L’harakiri del centrodestra
Se il populismo più becero prevale sulla politica di stampo popolare
In vista del secondo turno delle amministrative di Milano e Napoli la coalizione di governo sembra avere scommesso sulla liquefazione di ogni strategia politica. Già il primo turno aveva rivelato l’insofferenza di tanti moderati nei confronti della retorica dell’estremismo a cui si erano dedicati Berlusconi e i suoi alleati. Evidentemente il messaggio dell’elettorato non è stato recepito con chiarezza. Il presidente del consiglio ha occupato tutti i media televisivi usando toni ed espressioni che mal si conciliano con il suo ruolo istituzionale, così come hanno fatto i numerosi esponenti del governo che hanno paventato fantomatiche invasioni di gay, spacciatori, musulmani e zingari.
Ma non sono queste le preoccupazioni della stragrande maggioranza degli italiani: mentre le ultime statistiche segnalano che un italiano su quattro sperimenta la povertà e la disoccupazione giovanile raggiunge ogni mese un nuovo record temono piuttosto gli effetti catastrofici della mancanza di crescita. Geniale, poi, la sparata della Lega di spostare a Milano alcuni ministeri: una proposta che se tradotta in pratica significherebbe più spesa pubblica e meno efficienza amministrativa.
Il centrodestra, invece di incalzare le proposte di Pisapia sulla base del contenimento della spesa, sembra orientato a scavalcarlo a sinistra offrendo mance elettorali sotto forma di nuovi posti pubblici che i già tartassati cittadini italiani dovranno poi pagare. Una proposta che dimostra il passaggio del PDL dalla rivoluzione liberale al neostatalismo elettorale. E tanto per non farci mancare nulla la Moratti promette condoni sulle multe a Milano e Berlusconi la sospensione degli abbattimenti degli immobili abusivi a Napoli. Anche in questi casi siamo di fronte a provvedimenti che mal si conciliano con la tradizione del centro destra (dov’è finito il richiamo a legge ed ordine?).
L’ultima settimana di campagna elettorale riserverà nuove eccitanti sorprese e l’esito dei ballottaggi è tutt’altro che scontato. Ma di sicuro possiamo dire che questo centrodestra non ha più nulla a che fare, nei toni e nei contenuti, con quello che una forza moderata dovrebbe rappresentare in un grande paese europeo.
Lo spostamento a sinistra del PD e l’evanescenza del Terzo polo che, decidendo di non scegliere, ha rinunciato persino a fare l’ago della bilancia, avrebbero dovuto semplificare il compito al PDL nella riconquista degli elettori moderati. Invece di tornare ai contenuti tradizionali delle coalizioni di centrodestra (liberalizzazioni, contenimento della spesa, sussidiarietà, sicurezza e legalità etc..), si è deciso di procedere sulla strada di un populismo becero e confuso.
Ma in un paese in maggioranza moderato che avrebbe disperato bisogno di una seria politica di stampo popolare e liberale, lo spettacolo che si offre è l’harakiri di un centrodestra che sceglie la strada della guerra civile a bassa intensità. Ben più del candidato della sinistra, è questa decisione che rischia di far avverare la profezia di Bossi: “con Pisapia ci tagliamo le balle”.
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