Il lobbismo è pluralismo
di Stefania Guttà*
“La società generale si suddivide a sua volta in un insieme di società particolari a cui gli individui partecipano sulla base di un interesse che li accomuna” J.J. Rousseau
Che cos’è il lobbying, dove nasce e a cosa serve?
Cercheremo di rispondere brevemente a questi quesiti.
Etimologicamente il termine lobby deriva dal latino medioevale (da “lobia” = loggia, portico, chiostro). Solo successivamente il termine lobby venne a indicare il corridoio delle Istituzioni che indicava gli accordi opachi che venivano suggellati nei meandri dei palazzi tra i rappresentanti dei gruppi di pressione e i decisori.
Storicamente invece la prima società di lobbying nasce a Washington nel 1902. William Woolf Smith, avvocato, viene incaricato dai ricchi proprietari delle ferrovie (Rockefeller, Vanderbilt, Morgan) di persuadere i politici al fine di assicurare i finanziamenti indipendentemente da quello che il giornalismo investigativo (i cosiddetti Muckraker) scriveva riguardo inchieste e indagini.
Il fenomeno del lobbismo, è stato per lungo tempo – e in parte lo è ancora – associato alla corruzione. La causa principale di questa “cattiva reputazione” è da rinvenire in parte nella mancata regolamentazione, oltre che nella pratica insostenibile di operatori e Istituzioni che hanno contribuito a genere nella percezione collettiva l’idea di una attività poco trasparente da parte dei cosiddetti poteri forti (usando quindi la parola lobby in senso spregiativo).
Ciò che qui si intende sottolineare, viceversa, è l’importanza che l’attività di lobbying ha nell’attuare il principio di democrazia partecipativa; infatti garantire e rappresentare interessi legittimi in maniera chiara, trasparente e professionale produce un contributo significativo all’efficacia dei processi decisionali pubblici, permettendo l’espressione e il contemperamento dei diversi interessi “particolari”: il lobbismo è una condizione fisiologica per il funzionamento della democrazia e non una condizione patologica. .
Il lobbying si propone infatti di influenzare il processo decisionale pubblico tramite un flusso costante di contenuti verso i decision makers per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di interesse tematizzano una questione di loro interesse e argomentano le proprie posizioni e i propri obiettivi. I lobbisti– come espressione moderna della complessità della struttura sociale – possono apportare dunque un contributo alla qualità della politica, diffondendo informazioni a tutela di specifici interessi che forse le Istituzioni non conoscono bene e contribuendo a presentare un quadro completo della problematica che sta dietro una certa decisione.
Nelle moderne democrazie la funzione svolta dalle lobby è quella di essere i vasi comunicanti fra le Istituzioni (a tutela dell’interesse pubblico) e gli interessi particolari, espressi da singole parti (organizzazioni o gruppi).
Le lobby quindi agiscono a sostegno di quegli interessi “privati e particolari” che lo Stato non conosce bene e che potrebbe sacrificare a vantaggio di altri interessi e/o obiettivi, dunque sono funzionali al sistema pluralistico perché attivano meccanismi di partecipazione, di associazione e di partecipazione all’interno della società civile e tra essa e le istituzioni.
La rappresentazione degli interessi e l’influenza sul processo decisionale pubblico si inseriscono in quel complesso equilibrio fatto di pesi e contrappesi : ogni decisione pubblica deve tenere conto dell’interesse generale. L’azione della lobby sarà tesa ad equilibrare la competizione tra interessi, argomentando e convincendo l’interlocutore che gli interessi particolari che rappresenta vanno nella direzione dell’interesse generale.
Il decisore, per contro, ha il compito di analizzare le diverse soluzioni possibili, tenendo conto di tutte le loro implicazioni per scegliere quella che più delle altre tutela l’interesse generale.
È importante quindi che le organizzazioni, gli operatori di relazioni pubbliche (e perché no, anche semplici cittadini) diventino consapevoli della necessità di monitorare il processo decisionale pubblico ed eventualmente di agire per far valere il proprio interesse.
* Stefania, laureata in comunicazione politica presso LUMSA e specializzata con un master in Relazioni istituzionali presso RUNNING, fa parte del Lobbying Lab di Innovatori Europei
Le “lobby” sono essenzialmente associazioni. Se sono trasparenti non ci sono problemi. Se però si trasformano in associazioni segrete (che la deriva delle varie massonerie) o svolgono attività in segreto, allora sono vietate dalla nostra Costituzione. L’associazione e libera se agisce secondo la legge. Se uno si associa ed opera in segreto si presume che agisca contro la legge, da cui il divieto di associazioni segrete.
La promozione di interessi particolari è legittima… il problema non è quindi cosa ma come.
sottoscrivo !!!