pubblico, che si limita a slogan ad effetto e posizioni a priori senza risolvere certi nodi chiave.
Siamo disposti a sussidiare fonti rinnovabili, accettandone l’impatto sul bilancio pubblico o sui prezzi in bolletta? OK, ma i cittadini contribuenti e consumatori devono esserne informati, evitiamo pasticci alla Quarto Conto Energia.
Crediamo che alcune di queste tecnologie siano particolarmente promettenti e valga la pena scommetterci, magari sfruttando qualche vantaggio comparato del Bel Paese?Attenti ai buchi nell’acqua però, e non pensiamo di poter puntare sul manifatturiero, come purtroppo sta avvenendo. Nella nostra economia aperta, queste attività ad alta intensità di lavoro vanno dove il lavoro costa meno, lascio indovinare a voi dove.
Deleghiamo in toto la transizione all’industria elettrica, lasciando ai colossi del settore la responsabilità di prendere decisioni strategiche chiave? Non è uno scandalo, ma non ci si può aspettare beneficienza. È comunque necessario un quadro legislativo serio che fornisca alle imprese chiari incentivi per ridurre le emissioni.
Certo, la crisi, l’euro, la finanziaria, i tagli, la crescita ci tengono occupati e in uno dei più bui periodi di crisi economica e politica nella storia del nostro Paese parlare di reti elettriche e emissioni di CO2 può sembrare futile e un po’ snob. Ma,per dirla con Kissinger, che di strategia due cose ne sapeva, non possiamo trascurare l’importante per occuparci soltanto dell’urgente. Ritorniamo a parlare di questi temi. È importante, e nemmeno troppo poco urgente!
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